La prima chemio non si scorda mai

La prima chemio non si scorda mai

  • di Redazione
  • 19 Giugno 2018
  • Rita, poesie e non solo

Ritorna l’appuntamento del martedì con la rubrica curata dalla nostra magica Rita Meleddu

Oltre nove anni fa, appurata la malattia, si scelsero le cure. Io avevo poche opzioni: inoperabile fin da subito, mi rimaneva la chemioterapia e l' Herceptin, questo famoso farmaco monoclonale di cui ho parlato nel precedente racconto. L' intento, fin da subito, era porre freno al tumore. La mia dottoressa, la Valle ( il mio mito) mi spiegò come avrebbe agito la chemioterapia  e quali effetti collaterali avrebbe comportato. Mi diedero pure un opuscolo nel quale erano illustrati gli eventuali disagi causati dalle medicine e i rimedi del caso. Ora scrivere "eventuali disagi " è la formula giusta. In effetti, essendo tutte le persone una diversa dall' altra, non è detto che sia obbligatorio star male. Però è anche vero che la chemioterapia si fa precedere da una fama nefasta e soprattutto in occasione del primo ciclo, si va in ospedale con un po' di paura, come si fosse allo sbaraglio. Iniziai la terapia a fine aprile 2009, il nuovo reparto Day Hospital del 5° piano avrebbe inaugurato a luglio dello stesso anno, quindi feci le cure al primo piano. La location, rispetto all’attuale Day Hospital era brutta, tetra: ora abbiamo delle belle e colorate sale d'attesa, mentre ai tempi, noi pazienti eravamo costretti a sostare nel corridoio prima che venissero iniettati i farmaci. Spesso ero anche esposta alle correnti d' aria e non trovavo nemmeno un posticino libero perchè le sedute erano così poche. Ho già detto altre volte  dell'importanza dell' aspetto estetico dell' ospedale e di tutti i suoi reparti. Un ambiente triste, buio, inevitabilmente incide sull' umore e pure sulle aspettative del paziente. Poi del nostro 5° piano attuale parlerò un' altra volta. Dunque, mi apprestavo ad entrare nella "stanza delle infusioni", ignara di cosa mi aspettasse. Dentro di me tanti dubbi ma anche una certezza: " La chemio mi aiuterà!!" Non mi importava quale contropartita avrebbe voluto, non mi interessava minimamente che mi sarebbero caduti i capelli, che avrei provato nausea, febbre, dolori ossei, avrei avuto i piedi bollenti, le unghie che si staccano e molto altro. Non mi importava. "Soffrirò", mi dissi, e soffrii e soffro ancora tantissimo, ma avevo e ho ben chiaro il mio obiettivo: "Niente mi fa paura. Devo farmi aiutare e la chemio d' ora in poi sarà la mia grande alleata e mai una nemica." Entrai nella stanza assegnatami timorosa e spaesata. Ricordo perfettamente la posizione delle quattro poltrone che occupavano la sala quadrata. A me toccò quella a sinistra, nell’angolo vicino alla finestra, era l’unica libera. Quella al mio fianco ospitava una signora sui cinquant’anni che dormiva o faceva finta.  Forse stava male e non aveva voglia di instaurare alcun dialogo. Addormentata la trovai e addormentata la lasciai. Le poltrone di fronte a me erano occupate da due uomini sui sessant’ anni. Almeno a me pareva così. Uno era stato un professore di liceo, un signore, non perché era stato professore, ma la grazia e il delicato modo di porsi erano insiti nella sua persona. Gli feci tante domande. "Avrei vomitato subito?" Questa era la mia paura più grande. Mi sarei vergognata come un ladro (anche se i ladri non si vergognano di niente) a rimettere di fronte a persone sconosciute. Lui mi rassicurò su tutto. Non c’era domanda a cui non rispondesse. Lo stesso faceva l' altro signore. Ecco, queste sono le persone che si dovrebbero incontrare durante la prima seduta di chemioterapia, non chi fa volontariamente terrorismo quasi contento di vedere la novizia farsela addosso dalla paura. Il signore di fronte a me conosceva il professore essendo stato quest'ultimo insegnante del figlio. Si parlavano con grande rispetto, sembravano persone di altri tempi. Avevano una patologia severa ( credo purtroppo che non ci siano più) e ne parlavano liberamente. Per la prima volta sentì parlare di Cisplatino, carboplatino ed altri termini che nel corso degli anni avrei imparato a conoscere.  Ma allora non sapevo nulla. Ero convinta che la chemioterapia fosse una e uguale per tutti. Sentii raccontare di schemi, di linee di chemio, di tante cose e ascoltavo tutte le informazioni come fossi un' assettato che aspetta l'acqua. Il signore di fronte a me era molto malato, così pure il professore ma non sembrava!!! "Com' è possibile", mi chiedevo, "Sembrano sani". Erano vestiti eleganti, ma il professore lo era maggiormente. Io, non sapendo bene cosa mi aspettasse, mi ero comprata una tuta. Sarà come andare in palestra, pensavo! In realtà si può andare  in ospedale con l'abbigliamento che si preferisce, basta lasciare un braccio scoperto, ma chi lo sapeva! Il professore diceva che era molto peggiorato. Durante la chemioterapia il suo tumore epatico, se non ricordo male, era diventato grosso come una mela. Questo mi stupì davvero. Come può la chemio far aumentare il tumore anziché fermarlo? Avrei imparato a mie spese che il tumore talvolta è più forte delle cure, ma allora mi sembrava impossibile. Il professore, confermando una tesi che ho sempre sostenuto, si disse sicuro che la sua malattia si era presentata in seguito a un forte stress. Aveva un figlio medico, giovanissimo. Questo ragazzo era scomparso, il padre era certo che il figlio fosse morto. La moglie del professore, per la disperazione, si era chiusa in sé e lui si era ammalato. Raccontava tutto con grande tristezza, ma allo stesso tempo grande dignità, non se la prendeva con il destino o altro. Era accaduto e basta. Provai una gran pena per lui e gli augurai con tutto il cuore che guarisse anche se la situazione non era delle migliori. La mia prima chemioterapia mi aveva subito fatto capire la potenza della malattia, ma anche come prendere le cose nel verso giusto. Sono convinta che nulla accada per caso. Ero capitata nel posto giusto al momento giusto, con le persone giuste. Io e i miei compagni di sala eseguivamo terapie lunghe : avremmo avuto tanto tempo per parlare. Fu una vera lezione di vita. In tutto questo fu fondamentale l'infermiera. Ora, com ' è logico, non posso ricordare tuttgli operatori sanitari che si sono susseguiti nel corso degli anni e neppure i pazienti che mi hanno tenuto compagnia durante le terapie, ma Gianna me la ricordo bene! Gliel' ho anche detto di recente e l' ho ringraziata di come riuscì a tranquillizzarmi. Mi spiegò tutto dettagliatamente, passo per passo, cosa contenevano le varie flebo, dal cortisone all'antistaminico e, cosa importantissima, mi parlò dell' antiemetico: mi disse che il giorno non avrei vomitato soprattutto non di fronte agli altri e io mi tranquillizzai immediatamente.  Non finirò mai di ringraziare Gianna per la serietà nello svolgere il proprio lavoro e per la calma e dedizione che regala. Avrò modo in altra occasione di parlare degli infermieri che sono i nostri angeli e i nostri confidenti visto che trascorrono ore con noi. Questa è stata la mia prima chemio. Non ho saputo mai più nulla del professore, del signore e della signora che dormì tutto il tempo. In cuor mio sento che non sono più in questa terra, ma li voglio immaginare come li ho conosciuti, prodighi di buoni consigli, mostrandosi forti e sereni per incoraggiare una donna che andava incontro alle cure che non avrei più interrotto.