Il cancro ingannevole e le cure domiciliari

Il cancro ingannevole e le cure domiciliari

  • di Redazione
  • 17 Luglio 2018
  • Rita, poesie e non solo

Ritorna l’appuntamento del martedì con la rubrica curata dalla nostra magica Rita Meleddu.

All' incirca sei anni fa cominciava a lesionarsi il mio petto, anzi sarebbe meglio dire, ciò che era rimasto del petto ormai mangiato dalla malattia e dalle cure. Il torace dapprima prese ad arrossarsi, poi apparvero un paio di piccoli noduli, duri al tatto, che non facevano presagire nulla di buono.  Questi noduli rossi divennero violacei e iniziarono confluire al centro del torace, poi, aumentarono, piano piano, di dimensione fino ad arrivare a 10x10cm con uno spessore di 2cm. Non potevo più fare radioterapia, perché ormai il costato appariva come bruciato e tale cura avrebbe solo incrementato l’irritazione. Si cercò di contrastare la malattia con la chemioterapia che ormai faccio ininterrottamente da sei anni, senza contare quella che avevo fatto all'inizio della malattia, ma la lesione toracica non solo non era diminuita ma anzi era aumentata.  Sono convinta che la chemio avesse posto un freno alla malattia, ma non riuscì a debellarla, per cui la lesione andò via via aumentando, fino a raddoppiare la superficie occupata e continuare a crescere. Questa lesione che ancora oggi essuda, si spacca, sanguina e talvolta è dolorosa o pruriginosa, ha bisogno di essere medicata diverse volte alla settimana. Inizialmente la medicavo io. Cercavo in ogni modo di tenerla pulita e sterile. Compravo tutto l'occorrente e la medicazione, oltre che essere fastidiosa, era anche molto costosa. Medicai da me per lungo tempo, poi un giorno feci vedere la lesione al mio medico di famiglia il quale, preoccupato, mi mandò immediatamente nel reparto di chirurgia dell'ospedale di Isili in cui mi presero immediatamente in consegna. Venni prontamente medicata e cominciò per me una nuova vita. Per sei mesi mi recai in ospedale due o tre volte, se era necessario. Mi trovavo molto bene, finalmente una professionista si occupava di me con amore, e cosa non secondaria; non dovevo più pensare io alle medicazioni. Ormai era un ritmo che non potevo più sostenere. Anche in termini economici! Avevo bisogno di tantissimo materiale medicamentoso, come garze, cerotti, acqua sterile, pomate, prodotti speciali per assorbire l' essudato e cercare di risanare la pelle ormai completamente lesionata. Dicevo che per sei mesi mi recai in ospedale.  Arrivavo verso le 9:00, alcune volte medicavo presto e altre capitava che lasciassi l'ospedale dopo molte ore d'attesa. Ma era normale, mi trovavo in un istituto in cui erano presenti tante persone ricoverate e, giustamente, esse avevano la precedenza, così come chi si presentava in stato di emergenza. I giorni nei quali si tardava molto, tornavo a casa stanca morta, ma sempre serena con un grande sentimento di riconoscenza verso chi ( la caposala Francesca) mi medicava con tanta attenzione, serietà e amore. Mi trovavo molto bene in ospedale. Avevo il vantaggio che mentre medicavo capitava che entrasse il primario o altri medici e chirurghi che mi osservavano, ed ero contenta di sentire diversi pareri. Sono sempre convinta che bisogna sentire più campane per farsi un' idea delle cose. La mia vita continuava dunque così, viaggi a Cagliari e a Isili per le mie cure. Stavo bene anche se era pesante. Le mie giornate erano interrotte, più volte alla settimana, dal fatto di dovermi recare in ospedale per medicare. Poi un giorno, il medico di famiglia mi propose l' attivazione dell' assistenza domiciliare. Sarei stata più comoda, mi disse lui, avrei atteso a casa l' infermiera che si sarebbe occupata di me, e avrei avuto tanti vantaggi. Uno fra i tanti, non avrei speso tante ore d'attesa in ospedale. Io ero titubante e incerta. Avevo l’impressione che avrei potuto recarmi ancora a lungo in ospedale e che un'infermiera a casa avrebbe potuto violare la mia privacy.  La verità è che sono molto abitudinaria ( pure noiosa) e le novità all' inizio mi scombussolano un po', ma principalmente mi ero molto affezionata a Francesca che mi seguiva benissimo. Tra noi si era creato un clima di confidenza e mi dispiaceva rinunciare a lei e alle nostre chiacchiere mentre mi medicava. Rimasi incerta a lungo; poi mi dissi: "Proviamo!". E così ebbe inizio la mia esperienza con l'assistenza domiciliare. Ricordo bene che il giorno di attivazione dell'assistenza vennero a casa, il medico di famiglia, una dottoressa della Asl che segue queste pratiche e un'infermiera che mi avrebbe medicato a casa.
Quando videro la lesione rimasero un po' perplessi, era molto vasta e non aveva certo l'aspetto di una ferita che vuole guarire, infatti nel corso degli anni è aumentata di dimensione, ma più di tutto li colpii io e il mio atteggiamento.  Mi aggiravo per casa saltellante più di una cavalletta, pimpante, ero allegra e affabile e non avevo certo l'aria di essere a un passo dalla morte. Attraverso l’assistenza domiciliare, i pazienti hanno il diritto di reperire i farmaci, capita dunque che il medico di famiglia prescriva con un certificato tutto ciò di cui si ha bisogno per un mese. Tale certificato viene consegnato alla farmacia dell'ospedale di competenza e dopo alcuni giorni, il paziente o chi per lui, possono ritirare i farmaci.  La dottoressa della Asl vedendomi più vispa e scattante di una pulce, disse a mio marito:" Ci vada lei a ritirare i farmaci, che se vedono sua moglie così vivace, capace che in farmacia pensino che non sia malata e non le consegnino niente "
Al che io risposi:" Quanto è ingannevole il cancro, a vedermi così sto benissimo, ma voi mi avete visto e potete testimoniare cosa ho".
Il giorno iniziò la mia ormai lunga esperienza con l' Adi e da allora ho un' infermiera tutta per me. Ma delle mie infermiere che mi hanno assistito in questi lunghi anni e di chi mi sta assistendo ora ne parlerò la prossima volta.  Come saranno state, buone o cattive?