Il test 70 Gene-Signature consente di limitare il ricorso alla chemioterapia

Il test 70 Gene-Signature consente di limitare il ricorso alla chemioterapia

  • di Redazione
  • 3 Maggio 2017
  • Italia ed estero

Il test consente di individuare la presenza di settanta geni responsabili delle metastasi del tumore al seno. L’obiettivo è prevedere il rischio.

Intervento al seno e successiva chemioterapia, questo è l’iter che spesso seguono le pazienti con tumore alla mammella perchè esiste il rischio che alcune cellule possano avere abbandonato il seno e viaggiato nel corpo, ma un test genetico, abbinato all’analisi del tessuto asportato chirurgicamente, potrebbe essere utile a ridurre il numero delle pazienti chiamate a sottoporsi alla chemioterapia. Il test è stato condotto su un campione di tessuto tumorale asportato con l'intervento chirurgico, e ha permesso di individuare la presenza di settanta geni ritenuti responsabili della diffusione metastatica della malattia.

Questi risultati sono possibili grazie a uno studio pubblicato sul Journal of Clinical Oncology. Gli autori, un gruppo di ricercatori olandesi, hanno valutato l’affidabilità di un test genetico (70-Gene Signature) nella definizione della strategia terapeutica più adeguata con cui trattare un gruppo di 660 pazienti.

I risultati ottenuti hanno portato Thijs Van Dalen, chirurgo senologo all’Università di Utrecht, ad affermare che «il test permette di stratificare le pazienti in due classi: alto e basso rischio di progressione metastatica a dieci anni in assenza di trattamento». L’ipotesi di affiancare un test genetico all’analisi istologica era stata  già lanciata da un altro studio, apparso ad agosto sul New England Journal of Medicine. La ricerca era stata portata avanti in 112 ospedali di nove Paesi europei (tra cui l’Italia), e gli esiti erano stati così commentati dagli autori, tra cui Giuseppe Viale, direttore dell’unità di anatomia patologica dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano che asseriva: «Circa la metà delle donne operate di tumore al seno ad alto rischio clinico potrebbero evitare la chemioterapia».

In Italia, al momento, però, non vengono impiegate procedure di questo tipo. << Per decidere se sottoporre o meno una donna operata per un tumore al seno alla chemioterapia, gli oncologi si basano sulla sua età e su una valutazione clinica che considera l’invasione vascolare del tumore, il suo indice di proliferazione, la percentuale di recettori positivi agli estrogeni e al progesterone - afferma Saverio Cinieri, direttore della divisione di oncologia medica e della Breast unit dell’ospedale Perrino di Brindisi -. La diffusione e la maggiore accessibilità a questi test potrebbero interessare quel quaranta per cento di pazienti di fronte a cui c’è incertezza nel definire l’azione terapeutica più efficace».

Negli Stati Uniti, invece, tutti i casi di tumore al seno sono trattati valutando anche l’esito del test genomico Oncotype Dx. In Europa, oltre al Regno Unito, il test è attualmente riconosciuto e rimborsato dai sistemi sanitari irlandese e svizzero e da alcune regioni della Spagna.

"Esiste molta confusione tra test genetici e test genomici", spiega Corrado Tinterri, Direttore della Breast Unit dell’Istituto Clinico Humanitas di Milano: "I primi ci dicono se nel Dna di una persona è presente una specifica mutazione che aumenta il suo rischio di sviluppare un tumore nel corso della vita, come nel caso ormai noto dell'attrice Angelina Jolie, portatrice di una mutazione BRCA. I secondi forniscono il profilo molecolare personalizzato di un tumore già presente: un'informazione che, insieme agli altri fattori clinici e anatomopatologici, aiuta l'oncologo a scegliere il percorso terapeutico più indicato".