Our roots

  • di Redazione
  • 3 Maggio 2019
  • La collana di perle di Giulia

Ritorna il consueto e imperdibile appuntamento del venerdì con la rubrica "La Collana di Perle di Giulia" curata da Giulia Muntoni

Ho passato quasi metà della mia vita lontana dal luogo in cui sono nata, eppure ogni volta che ritorno un'inconfondibile sensazione di appartenenza mi fa sentire sopraffatta e mi catapulta indietro nel tempo. Non solo, più vado avanti e più la nozione di essere cittadina del mondo si inchina davanti alla certezza di essere prima di tutto sarda, e che posso trovare dimora ed un conforto speciale in ogni piega del paesaggio sardo e in ogni profumo emanato da piante e fiori della mia Cagliari più che ovunque altro nel mondo. Non credo sia soltanto perché si tratta di paesaggi e odori che mi hanno circondata mentre imparavo ad amare e diventavo adulta. Né perché improvvisamente io mi senta campanilista e snobbi i mille altri luoghi che per quasi vent'anni mi hanno ospitata. Di orgoglio, certo, si può parlare ma nell'accezione più romantica del termine.

Mi basta infatti passeggiare davanti al mio mare, respirare quell'umido misto a salsedine per sentire che niente è mai stato o può essere perduto. Che tutto è come dovrebbe. Per essere me stessa senza fronzoli né aspettative. Hanno questo potere le radici: amplificano il meglio, e qualche volta il peggio, della nostra anima. Perché l'origine porta alla mente l'inizio, l'essere nudi, connessi ed intrecciati alla propria terra. Ora so che non è un caso se quattro anni fa sceglievo di trascorrere gli ultimi tre mesi della chemio in Sardegna, dopo un percorso iniziato in Inghilterra e proseguito a Milano.  Qualcosa mi attendeva per consegnarmi un messaggio che non mi poteva essere recapitato da nessun'altra parte :e cioè che mai, per nessuno motivo possiamo rischiare di dimenticare chi siamo e da dove siamo venuti.