Il mio tumore fa gli straordinari

Il mio tumore fa gli straordinari

  • di Redazione
  • 28 Agosto 2018
  • Rita, poesie e non solo

Ritorna l’appuntamento del martedì. Ci attende un nuovo racconto della nostra magica Rita Meleddu. 


Un anno fa più o meno scrivevo su questa rubrica " Il mio cancro non va in vacanza ". Oggi aggiungo :" Non solo non va in vacanza ma fa pure gli straordinari ". È uno stakanovista del lavoro. Preciso, puntuale, instancabile, non cede il posto a nessuno neppure per pochi attimi, forse per paura che qualcuno glielo porti via e non possano così giungere a compimento i suoi intenti, che altro non sono che quelli di distruggermi una volta per tutte. Non chiude occhio né di giorno né di notte. Mi pare di vederlo fiero e impettito di vedetta. Non perde mai il controllo di sé. Non teme niente e resiste agli attacchi più audaci.  Vigile e irreprensibile e io che cerco di evadere la sua attenzione e tirare dei tiri mancini tesi almeno a distrarlo un po'. Vedo bene che oramai è difficile buttarlo giù dalla montagna sulla quale si è arroccato. Mi ricorda un po' Polifemo che, sebbene avesse un occhio solo, vigilava su tutto per non farsi mai cogliere impreparato e Ulisse riuscì a sconfiggerlo solo giocando d'astuzia, altrimenti niente avrebbe potuto contro questo gigante dotato di forza sovrumana che aveva le potenzialità per spezzare Ulisse e i suoi come si spezza un grissino.
Cosa posso fare io a questo punto? Avevo tante armi a disposizione all'inizio di questa avventura non voluta né cercata. A mano a mano che avanza la malattia diminuiscono le armi ma io non mi lascio ancora sottomettere, continuerò a gridare finché avrò un filo di voce, per implorare venia ma anche per mandarlo neanche tanto allegramente a quel paese. Delle volte mi vedo come Don Chisciotte, combatto contro i mulini a vento. Tiro di spada di qua e di là, non vado sempre a segno, ma prima o poi qualcosa la prendo, e questo è un piccolo punto a mio favore. Cerco di non cedere allo sconforto e alla disperazione, pur conscia di combattere contro un alieno che è venuto ad occupare il mio corpo abusivamente e che, piano piano, cerca di prendere sempre più spazio fino a che io sarò cacciata dalla mia stessa casa e allora per me sarà la fine. Ho sempre saputo di avere a che fare con un tipo molto astuto, che si svincola dalle strettoie delle cure a cui viene sottoposto e che si crea un ambiente suo in cui può proliferare e crescere fregandosene altamente dei veleni che continuamente mi butto in corpo con l'intento di porre fine alla sua marcia vittoriosa, ma poi devo ammettere che il più delle volte le cure avvelenano me e non lui che anzi pare al contrario, si fortifica. E quindi la domanda è sempre la stessa. Che fare? La prima cosa è ( non è facile badate bene ) cercare di non arrendermi e allora quando tutto va male, quando le cure sembrano non sortire effetto alcuno, quando i dolori e la costrizione toracica mi tolgono il fiato, quando quello che mangio non mi rimane in corpo, quando leggera come una brezza primaverile si insinua la fatica, quando la debolezza vorrebbe impedirmi qualsiasi attività, ecco allora sentire venire fuori una forza di volontà e una voglia di vivere che mi fanno osare l' inosabile. Mi sento come chi, camminando ai bordi di una palude, vi scivola dentro e sente l' acqua melmosa avvilupparlo e portarlo sempre piu giù verso la fine.  La persona, presa da disperazione, forse perde il controllo di sé stesso, tuttavia cercherà di lottare. L'acqua torbida la porterà sempre più sotto con la bocca chiusa, coi polmoni che chiedono aria e vita e allora l' infelice, con una potenza sovrumana, che lascia stupito persino chi lo compie, riesce con la forza della disperazione a riemergere dalle acque torbide e a scampare almeno momentaneamente a morte certa. Oppure mi pare di essere la vittima di un assassino e non avere scampo. L' assassino mi rincorre armato di un coltello, cado, la lama affilata è a un passo da me e pur sapendo bene di ferirmi, mi slancio a mani nude verso la lama acuminata. Mi ferisco. Ho le mani lacerate e sanguinanti ma non sento dolore. La voglia di vivere è più forte del dolore. Forse morirò lo stesso, ma ho allo stesso tempo pur ferendomi, ho guadagnato istanti di vita. Certo, sono esempi estremi, ma servono per far capire che quando si sente la vita fuggire si è disposti a tutto per tenersela stretta. Avete mai visto l'isola dei famosi? Un gruppetto di persone viene lasciato solo su un'isola deserta. Per sopravvivere dovranno procacciarsi il cibo e costruirsi una capanna per ripararsi dal freddo e dagli elementi atmosferici. Ora queste persone, quasi tutte abituate alle comodità della vita moderna, cominciano il gioco allegramente poi piano piano e delle volte anche velocemente cominciano a litigare e guardinghi, presto diffideranno l’ uno dell' altro. E quando i morsi della fame inizieranno davvero a farsi sentire, quando non si ha da giorni e giorni qualcosa da mettere sotto i denti, allora i più biechi istinti verranno fuori. Non si avrà pietà né di amici né di parenti, l' istinto di sopravvivenza prenderà il sopravvento e ognuno penserà solo ed esclusivamente a se stesso. E questo è un gioco, figuriamoci cosa può succedere in una situazione del genere, non voluta né cercata. Parlavo degli straordinari del mio tumore. Del suo inarrestabile cammino. Ora che mi sta attaccando da più versanti, il corpo scende a compromessi pur di continuare a vivere, cedendo parti di sé. Per far capire il grosso repentino decadimento fisico che c'è stato…  Dirò solo che essendosi il tumore essendosi impossessato di organi importanti quale lo stomaco, non mi consente quasi più di mangiare quello che mangiavo prima. Sono sempre accompagnata dalla nausea che non mi lascia neppure per un minuto. Ho dovuto dire addio a tanti cibi e pietanze che mi piacevano. Ma proprio a tanti. Ora quasi esclusivamente mi nutro di cibi destinati ai bambini. E non mi pesa per nulla. Ci si abitua a tutto.Certo ogni tanto desidero qualcosa che mi piaceva particolarmente come la pizza ma poi mi dico che "la vita val bene una pizza". Continuo a farmi le mie belle pappe, condite con omogeneizzati e formaggini, e faccio anch' io gli straordinari per tenermi in vita. Il mio tumore deve sapere che non è l'unico a farli!