Il mio ospedale

Il mio ospedale

  • di Redazione
  • 3 Luglio 2018
  • Rita, poesie e non solo

Ritorna il consueto appuntamento del martedì con la rubrica curata dalla nostra magica Rita Meleddu

Quando ancora non conoscevo il Businco, ossia l' ospedale Oncologico di Cagliari, ogni qualvolta lo sentivo nominare nutrivo una sincera paura che sfociava quasi nel terrore.

Se se ne parlava era per dire che il tal dei tali che vi si trovava ricoverato era venuto a mancare. Oh, sempre così, mai qualcuno che ne venisse fuori. Così nell'immaginario collettivo, l'ospedale Oncologico era più un luogo di morte (quasi sempre certa) che di vita. Addirittura persone che passavano nei suoi pressi del Businco non solo non vi volgevano lo sguardo, ma facevano gli scongiuri. Come se questi ultimi potessero allontanare una realtà che incute paura. Ora a niente serve la scaramanzia contro il cancro. Piuttosto bisogna  fare prevenzione. Gli scongiuri e le statistiche sono due cose che non vanno d'accordo. Le indagini sono studi accertati e dicono che negli ultimi anni con l'aumento e l'invecchiamento della popolazione mondiale, i casi di tumore nel mondo sono aumentati del 33% e cresceranno ancora. Il cancro è la seconda causa di morte dopo le malattie cardiovascolari. Una donna su quattro e un uomo su tre faranno il loro incontro col tumore. Per le donne il più temuto resta quello al seno, sebbene sia in aumento il cancro al polmone, per gli uomini quello alla prostata, quello alla trachea, ai bronchi e ai polmoni. Il fumo di sigaretta, come si sa, è nocivo ed è quasi sempre la causa principale del cancro al polmone. Chi fuma cerchi di smettere! Certo, ci vuole uno sforzo e notevole forza di volontà, ma se si pensa che è in gioco la vita viene più facile attuare il proposito di smettere di fumare. Un bene per la salute e per la tasca visto il costo abbastanza alto delle sigarette! Quindi facciamo prevenzione, per le donne basterebbe fare un'ecografia o una mammografia, così per gli uomini, per osservare la funzionalità della prostata, sarebbero necessari dei semplici controlli: una visita urologica, un esame del sangue e il PSA possono dire tanto sulla salute dei maschietti e aiutarli a prevenire una malattia seria e dolorosa come il cancro prostatico.

Dicevo che pure io ero impaurita solo all' idea di dover varcare per qualsivoglia motivo, le porte dell' Oncologico, e mi chiedevo : "Come sarà?". Immaginavo un luogo lugubre in cui c' era solo pianto e stridor di denti. Un inferno insomma. Chi aveva la sfortuna di entrarci da malato, era certo che non ne sarebbe più uscito. Un luogo da evitare a tutti i costi. "Tristu e miserinu" chi vi metteva piede con l'intento di curarsi. Così quando nel 2005 accompagnai mio padre che si era ammalato a sua volta di cancro alla mammella, feci la conoscenza con l'ospedale.  Ero impaurita, però le emozioni lasciavano, piano piano, il posto all'incredulità. Non era bellissimo, ma non era l'inferno che mi era stato disegnato. C' erano tantissime persone (all'epoca gli sportelli del ticket si trovavano all' ingresso dell' ospedale) che sbrigavano le pratiche d' accesso, e non solo non piangevano o stridevano i denti, ma parlavano tra di loro e addirittura ridevano. Cosa c' era da ridere? Ma come, non era qui che tutti entravano e nessuno ne usciva? Sbrigate anche noi le pratiche e senza che alcuno ci avesse lasciato, ci recammo in chirurgia.  Bisogna dire a onor del vero che il reparto non era bellissimo ma molto meglio di tanti ospedali che avevo fino ad allora frequentato. Intanto era luminoso e già era una cosa buona, poi anche qui tutti confabulavano e nessuno sembrava in punto di morte. C'era davvero tanta gente. Chi entrava, chi usciva e tutto con in sottofondo un brusio di vita. Fecero entrare me e mio padre in un ambulatorio per eseguire la visita. Ci ricevette un medico chirurgo che non mi pareva Lucifero in persona, anzi aveva modi gentilissimi. Ci accolse con un sorriso e ci spiegò nel dettaglio come sarebbe stata l'operazione e il percorso che poi mio padre avrebbe seguito. Riuscì a tranquillizzarci scherzando per gli innumerevoli ricoveri che mio padre aveva fatto in precedenza.  Ricordo che gli disse: "Non me ne dica altri che non ci stanno nella scheda d' ingresso".

Vidi delle infermiere che erano proprio come quelle degli altri ospedali, anzi meglio. Perché in certi ospedali alcuni medici e infermieri erano arcigni. "Pari ca tottusu di si gepinti e nemusu dus pagara" ( sembra che tutti gli siano debitori e nessuno li paga). Io ero ancora un po' scettica.  Vedremo come saranno le visite successive, mi dicevo. Mi sembrava così strano che ci fosse così tanta vita e movimento. È vero che non era bello vedere tanta gente in attesa. Che ci vengono a fare, mi chiedevo, se tanto devono morire?
Mio padre iniziò il suo lungo percorso di cura e quindi ebbi modo di vedere che non solo nessuno voleva uccidere mio padre, ma, anzi, volevano aiutarlo.  E sebbene ci fossero stati degli errori di valutazione, mio padre aveva vissuto altri quattro anni e mezzo. E tutto questo era merito dei medici dell'oncologico, non merito della fortuna. So per certo che moltissimi malati, conosciuti in quegli anni di frequentazione ospedaliera, hanno continuato la loro vita, chi meglio, chi peggio, molti purtroppo hanno lasciato questa terra, perché l'Oncologico cura ma non fa miracoli, quelli li fa solo Dio. Sono sicura, però, che tutti sono stati amorevolmente curati. Sono del parere che a nessuno piace frequentare gli ospedali, ma creare una fama nefasta attorno a un presidio che cura, ripeto cura e non uccide, è brutto. Perché chiunque ci dovesse andare per qualsiasi motivo (non necessariamente per motivi oncologici), vi si reca prevenuto. Quando ancora oggi dico che sono in cura all'Oncologico, qualcuno fa le corna come se stessi frequentando un lager, un luogo di non ritorno. E invece io sono grata al mio ospedale.  Ormai lo sento veramente la mia seconda casa. Certo sono consapevole di ciò che ho e che mi aspettano momenti difficili. Ma sarebbe lo stesso ( o forse peggio) se mi recassi in un altro ospedale. Se sono ancora qui e mio padre ha vissuto più di 4 anni, pur con tante difficoltà (perché non sempre è tutto rose e fiori), lo dobbiamo unicamente all'ospedale che ci ha accolti come persone deboli, bisognose di cure.
So bene che all' Oncologico, anche in questo momento, c'è chi sta soffrendo molto e c'è chi forse non ce la farà, ma lo stesso accade in centinaia di altri ospedali che forse hanno un' altra nomea. In conclusione vi dico, quando passate vicino all' Oncologico, non fate le corna ( non vi proteggono dal cancro) e non girate la faccia, non ho mai sentito di persone morte per aver guardato l'ospedale, ma abbiate un pensiero buono o una preghiera per chi vi si trova ricoverato. Un pensiero buono non costa nulla a chi lo fa ma fa tanto bene a chi lo riceve.