I Natali dell'infanzia

I Natali dell'infanzia

  • di Redazione
  • 27 Novembre 2018
  • Rita, poesie e non solo

Nel martedì dedicato alla rubrica "Rita poesie e non solo" arriva il racconto della nostra magica Rita Meleddu

Prima che non sia più in grado di scrivere, perché mi affatica molto, voglio raccontare dei miei Natali  dell'infanzia o comunque del passato. A me pare che l'aria natalizia si sentisse di più di adesso o forse essendo ora adulta vedo le cose in modo diverso.  Per i bambini e i ragazzi di quest'epoca i Natali saranno belli e avranno dei bei ricordi ed è giusto che sia così.  Ognuno di noi vive gli eventi e le festività a modo suo e nei suoi tempi. Ma torniamo a noi. Ai giorni nostri, si inizia a parlare del Natale da settembre. Nei supermercati compaiono i panettoni, ma come si può pensare a mangiare il panettone con 30 gradi fuori? E le luminarie e le decorazioni natalizie. Ma non c'è l'aria di Natale. Infatti raramente si vedono acquirenti, tutti o quasi si accalcheranno nei negozi i giorni  sotto Natale. Quando ero piccola, in quasi tutte le case ci potevano essere due/ tre panettoni al massimo. Erano naturalmente delle marche più buone e conosciute (alcune sopravvivono ancora) e si apriva rigorosamente il giorno di Natale, anche la vigilia qualche volta, e la notte di Capodanno. Fine!  Qualche panettone in eccesso poteva esserci ma veniva consumato di sicuro.  Ora ce li tirano dietro ma siamo talmente abituati a tutto che neppure li mangiamo. Che peccato.  Avercene avuti tanti quando ero piccola. I panettoni che si vendevano erano solo quelli classici, non di centomila versioni ed erano buonissimi.  Non c'era da noi ancora neppure il pandoro. Almeno io non lo ricordo.  È arrivato più tardi.

Ma voglio cercare raccontare l'atmosfera che si respirava ai miei tempi. Noi bambini, quando ormai eravamo a scuola o all'asilo,  aspettavamo con ansia le vacanze di Natale, le giornate che venivano dopo segnavano una grande attesa. Il Natale si avvicinava!! Ricordo che da piccola con le amiche e questo per anni e anni,  non perdevamo una novena di Natale. La so ancora a memoria.  Mi è capitato anni fa di assistere a una Novena in una chiesa di Cagliari.  Sono rimasta sconvolta.  I canti o comunque le melodie erano diverse dalle nostre.  Il succo era lo stesso ma ciò che lo produceva era diverso.  No, no, novene di Natale alla nurallaese per sempre!! Non le concepisco diversamente! Ma immergiamoci ora nell'atmosfera di quegli anni. Dunque sentivamo suonare le campane; noi eravamo già in piazzale di chiesa.  Tantissimi bambini, che giocavano e si rincorrevano prima di entrare in chiesa.  I nasi rossi, le mani gelate ma non ci interessava, quasi non lo sentivamo. L'aria era gelida tipica del periodo, faceva buio presto ed essere lì a giocare ci dava un senso di libertà e gioia assoluta. Qualche bambino accendeva delle girandole e le faceva volteggiare nel buio, producendo cosi un brillio che cadeva a cascata nell'oscurità. Giochi semplici ma a noi molto cari. Anche queste semplici girandole contribuivano a creare l'aria natizia. Finalmente si entrava in chiesa. La nostra chiesa è molto spartana (anche troppo) ma a me è sempre piaciuta. A differenza di molte chiese tetre, era luminosissima, e sull'altare troneggiava Gesù Bambino. Era adagiato in un cestino contornato di luci e da veli di tulle. Questa immagine ci ha accompagnato per tantissimi anni. Fino a una decina di anni fa, quando andato in pensione il sacerdote che era stato nostro parroco per quasi 60 anni, sono arrivati altri sacerdoti che hanno cambiato un po' di cose, com'è giusto che sia.

Gesù Bambino restava sull'altare ben visibile a tutti, fino alla messa di mezzanotte della vigilia. La notte al termine della messa solenne, il sacerdote portava giù il bambinello e chi voleva poteva baciarlo o comunque adorarlo. Che bello!! Noi bambini rimanevano incantati dalle luci che lo incorniciavano e tra una canto della novena e un altro, i nostri occhi spesso si rivolgevano a lui. Se ne stava comodo, bellissimo,  col suo vestitino celeste impreziosito da piccole stelle, le manine tese in avanti quasi a voler essere preso in braccio, e un piedino sollevato.  Per quanti anni abbiamo visto questa scena!! Finita la novena, uno sguardo non poteva mancare al bel presepe della nostra chiesa.  Statue antiche molto belle. E sempre le luci ad incantarci. Finita la novena si giocava ancora in piazzale, poi si faceva rientro a casa. Cominciava il conto alla rovescia. L' attesa è più bella della realizzazione del sogno. Così si cominciava a sognare.  Cosa mi avrebbe portato Gesù Bambino? Ai miei tempi era lui a portare i doni e non Babbo Natale. Si scriveva la letterina con la richiesta.  Ero modesta nel chiedere.  Si chiedeva un dono e non di più. Chissà se Gesù  Bambino avrebbe soddisfatto le richieste? Dipendeva!! Gesù Bambino era povero e dunque non ci si doveva aspettare molto. Ma allora come oggi, Gesù Bambino doveva essere discriminatorio. I doni  Non erano uguali per tutti.  Ne' come qualità, ne' come quantità.  Perché tornando a scuola si scopriva che talune amiche avevano ricevuto poco talatre molto.  C'era qualcosa che non tornava...forse qualcuna non era stata molto brava, chissà.  Ad ogni modo io credevo fermanente che fosse Gesù Bambino a portare i doni e cercavo in ogni modo di sorprenderlo mentre distribuiva i doni la notte di Natale.

Nei giorni precedenti il Natale anche a casa nostra fervevano i preparativi.  Si  preparava il presepe. Era sempre bello benché piccolo. Ricordo che avevamo tante pecorelle e tanti pastori.  Ogni anno si aggiungeva una statuina. Peccato che il presepe di casa mia sia andato perso nel tempo. Avevamo delle belle statuine in gesso. Per simulare la neve usavamo fiocchi di cotone idrofilo, mentre uno specchietto rappresentava un laghetto. Rametti freschi a rappresentare gli alberi. Insomma la fantasia e l'ingegno non ci mancavano. Si passava poi all'albero di Natale. Quelli finti non erano belli come quelli attuali, non erano folti, così rimanevano sempre un po' spogli ma alla fine con i fili dorati, le luci e gli addobbi, si riusciva a riempirlo. Non esistevano palle di Natale in plastica, e le decorazioni erano veramente belle. Ricordo in particolare degli uccellini decorati con le piume. Delicatissimi. Infatti si ruppero. Le palline erano tutte disegnate e ricoperte di polvere dorata o argentata. Le lucine erano a gruppi di 10, non di più, e avevano soggetti deliziosi.  Diversi tra di loro ma molto carini. Così in una catena di luci poteva esserci una casetta, un fungo, una lanterna, una chiesetta, una candelina,  una pallina ecc. Ogni elemento aveva una lucina al suo interno. L'effetto finale era molto piacevole. Non mancava il puntale o la stella cometa in cima all'albero. Preparato anche l'albero bisognava pensare al pranzo per il giorno di Natale. Si cominciavano a comprare le noci, noccioline, i datteri, la frutta secca in generale e si metteva da parte per il giorno tanto atteso. Su pan'e saba che è un nostro dolce tipico natalizio, buonissimo. Fatto con la sapa, noci, mandorle, canditi mi pare, buccia d' arancia. Un dolce strepitoso. 

Il mandarino. Per me non è Natale se non ci sono i mandarini. Anche adesso che spesso non profumano di nulla, ma li compro lo stesso perché mi ricorda i Natali trascorsi. Con questo clima di preparativi e grande attesa per la nascita di Gesù, si arrivava alla vigilia. Finalmente!! Chissà cosa mi avrebbe portato Gesù Bambino. La vigilia dunque si andava all'ultima Noveva. Da noi per tantissimi anni l'ultima Noveva cadeva il giorno della vigilia e non il giorno prima, assistevamo festosi alla celebrazione, poi ancora gioco con le amichette e infine si tornava a casa. E da quel momento il tempo non passava mai. Si cenava presto, e spesso si  giocava a tombola. Ci si riuniva ed eravamo in tanti. Per segnare sulle cartelle i numeri che uscivano si mettevano dei fagioli secchi o della buccia di mandarino. Intanto il fuoco scoppiettava. Delle volte dal camino usciva del fumo. Allora bisognava aprire le finestre o la porta e in un attimo entrava un freddo terribile. Erano altri tempi.  A dicembre c'era sempre un freddo cane. Giocare a tombola era bellissimo.  Succedeva che qualcuno muovendosi malamente, facesse scivolare via i fagioli o il mandarino che coprivano i numeri, e allora era tutto un chiedere a chi estraeva i numeri e teneva il cartellone: "È uscito il 44? e il 27? Il 12?" E tanti altri numeri. Alla fine chi estraeva i numeri era costretta a rileggerli tutti.  Ma questo lo trovavamo molto divertente. I mandarini naturalmente visto che servivano per un compito così delicato, venivano poi mangiati e visto che non tutta la buccia serviva per coprire i numeri delle cartelle,  parte veniva gettata nel fuoco e allora si spandeva nell'aria un profumo delicato e forte al tempo stesso. Lo ricordo perfettamente. Profumo di Natale.  Si mangiavano le noci e si continuava a giocare a tombola fino a che non sentivamo suonare le campane che annunciavano la messa di mezzanotte. A quel punto ci si preparava per uscire nella notte buia e fredda come conviene alla notte di Natale. Uscivamo dunque tutte imbacuccate nell'aria gelida. Il più delle volte il cielo era limpido con le stelle che si rincorrevano.  Sembravano accendersi e spegnersi continuamente.  Il cielo così annuncia gelo e infatti il freddo era così pungente e gelido appunto che le nocche delle mani sbiancavano e se aprivamo bocca ci asciugava la gola. Benché il tragitto da casa mia alla chiesa fosse breve, arrivavamo congelate, battevamo i piedi per scaldarci un po'. La chiesa era ancora più gelida, ma non ci interessava.  Si poteva sopportare.  Gesù Bambino non è forse nato al freddo e al gel? E allora? Lui era pure nudo. Quindi niente lamentele altrimenti si sta a casa.

La messa era bellissima.  Con i canti che la rendevano veramente gioiosa. Alla fine come già detto, il sacerdote sollevava Gesù Bambino dal cestino in cui si trovava  e lo portava all'adorazione dei fedeli che potevano baciarlo.  Finita la messa si tornava a casa, quando ero piccolissima ricordo che non vedevo l'ora che fosse il 25 per vedere i regali e avevo poco interesse al proseguimento del gioco della tombola, però non volevo andare a letto perché dovevo sorprendere Gesù Bambino nell'atto di depositare i doni. Mio padre mi sgridava: "se non vai a letto, Gesù Bambino non passa!" Allora seppur a malavoglia me ne andavo a letto, gli occhi spalancati nel buio e le orecchie tese a captare ogni minimo rumore. Questo Gesù Bambino è furbo ma io sono più furba di lui. Sto sveglia e lo sorprendo.  E invece...
Mi sveglio la mattina di Natale e come apro gli occhi vedo seduta sul letto di fronte a  me una bambola.  La mia gioia!!! Subito corro in cucina ad annunciare a mio padre e alle mie sorelle e fratelli che Gesù Bambino era passato davvero.  Cerco la scatola (che avrei tenuto poi  come un reluquia) e leggo che la bambola si chiamava Monica. Mi sembra ancora di vederla. Col suo vestitino verde, le maniche e il bordo del vestitino a quadretti e a volants. Aveva i capelli castani corti che io poi avrei acconciato in vari modi e gli occhi celesti. Monica non faceva nulla. Non parlava, né camminava, non faceva la pipì.  Niente.  Eppure è stata per anni, insieme alle altre bambole, inseparabile compagna di giochi.  Ci si accontentava davvero di poco.  Per altri piccoli doni si attendeva la Befana.  La calza che si lasciava vicino al camino, si sarebbe riempita di noci, nocciole, noccioline, mandarini, qualche dolcetto, delle volte un soldino e un piccolo giocattolo. I miei figli ormai grandi continuano a ricevere questo tipo di calza. Immancabili noci  e mandarini, naturalmente senza giocattoli. Dunque quel Natale non finivo più di rimirare la mia bambola.  Un po' ero delusa per essermi addornentata, ma alla fine che importava? Il regalo era arrivato. Grazie Gesù Bambino!! La giornata proseguì così, giocando stando al calduccio vicino al fuoco in attesa del pranzo natalizio. Ma prima bisognava fare ancora una cosa che forse  non si fa più.  Bisognava scrivere la lettera da mettere sotto il piatto di  mio padre. Per l' occasione si tiravano fuori i piatti del servizio buono, le tovaglie belle, perché è nato Gesù Bambino, non dimentichiamolo, e va accolto per bene. La tavola ben apparecchiata era bella da vedere. Noi eravamo tanti in famiglia ed era davvero festa. Io stavo all'erta. Non volevo perdere il momento in cui mio padre avrebbe visto la letterina. Un po' mi vergognavo e un po' aspettavo che leggesse di fronte a tutti :"Caro babbo, ti voglio tanto bene e ti prometto che sarò sempre brava e ubbidiente, Rita!!" Ancora non sapevo che il mio caro Gesù Bambino era lui...