La cattiva malattia

La cattiva malattia

  • di Redazione
  • 12 Febbraio 2019
  • Rita, poesie e non solo

Continuano le avventure di Rita Meleddu. Ecco un nuovo racconto per la rubrica "Rita, poesie e non solo"


Venerdì scorso ho finalmente potuto rifare la chemio. I globuli bianchi erano risaliti e così ho fatto la terapia, la mia unica speranza di vita. Ricordo che io ormai eseguo solo cure palliative, quindi non tese a farmi guarire (magari), ma ad aiutarmi a stare bene. Certo io le faccio sempre con molta fiducia e, in fondo in fondo, spero che accada un miracolo e la malattia scompaia come per magia, ma sono anche una persona molto razionale, coi piedi ben piantati a terra e so a cosa mi sta portando questa patologia. Però sperare e sognare non costa nulla e dunque sogno e spero e questo succederà, fino alla fine. Venerdì, come sempre del resto, ho visto una marea di gente in reparto, pazienti e accompagnatori. Raramente vedo dei pazienti recarsi da soli in ospedale e questo è giusto. Non è una malattia qualunque, ci vuole un sostegno, chi ti possa dire anche solo una parola di conforto nei momenti più bui o di fragilità. I pazienti oncologici talvolta sono assaliti da una stanchezza e una debolezza fuori dalla grazia di Dio e ci vuole un appoggio, un accompagnatore appunto, può essere anche un amico, non necessariamente un parente, che ti possa anche solo tenere la mano nei momenti di paura e sconforto (che ci sono) o che possa andare a prendere una semplice bottiglietta d' acqua per te. Quando si è assaliti dalla fatica oncologica anche gesti semplici come andare a prendere una bottiglietta d' acqua, risultano difficili e faticosi. Vedo dei pazienti camminare e muoversi molto lentamente, segno anche questo che non si sta bene. Io questi giorni sto meglio, il vomito mi sta lasciando in pace e riesco a mangiare qualcosa in più, ma sono come pestata, ho dolori in tutto il corpo, mi sento come può sentirsi una persona che rimane degli anni senza fare attività fisica, e improvvisamente decide di darci sotto con vigore, fa tutti gli esercizi sportivi del mondo; come conseguenza minimo il giorno dopo non potrà muovere un muscolo per i dolori. Questi giorni mi sento così, come se avessi fatto tantissima ginnastica senza però essere allenata.  Cerco di aiutarmi con la Tachipirina, ma anche lei arriva dove può, mi rassegno, piano piano i dolori passeranno. Piuttosto venerdì mi ha colpito vedere in ospedale una grande quantità di pazienti giovani, o comunque più piccoli di me. Ho fatto la chemio con altre tre persone che si sono alternate al mio fianco e tutte erano più giovani (anche di molto) rispetto a me. Questo mi ha fatto ancora una volta riflettere sul fatto che purtroppo i numeri del cancro sono in aumento e che colpisce persone sempre più in giovane età. Chissà cosa riserverà il destino a loro che, casualmente, per un gioco della sorte, hanno fatto un tratto di strada insieme a me. Io auguro loro ogni bene e meritano di vivere ancora a lungo. Ho notato ancora una volta come la malattia sia cattiva e infierisca con forza sul proprio corpo e sull'umore. Due di queste persone mi sembravano molto provate nel fisico, ma l'importante è che rimanga sempre una lucidità e una grande fiducia nelle cure, questo è alla base di tutto, pensare sempre anche nei momenti più duri e di disperazione: "Io ce la posso fare!". Credo che sia la cosa che ci aiuta di più, credere fino alla fine che si possa vivere a lungo e sempre con dignità. A conclusione di questo mio racconto che dire? Aiutiamo e sosteniamo la ricerca e i nostri ricercatori in modo che sempre nuove cure siano portate in reparto affinché i malati ne possano usufruire, possano guarire o perlomeno vivere a lungo e meglio e i reparti si possono svuotare, sarebbe bellissimo. Facciamolo con l'aiuto di tutti e che non rimanga solo un sogno.