Justine, gli oggetti incustoditi e altre storie

Justine, gli oggetti incustoditi e altre storie

  • di Redazione
  • 24 Settembre 2019
  • Rita, poesie e non solo

Ritorna l’atteso appuntamento del martedì con la rubrica curata dalla nostra amica Rita Meleddu "Rita, poesie e non solo"

Adoro gli animali, tutti tranne gli insetti; ma quelli non sono appunto animali, e ho sempre avuto una miriade di gatti, qualche cane, cornacchie, criceti, agnellini; maialini e anche un falchetto, Igor, così quando
più di 20 anni fa ci trasferimmo a casa nostra, e non  avevamo ancora il cancello, non mi stupivo di trovare ogni mattina sdraiato sullo zerbino fuori dal portone, un gigantesco cane bianco.  Somigliava a un pastore abruzzese, un maremmano per intenderci,  doveva appartenere a qualche pastore, cascasse il mondo ogni mattina aspettava coccole e cibo. All'epoca non avevo paura dei cani, nonostante proprio quell'anno fossi stata morsa da un cane pastore abruzzese appunto, e vi garantisco che il morso non fu per niente piacevole; mi aveva quasi stritolato l'avambraccio e il gomito, ma io quando mi morse rimasi calma e non tirai via il braccio, rimasi immobile; fino a che il padrone lo richiamò e solo allora lasciò la presa. Un doloreeeeee. La padrona il giorno disse che le sembrava strano che mi avesse azzannato, questo è il termine giusto, visto il mio grande amore per gli animali. Vabbè, questo non autorizza nessun cane a mordermi. Dicevo che ogni giorno coccolavo questo cagnolone che andava e tornava da casa nostra come più gli piaceva.  Un mattino trovammo lo zerbino distrutto e ciuffi di peli bianchi e di altro colore dappertutto. Evidentemente era entrato un altro cane, si erano azzuffatti e il risultato era questo.  Questo cane mi seguiva ovunque, tanto è vero che dovevo scacciarlo perché non mi venisse dietro. Era veramente grosso e avevo sempre paura che si avventasse su qualcuno sebbene fosse l'emblema della bontà, ma aveva due mascelle niente male e non si poteva prevedere cosa poteva accadere. Comunque questo cagnolone sparì da un giorno all'altro.

Io lo aspettavo ogni giorno; ma nulla, non venne più.  La mia speranza era che fosse tornato dal padrone e non che gli fosse successo qualcosa. Questo preambolo per dire che amo gli animali, ma a questo punto si sarà già capito. Altri animali andavano e venivano da casa, e tutti erano accolti e rifocillati, avevo già 6 o 7 gatti ma nessun cane, ma ancora non lo sapevo, non sarebbe tardato ad arrivare...
Casa nostra è circondata da un giardino enorme, nel frattempo avevamo messo i cancelli seppur provvisori, ma essendo all'epoca la mia casa, l'ultima del vicinato e abitando pressoché in campagna, non era raro vedere vicino a casa animali di ogni sorta. C'era e c'è ancora la famigliola di ricci che scendeva dalla campagna e veniva a mangiare la pappa dei gatti; e come ho detto, animali di ogni specie, perfino la volpe in estate scendeva ogni notte dalla campagna e entrava in casa a mangiare. Sicuramente aveva i cuccioli perché non si limitava a mangiare lei sola,  ma cercava di portarsi via il piatto o le tegliette in alluminio con il cibo. La volpe emette un grido stridulo e acuto, sembra quasi un miagolio, riuscivamo a vederla stando in casa aquattati al buio senza far rumore per non spaventarla. Lei come già detto, mangiava sempre guardandosi furtivamente intorno, poi scappava portandosi dietro il recipiente col cibo. Del resto gli animali se trovano chi li rifocilla, difficilmente vanno via. Un giorno esco per dare da mangiare ai gatti e vedo un cane abbastanza grande scappare da casa attraverso la rete di recinzione, evidentemente c'era un grosso buco tra il terreno e la rete, o qualcuno l' aveva scavato.  Subito mi attivo e lo rincorro. "Vieni qui - gli dicevo- abbiamo pappa buona per tutti, non scappare ". Ma lui  (non sapevo ancora che era una lei) scappò via.  Tutto mi manca ma non la pazienza e la determinazione, a casa di mio padre stavo ore immobile a guardare le rondini che portavano il cibo ai piccoli,  tornerà mi dicevo e intanto stavo appostata che neanche un cecchino...

Aspetta oggi, aspetta domani, eccolo ricomparire. Credo che Justine (poi la chiamammo così) avesse capito subito che non intendevo farle del male e piano piano si avvicinò sebbene ancora guardinga alla rete. Ci scrutavamo io e lei, io da una parte ma già pronta ad accoglierla e lei dall'altra, pronta a farsi convincere. Io l'aspettavo col wurstel in mano, con l'intenzione di passarglielo attraverso la rete, e un giorno osservandola vedo che Justine presentava sul dorso una ferita enorme di circa 30 cm e anche più, sicuramente causata da un'acetta. Aveva la schiena letteralmente divisa in due parti e si vedeva l'interno.  Lei non si lamentava ma aveva fame. Subito entro in casa e prendo un antinfiammatorio, glielo infilo dentro il wurstel e glielo porto. Penso che avrà tanto dolore e una compressa non la ucciderà; anzi almeno le farà passare il dolore. Justine intanto non si è mossa, aspetta il wurstel, e quando glielo do lo manda giù in un sol boccone.  Sono contenta; ha preso anche la compressa, le passo ancora tanta pappa attraverso la rete e riesco a toccarle il tartufo (il naso) che è bello fresco, se non altro sembra non avere febbre. Dopo aver mangiato come al solito scappa via ma sono certa che tornerà e si fiderà presto di me. I cani fanno in fretta a imparare orari e quant 'altro li riguardi e così eccola tornare giorno dopo giorno. Continuo a curarla ma ancora non riesco a prenderla; non mi do per vinta, vado dal mio medico di famiglia; allora già in pensione e lo metto a conoscenza della situazione, invocando il suo aiuto; nella fattispecie volevo essere rifornita di antibiotico per Justine per scongiurare un'infezione. Mi faceva una pena vederla scappar via con quello squarcio gigante sulla groppa, volevo aiutarla ma non potevo fare altro. Il mio medico che ora non c'è più e al quale ero molto affezionata, mi è stato vicino come un padre quando mi sono ammalata, era scettico riguardo alla guarigione di Justine.  Secondo lui non poteva guarire e invece cure, amore e tenacia fecero il miracolo, Justine guarì perfettamente, la ferita si chiuse del tutto, rimase solo una lunga cicatrice, che venne segnalata al momento dell'iscrizione di Justine all'anagrafe canina, quale segno di riconoscimento, e cosa più importante, Justine entrò a pieno titolo nella nostra famiglia e ci rimase per più di 13 anni, accudita e trattata come una principessa sebbene lei soprattutto all'inizio fosse scalmanata come poche e ne combinava  di tutti i colori.

Justine era un cane da caccia, presumibilmente un segugio Griffon bleu de Gascogne, ebbene sì signori, Giuggia come la chiamavamo noi era di nobili origini, un griffon bleu in tutto e per tutto, ma evidentemente non era buona per la caccia e il suo padrone, che vorrei avere tra le mani, pensò bene di sbarazzarsene,  usando su di lei una ferocia inaudita.  Ma Giuggia non era destinata a lui, né a morire e trovò noi. All'epoca poteva avere 8/9 mesi, era ancora cucciola e giocherellona, tutto quello che trovava appeso doveva essere tirato giù, quindi la tenda che tenevo fuori dal portoncino per ripararlo dal sole, la  tirò giù con anche il bastone che la reggeva, allo stesso modo tirava giù tutto quello che poteva dal filo per stendere.  Quindi prendeva e disseminava nel giardino; pigiami piuttosto che pantaloni, felpe, tovaglie, federe, insomma un po' di tutto.  C'è da dire che Giuggia faceva le cose per bene e non le lasciava a metà, se tirava giù la casacca del pigiama, poi tirava giù anche il pantalone dello stesso. Era un cane che amava gli abbinamenti. Ho detto che disseminava la biancheria per tutto il giardino, ma non era raro che la seppellisse, allora col suo formidabile tartufo scavava un fosso, ci infilava il maltolto, lo ricopriva di terra, poi con l'espressione più innocente del mondo si presentava da noi a ricevere coccole.  Ora, si presentava col tartufo e persino i baffi pieni di terra e a noi invece che punirla scappava da ridere, e lei giustamente fiera di sé continuava.  Non dico quanti articoli del vicinato stesi ad asciugare ha portato a casa. Sono passati più di 20 anni, non dovrebbero più esserci ritorsioni, ma se qualcuno si riconosce quale proprietaria di un body blu tutto pizzo, e un maglione marron, mai ritrovati sul filo per stendere,  sappia che è stata Justine che oramai essendo venuta a mancare non è più passabile di reato. E questa è una. Come scordare il suo amore sviscerato per gli ombrelli lasciati a sgocciolare fuori dalla porta? Giuggia aveva come dico spesso per i gatti, un cervello piccolo ma sicuramente una fantasia fervida e quindi nella sua testolina si faceva l'idea che se un ombrello che non sta sempre fuori dall porta, se una volta ci sta, è giusto che venga fatto scomparire se non si può rimettere al suo posto.  Così non vi sto a dire quanti ombrelli ha fatto fuori. Una volta ebbi la bella idea di appenderlo a un chiodo posizionato in alto sul muro. Non avevo fatto i conti con l'agilità di Giuggia.  Del resto era un griffon bleu di Gascogne; mica una pinco pallino qualunque; morale, il giorno dopo trovammo solo il chiodo, l'ombrello lo trovammo completamente disfatto, buttato qua e là.  Da allora non lasciammo più gli ombrelli fuori dalla porta. Justine era la bontà fatta cane, aveva gli occhi più buoni del mondo e di lei si approfittavano tutti gli animali che avevamo all'epoca. 

I gatti che tra l'altro dormivano abbracciati a lei, se la vedevano passare per i fatti suoi; ma loro non gradivano, non si facevano scrupolo di tirarle certe zampate e soffiare come mantici. Justine non si ribellava, sospirava, incassava e tirava dritta. Avrebbe potuto farli fuori con un potente morso; visto le sue mascelle e i suoi canini, ma lei era buona e perdonava tutti. La mia cornacchia Lucrezia, astuta come poche, la notte temendo gli attacchi di altri animali, dormiva sulla groppa di Justine, insieme ai gatti, ma appena sorgeva il sole non esitava a dispensare a Justine certi pizzichi che avrebbero fatto spiccare dei salti a chiunque, ma non a Giuggia, lei la guardava come si guarda un bambino che fa un dispetto, e la ignorava.  La cornacchia che è di una prepotenza unica, e di intelligenza rara, molto più di certi esseri umani,  continuava a beccarla, fino a che Giuggia se ne andava per i fatti suoi. Pensate che la lasciasse in pace? Macché, Justine se ne andava distante a riposare sotto un albero quand' ecco arrivare al volo, è proprio il caso di dirlo, Lucrezia.  Ricominciava la scena, Lucrezia parlava o comunque emetteva suoni e parlando e beccando non lasciava in pace la povera Justine.  Le tirava le orecchie, le pizzicava pure il naso.  Justine come per i gatti avrebbe potuto farla fuori in un secondo, ma lei non era fatta per fare del male e così emetteva uno dei suoi lunghi sospiri e lasciava correre.  C'è anche da dire che Lucrezia sebbene potesse volare, si facesse scarrozzare spesso e volentieri da Justine.  Le saliva sulla groppa ed era una scena comica vedere un animale di nobili origini come detto in apertura, essere sottomesso da una volgare cornacchia grigia; che però sarà anche volgare ma quanto a furbizia non la batte nessuno.  Ho detto che Justine era buonissima, ma altrettanto pettegola, ci veniva dietro, e se con mio marito o i ragazzi ci sedevamo fuori, lei arrivava in un attimo; dovunque fosse.  Ci veniva vicinissimo per avere le coccole e si divideva tra noi equamente, finché non l'abbracciavamo non andava via, ci ascoltava con curiosità e interesse; non perdeva una parola neanche avessimo la scienza infusa, e ci guardava estasiata come solo i cani sanno fare.  Ditemi chi è che guarda un'altra persona estasiata? Nessuna, ma i cani si. Giuggia sembrava capire che l'avevamo salvata e si mostrava continuamente riconoscente. Era una golosona, lei oltre la sua pappa peraltro abbondante visto che comunque pesava sui 25 chili, doveva assaggiare la nostra e quindi quando mangiavamo era un continuo aprire la porta che dà sul balcone e darle gli assaggi che naturalmente gradiva. Allo stesso modo nessuno poteva entrare in casa tenendo in mano una busta.  Cosa conterrà la busta? Era sicuramente la domanda che si faceva Justine, e quindi se la busta conteneva qualcosa di mangereccio, Giuggia era la prima a doverlo sapere e assaggiare. Nulla le sfuggiva e tutto le piaceva, tranne il cioccolato e gli omogeneizzati. Un giorno gliene diedi uno alla frutta, lei presa dalla curiosità e dalla fame , anche se non era certo denutrita, diede una bella leccata prendendo così un bel po' di omogeneizzato, per sputarlo subito dopo con un bel bleah!!!! Che ridere,  finalmente sapevamo cosa non piaceva a Giuggia. 

Va detto che io facevo assaggiare un po' di tutto a Justine, ma proprio poco, perché i dolci e molti alimenti che noi mangiamo abitualmente fanno male ai cani. Racconto in chiusura un episodio che è rimasto nella storia (nostra). All'epoca amavo piantare erbe aromatiche che i gatti e Justine puntualmente tiravano fuori e spandevano in ogni dove, e quindi nessuna piantina  andava avanti.  I gatti pur avendo a disposizione un guardino molto grande e la lettiera, ritenevano giusto fare i loro bisogni nei vasi o in qualunque posto ci fosse piantato qualcosa, così che era tutto un piantare, svasare (ci pensavano i gatti) e piantare nuovamente, senonchè poi mi sono stufata e ho lasciato perdere. Quella volta però ero tutta fiera del mio prezzemolo.  Eh si, si può essere fieri persino di questo, perché i gatti e Justine non riuscivano a farlo fuori poiché era circondato e coperto da una rete a maglie strette. Dunque quell'anno lì il prezzemolo cresceva rigoglioso, e un giorno venne a farmi visita mia cognata e visto che c'era mi chiese se poteva prendere un po' di prezzemolo.  Non mi sembrava vero che qualcuno volesse il mio prezzemolo e le dissi: "prendine quanto ne vuoi!" Così mia cognata si chinò a raccogliere il prezzemolo, nel mentre chiacchieravamo amabilmente.  Mia cognata quando era entrata reggeva una busta che poggiò per terra distante da noi, allorquando si accinse a raccogliere il prezzemolo. Justine sembrava scomparsa, che strano, non appena entrava qualcuno lo tampinava letteralmente, le si affiancava e non c'era verso di farla spostare. Lei era sempre speranzosa che le dessero qualcosa da mangiare.  Mia cognata come dicevo era china occupata nelle sue faccende, io davo le spalle alla busta lasciata incautamente a terra e a un certo punto un grido disumano squarcia l'aria  (vabbè, non esageriamo, ma è per fare scena), è la voce di mia cognata che guardando dietro di me urla con quanto fiato ha in gola:" la mia salsicciaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!!" Mi giro e cosa vedo? Justine che tira fuori dalla busta, una salsiccia più lunga di lei e giustamente (anch' io avrei fatto così), scappa col malloppo in bocca. Non è dello stesso parere mia cognata che a questo punto, mollato il prezzemolo corre dietro a Justine finché non la raggiunge e le strappa di bocca il maltolto.  "eh, dice, almeno un po' la recupero". Io non riuscivo a smettere di ridere e naturalmente stavo dalla parte di Justine.  Si trova una cosa incustodita e appetibile? La si porta via nell'immediatezza, poi chi s'è visto s'è visto.

Questa scena mi ricordò un cane dei fumetti che leggevo da piccola e precisamente il comandante Mark. Quelli che mi leggono e sono stati giovani o piccoli negli anni '70 ricorderanno questo fumetto che a me piaceva molto. Ambientato in Ontario durante la guerra d'indipendenza americana, Mark era una sorta d'eroe che da quel che ricordo combatteva contro le Giubbe Rosse. Ora con Mark combattevano degli altri personaggi pittoreschi. Un certo Mister Bluff, panciuto combattente che era proprietario di un cane tutt'ossa, Flok. Flok cercava continuamente du azzannare il fondoschiena di Gufo Triste, altro personaggio amico di Mark, discendente di uno stregone,  sempre in contrasto con Mister Bluff, ma in fondo amici, che però era pessimista, come dice anche il nome e che parlava spesso per massime.  Come detto Flok tentava sempre di azzannargli il didietro e lui lo chiamava "Figlio d' un cane". Ora mi pare di ricordare un episodio nel quale Flok riesce a sottrarre a Gufo Triste dei salsiciotti o comunque qualcosa da mangiare e poi corre via inseguito da Gufo Triste e i suoi anatemi. Comunque ogni qualvolta mi ritorna in mente la scena di Justine, ladra di salsicce mi scappa da ridere. Finisco dicendo che il titolo del racconto odierno parlava di altre storie, ma poiché mi sono allungata troppo, se avrete pazienza e piacere, le altre storie ci saranno prossimamente.