Cyberknife, my love!!!

Cyberknife, my love!!!

  • di Redazione
  • 30 Gennaio 2018
  • Rita, poesie e non solo

Continuano le avventure della nostra magica Rita Meleddu

Eccoci dunque al gran giorno!
Si era arrivati a Milano due giorni prima, avevo affittato un appartamentino delizioso a pochi metri dal Centro Diagnostico, in modo da non dover prendere mezzi e non stancarmi in vista del trattamento.  Il locale era luminosissimo, bianchissimo ( gli arredi) e cosa assai importante, pulitissimo. Tante finestre e Milano era bellissima quei giorni con un cielo blu stupendo. Tutto questo predisponeva al meglio il mio animo. È da capire che fossi agitata. Avevo una metastasi al cervello, o nei pressi, e dovevo cogliere assolutamente quest’opportunità. Avevo troppa paura di dover fare l'intervento chirurgico classico o la radio tradizionale.  Ero così concentrata su ciò che volevo fare che non ho detto neppure una volta una battuta che facevo ai tempi delle altre radioterapie: "dopo la radio farò sicuramente la televisione".  Lo so, è una battuta stupidina ma mi ha sempre messo allegria. Questa volta stavo zitta e, diciamolo pure, ero impaurita.  Sì, era metà Novembre, la metastasi ( singola) era stata scoperta a settembre. Per una paziente metastatica anche un paio di giorni possono fare la differenza.  La metastasi era rimasta ferma? Se ne erano formate delle altre? Ho fatto un' altra risonanza ( oltre a quella fatta a Cagliari) e pareva che la cosa fosse stabile. Quei pochi secondi di attesa mi erano sembrati eterni. Poi la sentenza della dottoressa del Centro:  " Può fare la Cyber knife ".
Dire che ero felice è dire poco. In quel momento non pensavo ai disagi che avrei dovuto affrontare. Potevo fare questa terapia mini invasiva e se tutto fosse andato bene sarei uscita con le stesse facoltà mentali di quando ero entrata
Non dimentichiamoci che la teca cranica è rigida non flessibile come altri organi e bisogna quindi agire con una precisione millimetrica.  
Bisognava preparare la maschera. Tale maschera viene indossata al momento del trattamento e fissata con delle pinze al lettino in modo da evitare quanto più possibile ogni movimento anche involontario della testa. La maschera è fatta di materiale termo plastico praticamente fuso e malleabile. Questa sorta di rettangolo termo plastico viene adagiato sul viso del paziente e modellato alla perfezione sullo stesso. Viene fatto asciugare e alla fine viene fuori un calco preciso della testa del paziente.  Per realizzare la mia maschera ci sono voluti solo 5 minuti per asciugarla ( sempre tenendola indossata) e renderla rigida. Finalmente anche la maschera era pronta, mi attendeva una risonanza di controllo e una tac di centratura o simulazione che avrebbe anticipato ciò che poi sarebbe avvenuto realmente. Terminate queste procedure si può tornare  a casa. Il trattamento vero e proprio sarebbe avvenuto il giorno seguente. Non sapevo come sarebbe andata. Ma all'ansia si alternava la speranza.  Avevo voluto fortemente cogliere questa opportunità e non appena saliva lo spavento volevo guardare solo al bene, la cyber knife mi avrebbe tolto o perlomeno fermato la lesione.
Con questo altalenarsi di sentimenti, siamo giunti al gran giorno.
Era il primo pomeriggio di un giovedì simile a tanti altri ma non per me. Continuavo a pensare:" Uscirò lucida? E se qualcosa dovesse andare male?"
Questi pensieri li faceva la parte di me più razionale, l'altra pensava che sarebbe andata bene. Siamo arrivati al Centro Diagnostico con grande anticipo, come nostra abitudine, e ho visto la sala d' attesa piena di pazienti che attendevano. Mamma mia, quante persone malate ci sono al mondo! Chi leggeva, chi pregava, chi parlava e chi stava zitto. Io stavo zitta anche un po' tremante. A un certo punto è uscito un tecnico che ha chiamato una suora. Lei che era in compagnia di una consorella,l'ha salutata come se non avesse più dovuto rivederla, e il tecnico :" Sorella, tornerà qui con le sue gambe!".
È stata una scenetta comica e rassicurante allo tempo stesso...
Voglio ricordare che la Cyber non è utilizzata solo per le neoplasie ma trova impiego in altri disturbi come il trattamento del dolore nel nervo del trigemino e infatti una paziente, impaurita più di me, doveva fare proprio quello. Le tremavano le mani, ma è da capire. Prima di iniziare è solo teoria e si va verso l'ignoto.  Dopo sarà pratica.
Finalmente sono stata chiamata.Ero sdraiata e indossavo la maschera che viene fissata al lettino.  Avevo paura di non riuscire a respirare bene, nonostante la maschera fosse bucherellata. Era talmente aderente al viso che sentivo le mascelle incastrarsi e dovevo respirare solo col naso. Il tecnico mi consigliava di chiudere gli occhi. In questo modo non avrei visto il gigantesco braccio robotico avvicinarsi e sarei stata più tranquilla. Mi diceva che probabilmente il trattamento sarebbe durato meno di un' ora ( che meraviglia) e se mi sentivo pronta.  Cosa potevo dire? Avevo voglia di scappare con tutta la maschera e l'ambaradan, e invece ho detto :" Si!!"
Da quel momento ho pregato per non pensare a questa maschera claustrofobica, ma soprattutto volevo sperare che andasse tutto bene.  Certo i minuti passavano lenti ma come Dio vuole il tecnico o chi per lui ha esclamato:"Finito!".
Non mi sembrava vero.  Sono corsa da mio marito e gli ho detto:" Vero che sono uguale a prima?"