Chemio, se la conosci non la eviti: parte 3

Chemio, se la conosci non la eviti: parte 3

  • di Redazione
  • 1 Agosto 2017
  • Rita, poesie e non solo

Terzo e ultimo appuntamento del racconto a puntate di Rita Meleddu

Vi proponiamo la terza e ultima parte del racconto a puntate "Chemio, se la conosci non la eviti" della nostra magica Rita Meleddu

Adesso parlerò di Xeloda e Tyverb, soci accomandatari, altrimenti detti Cric e Croc, Mimì e Cocò, Gianni e Pinotto … Il nostro Tyverb ha preso per un po’ il posto del mio amato Herc. Poi Herc l’ha preso a calci nel sedere e si è ripreso il posto che gli spetta di diritto. Ad ogni modo quando prendevo questi due farmaci ho avuto vari disturbi ma per non dar loro soddisfazione non li elencherò, dirò solo che mi saltavano le unghie e le mani e i piedi erano infiammati e neri. Come la famosa tribù dei piedi neri. Dopo undici cicli di Xedy e Tyv, visto che il tumore non si schiodava sono passata sono passata a Navalbine. Un nome così carino… Diciannove cicli! Il tumore naturalmente non si è lasciato intimidire, ha subito fatto  vedere di che pasta è fatto, non solo non è diminuito, è aumentato. Ciapa su e porta a casa! Ritorno a Xeloda. Niente da dire per paura di ritorsioni da parte dello stesso. Ma ora voglio parlare del mio amato Herc-Herceptin. Herc arriva dall’alto, non è l’Arcangelo Gabriele, è la flebo! Lui è veloce, sa il fatto suo, non mi fa stare male, anzi… Si va beh, col tempo potrà danneggiarmi seriamente il cuore, ma con la mia malattia non so se avrò il tempo di preoccuparmene. Herc vuole spegnere il fuoco (e non d’amore) che arde in me. Lo paragono a un Canader che si prodiga a spegnere un incendio e insiste finchè l’incendio non è domato. Fa cadere l’acqua sul fuoco, lui ce la mette tutta. Non ha nessuna colpa se il fuoco che sembra spento, cova sotto la cenere. Comunque amo Herc a prescindere. Mi può anche uccidere, non gliene vorrò. Ho proprio un debole per lui: fa tutto quanto in suo potere per aiutarm. Finisco con quello che è stato un mio grande alletaoi per due anni, Arimidex, detto Ary. E’ vero, mi ha causato numerosi fastidi: dolori alle ossa, gambe praticamente staccate dal corpo che si spostavano per volontà propria, sudorazioni e tanto altro. Ma vogliamo parlare della vampate? Quando mi venivano avrei potuto scaldare un ambiente di 50 metri quadri. Mio marito per consolarmi mi diceva: "Ti capisco". Bugiardo! Non puoi capire, tu sei un uomo, io una donna, due razze diverse. E’ però vero, che, lui, che non c’entrava nulla, pagava le conseguenze di queste fiammate. In inverno, prima di andare a dormire dovevo contrattare con me stessa. "Ci vado o non ci vado", mi dicevo: avrei dovuto farmi forza e staccarmi dalla stufa e dal calduccio. Quando decidevo, con la determinazione di un kamikaze, mi fiondavo in camera in cui, se andava bene, c’erano sette, otto gradi, mi intrufolavo velocemente nel letto con tremila coperte, equipaggiata come un palombaro. Quando iniziarono le vampate, i gradi in camera erano sempre gli stessi (in un igloo c’è più caldo), entravo nel letto ghiacciata ma dopo un nanosecondo ero bollente e allora via in rapida successione trapunta, coperte, lenzuola di flanella. E il marito era fortunato se non veniva buttato a calci fuori dal letto. Gambe e braccia uscivano dal materasso per cercare fresco. Poi brividi poi caldo. Daje, tutta la notte con questa manfrina!

Appuntamento a martedì prossimo per una nuova storia di Rita