Same ghosts, new fight

Same ghosts, new fight

  • di Redazione
  • 11 Ottobre 2019
  • La collana di perle di Giulia

Torna l’atteso appuntamento del venerdì con la rubrica curata dalla nostra amica Giulia Muntoni

Che ci piaccia o meno, la Vita ci ripresenta continuamente i problemi che non abbiamo ancora risolto e che, il più delle volte, pensavamo di aver superato.
E spesso non c’è niente di "sottile" o delicato in questo processo. Sono schiaffi dati a mano aperta in piena faccia, secchiate di acqua gelida mentre fuori cade la neve.
Forse la Vita, nella sua infinita saggezza, sa che finiremmo per non imparare mai, se così non fosse. Che continueremmo a rimandare le rese dei conti più dolorose, per non rischiare di perderci mentre le affrontiamo.
Quello di cui non teniamo mai conto, però, è che in questi casi perdersi è l’unica soluzione. E che per provocare il cambiamento di prospettiva di cui abbiamo bisogno, gli eventi devono travolgerci con la forza pari a quella di uno tsunami, così che la persona che esce da quelle rovine non sia assolutamente la stessa che vi era entrata.

Cambiare fa male, si sa. E a quella paura può aggiungersi un senso di frustrazione per il fatto di dover affrontare demoni conosciuti, di quelli che speravamo di aver seminato. Perché se loro sono ancora vivi, allora, la sofferenza dell’ultima volta che ci abbiamo avuto a che fare, che senso aveva?
Confesso che anche per me, nel corso di una costante ricerca di significato, ci sono stati e ci sono giorni piuttosto vuoti, in cui dubito di qualunque cosa. Di me, prima di tutto, ma anche e soprattutto degli altri. Del senso che può avere nutrire la speranza che il bene prevalga sempre, dei vicoli ciechi nei quali finisco, di tanto in tanto, unendo sconcerto allo sconforto.

A dubitare di me, come ogni perfezionista che si rispetti, sono abituata. Si tratta di strettoie del pensiero che conosco a memoria.

È quando gli altri mi deludono che inizia il vero patimento. C’erano segnali che avrei dovuto cogliere e mi son sfuggiti? Mi hanno deluso perché la comunicazione non è stata chiara quando pensavo che lo fosse? E ora che il danno è evidente, visto che ogni rapporto è a quattro mani, c’è qualcosa che entrambi possiamo fare? E quanto dovrei cambiare io, nel mio approccio e nel mio comportamento, per poter rimediare? Ne vale la pena?
Potrei continuare all’infinito. E ci sono volte in cui mi accorgo di non avere neanche una singola risposta.
Ma più spesso che no, quel muro iniziale si sgretola in un numero più limitato di pezzi sui quali so di dovermi concentrare. Non sempre riesco ad assicurare un risultato. O meglio, non sempre il risultato che mi auspico si realizza.
A volte la confusione iniziale rimane ed io posso solo prenderne atto. Altre svanisce per fare spazio a consapevolezza, dolore o sollievo. Ma mai e poi mai quello che vivo mi lascia senza un insegnamento.
Uno su tutti consiste nel non sottovalutare l'importanza del momento in cui un problema si presenta.  Se i tempi altrui e i propri sono maturi perché si risolva, succederà. Altrimenti quella stessa situazione continuerà a ripresentarsi, magari in modi e con forme diverse, fino a quando non sarà stata superata.