Ricordando Simo

Ricordando Simo

  • di Redazione
  • 11 Settembre 2018
  • Rita, poesie e non solo

Ritorna il consueto appuntamento del martedì con la rubrica curata dalla nostra magica Rita Meleddu

Parecchi anni fa, forse diciassette o diciotto, si inaugurò a Nurallao e nelle vicinanze la tradizione del pellegrinaggio a piedi in onore di Sant'Ignazio da Laconi. Esistevano da tempo dei gruppi composti da fedeli così come dei pellegrini solitari, provenienti da altri paesi, che organizzavano delle camminate, in silenzio, alla volta di Laconi. Io ho partecipato per tanti anni, poi la malattia me lo ha impedito ma ho un bel ricordo. I primi periodi eravamo veramente tanti. Ci ritrovavamo verso le 5:00 del mattino davanti alla piazza del comune. Dopo varie discussioni finalmente si partiva. Partecipavano anche molti giovani e bambini.  Eravamo attrezzati al punto che sembrava dovessimo scalare l' Everest. Zaini pieni di generi di conforto pur sapendo che a Laconi i pellegrini erano accolti da un bellissimo buffet prima che si celebrasse la Messa intorno alle 10:00. Anche l'abbigliamento era consono all’esperienza: cappellini e fazzoletti recanti la scritta che ricordava il pellegrinaggio. Addosso scarpe comode visto che c'erano da macinare dei bei chilometri, e giacche e giacchine poiché a quell' ora del mattino, il freschetto si faceva sentire. In piazza era tutto un brusio: c’era chi voleva partire prima per non arrivare col caldo ( si era agosto ), chi diceva di aspettare i pellegrini degli altri paesi, chi partiva per conto proprio con un gruppo di tre o quattro persone, chi questo chi l' altro. In genere ci si muoveva tutti insieme prima delle 6:00 del mattino, vispi e contenti.  Inizialmente il gruppo procedeva unito e compatto poi piano piano le persone cominciavano a disperdersi, salvo ritrovarsi ogni qualvolta ci si fermava per attendere i pellegrini più lenti e continuare il percorso insieme. Ma dopo un po' la storia si ripeteva. Capitava che si partiva con un gruppo e si arrivava con un altro. Questo perché qualcuno si stancava e gli altri procedevano incontrandosi con altri amici.

Per un paio di anni io e Simo abbiamo fatto il pellegrinaggio insieme. Arrivavamo puntualissime in piazza ( lei col bambino piccolo nel passeggino), attrezzate come già detto meglio di Rambo, partivamo per prime e arrivavamo per ultime. Com' era possibile? Era possibile perché partivamo con le migliori intenzioni di fare il pellegrinaggio in silenzio e recitare le preghiere, poi ci facevamo prendere la mano e visto che tempo ne avevamo chiacchieravamo del più e del meno. Ricordo bene che si partiva e si iniziava  la recita del Rosario, le prime decine le facevamo in perfetto sincronismo col gruppo, poi non si sa come né perché, ci distanziavamo dagli altri e allora ci perdevamo… Siccome la strada era lunga e per l'appunto si trattava di un cammino di preghiera, era uso recitare più volte il rosario o intonare dei canti. Io e Simo eravamo presissime dai nostri discorsi che non erano niente di che, parlavamo delle nostre famiglie, dei nostri figli che forse ancora ci venivano dietro, parlavamo di ricette e ricordo in particolare che una volta parlavamo di pizza fatta in casa. Parlavamo di focacce e torte salate. Ci piaceva tanto fare la pizza in casa, anche alle nostre famiglie piaceva, e così prese più dall'appetibilità delle nostre pizze caserecce, che dal misticismo che richiedeva il momento che stavamo vivendo, ne decantavamo le lodi.  Capitava che nel bel mezzo dei discorsi giungessero alle nostre orecchie le parole degli altri pellegrini e in particolare stralci di Ave Maria e Padre nostro, e allora seppur distanti ci aggiungevamo al coro di voci dei pellegrini distanti, ma pure questo durava poco. Una o due Ave Maria e subito tornavamo ai nostri discorsi terra terra e futili, ma privi di malizia e cattiveria, visto che parlavamo di cose nostre e non di altri. Eravamo fiere e anche un po' stanche ma sant'Ignazio meritava questo sacrificio, e proseguivamo seppure con  qualche capogiro dovuto alla debolezza che derivava dalla lunga camminata. Ogni tanto ci fermavano per assistere il bambino, Simo, solerte chiedeva al piccolo se desiderava un po' d'acqua o un succo e durante la camminata copriva o scopriva il piccolo in base alla freddo o caldo che io e lei percepivamo. Ci fermavamo per qualche minuto, poi ci rendevamo conto che gli altri ci avevano distanziato, allora riprendevamo imperterrite la marcia cercando di recuperare le distanze. Sorpassavamo velocemente gruppi di pellegrini che si attardavano, come noi, e nell' incrociarci era tutto un chiacchierare o scambiarsi opinioni e poteva accadere che io e Simo per un tratto camminassimo separate, tutte prese a parlare con chi avevamo incrociato, ma poi non si sa come né perché, ci ritrovavamo vicine e i nostri discorsi venivano scanditi da un bell'Amen. Sì, perché prima di tutto l’Amen ci stava sempre bene, poi perché, come detto, il gruppo serio dei pellegrini continuava con la recita delle preghiere che, si sa, quasi tutte terminano con un Amen. E noi lo dicevamo col cuore, certe che qualche preghiera la beccassimo e il buon Dio potesse gradire. Così cammina cammina, nell'aria fresca e piacevole dell' ora magica che precede l'alba, procedeva il nostro pellegrinaggio. Laconi era ancora distante ma non ci perdevamo d' animo. A un certo punto senza riuscire a cogliere il momento esatto che divide la notte dal giorno, l'oscurità dalla luce, magicamente appariva ai nostri occhi seppur in lontananza su un alto monte la statua che rappresenta Sant'Ignazio, col suo cavallo imbizzarito, al limite di un precipizio. Il sole cominciava a filtrare i suoi raggi nella foschia mattutina e questa immagine aveva sempre un non so che di magico. Si narra che Sant'Ignazio da giovane stesse passeggiando col suo cavallo su quell' altura, giunto nei pressi del precipizio ( è altissimo), il cavallo si imbizzarrì e il Santo rischiò di cadere nel burrone. Sarebbe stata morte certa.  Pare che il giovane chiese al Signore di avere salva la vita, in cambio avrebbe dedicato tutta la sua esistenza a Dio, come poi fece davvero. Chissà se è verità o leggenda, in ogni modo questa bellissima statua che è visibile a distanza è stata realizzata in onore del santo e credo sia stata donata dai suoi compaesani in segno di devozione.

Vedevamo la statua del Santo stagliarsi contro il cielo terso, ma Laconi era ancora lontana, un bel po' di cammino ci attendeva. Noi loquaci, parlavamo del più e del meno, ogni tanto ci avvicinavamo, accelerando il passo, al gruppo più folto e vedevamo fare dei gran segni di croce, e allora anche noi, per imitazione, facevamo lo stesso. Cammina cammina il grosso del gruppo faceva il suo ingresso a Laconi. I pellegrini a questo punto essendo ormai prossimi alla meta, ricominciavano a pregare e cantare con più vigore, quasi a voler far sentire al Santo la loro devozione e la gioia dopo tanto camminare e stanchezza di essere lì.  Il paese li accoglieva festante ma con molta serietà. Qualcuno applaudiva al gruppo, che procedeva verso la chiesa e sarebbe passato davanti alla casa natale di sant'Ignazio e anche lì sarebbe stato tutto un segnarsi. Nel frattempo che fine avevamo fatto io e Simonetta? Un giorno distanziate dal gruppo facemmo il nostro ingresso solitarie. Ricordo perfettamente che dopo il passaggio canterino e vociante del gruppo, regnava un silenzio quasi irreale. Sul lato sinistro della strada erano affacciate a una finestra di una casa due donnine, sicuramente avevano aspettato il gruppo e evidentemente avevano previsto che qualche pellegrino si sarebbe attardato, noi ci apprestavamo a salutare com' è uso nei paesi, ma non facemmo in tempo a dire neanche bah!, che improvviso da destra, nel più totale silenzio, un suono forte e violento squarciò l' aria. Un rumore ritmico e insistente. Ih oh, ih oh. Era il raglio di un asino che ci dava in questo modo il benvenuto. La situazione era assurda e comica al tempo stesso. L' asino non smetteva di salutarci. Risero le donnine affacciate alla finestra e io e Simo accompagnammo con una fragorosa risata. Che onore. Uno o più asinelli ci avevano salutato. Non riuscivamo a smettere di ridere, ci avviammo verso la chiesa velocemente prima che qualche altro asinello saltasse fuori. Concludemmo il nostro pellegrinaggio così, con la ridarella.  Sono sicura che sant' Ignazio non se ne ebbe a male, forse aveva riso anche lui. Inutile dire che con Simonetta quando ci si incontrava, ci tornava in mente l'accoglienza ricevuta ed era ancora tutto un ridere. Ah, quanto vorrei tornare a quei tempi a quel giorno, quando felici eravamo ignare del destino beffardo che ci attendeva.