L' armadio borbottone

L' armadio borbottone

  • di Redazione
  • 5 Giugno 2018
  • Rita, poesie e non solo

Si ripete l’appuntamento del martedì con la rubrica curata da Rita Meleddu. Per l’occasione la nostra amica ha deciso di condividere con noi un contenuto differente dal solito. Si torna al suo vecchio amore: le filastrocche



C' era un armadio borbottone,
stava di fronte ad un letto d' ottone.
Parlavano fitto da mane a sera,
volevan fuggire, ma era chimera!
Stavano lì da infiniti anni,
volevano amarsi, non fare danni.
Il letto era stanco, ma mica poi tanto,
cambiava colore dal blu all' amaranto.
D' estate leggero, d'inverno affannato,
di coperte e piumini tanto caricato.
L' armadio era grosso, massiccio, pesante,
si lamentava con voce tonante:

"Non sono mai uscito da questa casetta,
ma ormai ho deciso, il mondo mi aspetta!"
Il letto era incerto, provava un po' pena,
"Se io vado via si rompe la schiena".
Si riferiva ad una donnina,
che abitava in quella casina.
In fondo al suo cuore era certo d' amarla,
e non poteva abbandonarla.
L'armadio insisteva, faceva la lagna,
"Son pieno di tutto, me ne vado in Romagna "
" Non posso fare neppure un passetto",
frignava così, guardando un cassetto.
Diceva l' armadio borbottone:
" Son stufo persino del cambio stagione".
" Gli abiti escono almeno un dì,
mentre io rimango sempre qui".
Parlava così con tanta tristezza,
che piangeva la tenda mossa da brezza.
Si commosse il comò, si soffiò il naso il lampadario,
si decise all' istante di aiutare l' armadio.
Ci voleva un piano, studiato, diretto,
quando non c' era la donnina era il momento perfetto.
Si misero tutti a confabulare,
" Idea, idea, ecco cosa fare!".
Un giorno la donnina in vacanza andò,
" Ecco il gran momento!" esclamò il comò.
In una notte nera come la pece,
filava tutto liscio, sembrava e invece...
Sul pavimento misero il pepe,
a chili, a quintali, a formare una siepe.
Eeeeetciuuuuuuu', starnuti come tuoni,
saltarono i cardini,
al soffio dei monsoni.
Girava la specchiera come mina vagante,
raggiunse le serrature, saltarono le ante.
L' armadio era nudo,
un po' si vergognava,
ma il più era fatto, ormai poco mancava.
Il lampadario lanciandosi come un ariete,
finì la sua corsa contro una parete.
Segarono i piedi per farlo passare,
ma ancora era alto, c'è poco da fare!
Spingeva il comò con il comodino,
di questo passo verrà già mattino.
Il letto intanto osservava in disparte,
" Se continua così mi sa che non parte!"
Si sfonda la porta, si spinge l' armadio,
ma non passa, è alto, non è secondario.
Cercavano invano di non fare rumore,
proprio in quel momento passò un pastore.
Sentì per caso di questo armadio,
che ora voleva andare in Ontario.
Riferii tutto ad un falegname,
che ogni giorno cercava legname.
Era chiaro ormai e a capirlo non ci vuole un' arte,
Che l' armadio non sarebbe più andato da nessuna parte.
Entrò il falegname, gli fece una gran pena,
si mise al lavoro, veloce, di gran lena.
Rimise al suo posto serrature e chiavi,
puli' quel macello e disse:" Su bravi!".
Con l' aiuto di tutti, presto ogni cosa fu a posto,
tornò la donnina, dormì fino ad Agosto.  
L'armadio intanto se ne fece una ragione,
amoreggiò con il letto per un' altra stagione.

Lui è lì, nella mia camera da trentaquattro anni,
ogni tanto mi metto nei suoi panni.
Ha provato ad andar via come il signor tumore,
alcune volte facendo anche tanto rumore.
Ma se ne sta lì come se fossi io l'amato letto,
non si allontana da me, è proprio un furbetto!