Difficult news

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  • di Redazione
  • 20 Dicembre 2019
  • La collana di perle di Giulia

La preziosa collana di Giulia Muntoni si arricchisce di una nuova, stupenda perla

Da quando ho rimosso un tumore dal mio corpo, è come se avessi sbloccato una vena che prima esisteva di più in forma latente: quella della scrittura.
Ogni giorno scrivo i miei pensieri ovunque, in qualunque momento. A volte persino la notte, durante uno dei mille risvegli che ancora disturbano il mio sonno.
Scrivo perché non ne posso fare a meno, perché il non detto mi tormenta. Scrivo per capire e per capirmi e, nei momenti più fortunati, per ispirare.
Non riesco a ignorare volutamente un argomento, per quanto scomodo, se la realtà me lo ripropone ancora e ancora, perché credo che la comunicazione sia una necessità primaria e il dialogo rechi comunque conforto.

Ultimamente una serie di notizie inattese, ricevute da persone che conosco, ha riportato alla mente una frase del primo racconto che ho scritto sulle donne colpite da tumore: "Noi siamo quella paura che si accende se un dolore nuovo compare, inatteso, e ci turba quanto un messaggero incappucciato a notte fonda, che sai già porterà notizie quasi sicuramente funeste".
Per quanto poco io cerchi di pensarci, molte delle persone che guariscono di tumore al seno si ammalano di nuovo a distanza di tempo, spesso anche più volte.
Questo pensiero mi costringe ad avere a che fare con un elemento che speravo di non dover incontrare mai più. L'avevo seminata faticosamente e non mi mancava. Non era stato semplice riconoscerla, e ancora meno annientarla. Ma è molto subdola, danneggia quello che c'è e quello che potrebbe esserci di buono, si nutre di dubbio e avvolge come le sabbie mobili.
Io odio la rassegnazione.

Che ci scippa della convinzione di poter vivere la vita che abbiamo immaginato. Che bisbiglia che la serenità, quella piena, senza se e senza ma, proprio non è possibile, perchè ci sarà sempre qualcuno o qualcosa che fermerà i nostri propositi di armonia e gratitudine.
Pensavo che sentirmi forte di me stessa mi liberasse dal ricatto morale della rassegnazione.  Se non hai nulla da perdere, non hai paura di nulla, mi dicevo.
Non sono più sicura che sia così. Forse la Vita, per fortuna, mi ha reinserito nel flusso del quotidiano così bene che combattere un drago a mani nude sembra piuttosto estremo oltre che indesiderabile.
Forse, semplicemente, come mi era chiaro già anni fa, non posso mai dare per scontato di sapere chi sono. È umano avere paura di ammalarsi e lo è ancora di più sapendo perfettamente a cosa si va incontro.
Non ho formule magiche per allontanare questo baratro che incombe su di noi. Ma, oggi più che mai, credo sia vitale continuare a prenderci cura del nostro giardino, è troppo importante. Strappare le erbacce e costruire il recinto, senza garanzie che una tromba d'aria non annulli ogni sforzo domani.

Accettare la sfida di restare sani di mente nonostante la pazzia di questa vita. Accettare la siccità e pregare per la pioggia. Accettare il silenzio e la pesantezza del cuore a dispetto del nostro amore per la musica. Sapere che a volte niente serve a niente. E che, se pure troveremo nuova forza nei giorni di gioia, sarà da quelli di tormento che impareremo come sopravvivere.