(Europei 2020)

(Europei 2020)

  • di Redazione
  • 22 Luglio 2021
  • (Parole tra parentesi)

Finalmente una gioia, sportiva, da vivere in famiglia e un simbolo di un'intera nazione che vuole tornare a vivere senza paura. Ce lo racconta la nostra amica Monica Badas

E’ il massimo torneo calcistico europeo per squadre nazionali maschili. Da quando sono iniziati i campionati europei il giardino di casa mia si è trasformato in un ristorante all’aperto. Prato verde, panchine con i cuscini opportunamente distanziate, un tavolo posizionato al centro, televisione 52 pollici, sound bar per poter diffondere il suono, vaccino Covid all’ingresso o tampone negativo. Alle 8 generalmente arrivano mio padre, mia sorella, mio fratello, miei nipoti, qualche amico e mie cugine. Ognuno porta qualcosa da mangiare: la pizza, la macedonia, insalata di pollo, il dolce. In fondo al giardino il fuoco è già acceso, scoppiettante, per poter cuocere la salsiccia e un pochino di hamburger e la cena è servita.

Dopo un anno di distanziamento e quarantene, la partita di calcio è solo il pretesto per stare insieme e chiacchierare un po’ ma non troppo. Chi mi conosce sa che non amo particolarmente il calcio, a malapena conosco le regole del gioco, ma quando c'è la Nazionale anche io sento quell'adrenalina nello stomaco che mi fa stare incollata di fronte allo schermo. Ho esultato, urlato, cantato, brindato di fronte a un risultato sudato e meritato. Ho apprezzato i giocatori dell’Italia per il loro corretto comportamento, per l’essere stati sportivi, solidali nell’aiutare gli avversari a terra, per averci creduto dal primo all’ultimo minuto ribaltando un risultato che sembrava segnato dopo due minuti dal fischio iniziale. È proprio vero che le sorti di un match si possono modificare, bisogna crederci fino in fondo, senza dare nulla di scontato, vittoria o sconfitta che sia. Quante parole mi sono frullate in testa durante la partita: campo, squadra, condivisione, ruoli, fatica, vittoria. Se ci pensate anche la malattia è una partita importante da vincere che si gioca nel campo dell’ospedale oncologico.

Come un mondiale spesso anche durante il percorso oncologico si vivono momenti di sconforto, di paura, di lacrime, di gioia, di allenamenti continui, di piccoli passi in avanti verso il traguardo e se porti a casa il risultato ciò che senti è una emozione indescrivibile di gratitudine. Qualunque risultato su un campo da gioco, come nella malattia, può essere conquistato solo se si è "INSIEME" alle tante figure che ti ruotano intorno, se si lavora in modo sinergico e se ognuno dà il meglio di sé, solo così ci si può definire SQUADRA. Io il mio trofeo l’ho conquistato 6 anni fa e ogni tanto lo guardo con orgoglio. Ora però è tempo di festeggiare, stappiamo lo spumante e riprendiamo a brindare e a urlare "campioni d’ Europa".