Truth will set you free

Truth will set you free

  • di Redazione
  • 19 Ottobre 2018
  • La collana di perle di Giulia

Ritorna il consueto appuntamento del venerdì con la rubrica curata dalla nostra amica Giulia Muntoni

Che avrei perso l’intero seno l’ho saputo molto presto. L’unica incognita, fino alla sera prima dell’intervento, restava se me lo avrebbero ricostruito subito oppure no. E quando la giovane sostituta del mio chirurgo, passando tra le camere delle operande, con noncuranza e in malo modo ha confermato che no, non si sarebbe potuto fare perché sospettavano che il tumore avesse infiltrato il muscolo del pettorale, le lacrime che hanno iniziato a scorrere, calde e salate, mi hanno permesso di sfogare tutto lo sconforto che l’adrenalina aveva tenuto a bada. Non mi è successo spesso, durante quell’anno di cure, di essere sopraffatta dalla paura. Una volta appresa la situazione, però, le cose hanno seguito il loro corso. Così, alla fine, è arrivata anche l’accettazione. Come un bambino entrato per caso nella gabbia di un leone feroce che si avvicini cauto ad accarezzarlo e, dopo lunga esitazione, ci riesca, a un mese dall’intervento son riuscita a togliere la medicazione e a guardarmi. È proprio vero che ci si abitua a tutto. Da allora quella versione di me si è sovrapposta alla "me" precedente e io l’ho amata come se fosse naturale, come se ci fosse sempre stata. 

Un mese. Poteva andare molto peggio. Per me è sempre stato fondamentale sapere. Se so, posso accettare.

Molto più arduo è stato avere a che fare, mesi dopo, con la chemio. Gli effetti collaterali hanno iniziato a colpirmi a raffica e in maniera imprevedibile e ben presto ho capito che non ci sarebbe stata una regola, un preavviso che potesse preparami agli attacchi più duri. Eppure, sapere esattamente quante infusioni mancavano ogni volta alla fine, ha dato un ritmo alle settimane, avvicinandomi a poco a poco alla luce in fondo a quel tunnel.

Sei mesi son sembrati anni. Ma son passati.

Quindi "uscii a riveder le stelle". Ma il cielo che ho trovato non è mai più stato sereno. La somma dei miei malesseri costanti e, questa volta, prolungati nel tempo, risponde a vari nomi. Fatica cronica post chemio e terapia ormonale sono i principali.
Se prima avevo messo tutta me stessa, la mia positività, la mia adrenalina e la mia corazza di luce, nel progetto da affrontare, per superare quello che sulla carta sarebbe stato il periodo più infernale, da quattro anni a questa parte mi ritrovo a non poter fare molto altro che osservare.

La mia vera mutilazione non è stata perdere un seno ma vedere, giorno dopo giorno, la mia autostima sgretolarsi. Sapevo che il seno, prima o poi, poteva essere ricostruito. Ma lo smacco più insopportabile per una persona positiva come me è stato ritrovarmi scarica, stanca, logorata e sfiduciata, sentirmi diversa dalle persone della mia età, ma senza più esserne orgogliosa.
Eppure, anche adesso che son qui a constatare lucidamente quanta strada possa separarmi da quello spirito indomito che avevo un tempo, sono sicura che ce la farò. Amo troppo la Vita per non farlo.
Se ne parlo non è certo per indugiare nell’autocommiserazione. 
Lo faccio sia per gli altri che per me. Per gli altri perché credo che sia un dovere che chi assiste da fuori sappia.  Per me perché credo fermamente che il primo passo verso l’amore incondizionato nei confronti di me stessa sia ripartire dall’onestà più assoluta.