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  • di Redazione
  • 15 Dicembre 2023
  • La collana di perle di Giulia

Torna l'appuntamento con l'amica Giulia Muntoni che ci parla di un misto di emozioni in bilico tra chi si era e chi si è diventati

Quasi esattamente tre anni fa mi sottoponevo al sesto intervento chirurgico della mia vita per rimuovere un nodulo che, per la seconda volta, si sarebbe rivelato maligno. La mia sesta anestesia. La sesta volta in cui mi è toccato trovare la concentrazione psicologica per essere presente a me stessa abbastanza da accettare e affrontare quello che sarebbe venuto.
Non ho familiarità genetica al tumore, eppure è successo. Due volte.
Sul momento si salta e si spera di non schiantarsi. Salvarsi è tutto. Ma, se si sopravvive, quando si sopravvive, bisogna capire chi si è diventati. Quali pezzi di noi abbiamo lasciato incustoditi mentre eravamo impegnati a non morire. Io questo inventario lo sto ancora facendo. Perchè questa seconda volta sembra non finire mai. Vivo sospesa, presa a schiaffi da una terapia che deve andare avanti a oltranza, perchè questo corpo, tormentato e stanco, non si ritrasformi in una bomba innescata.

Tantissimi parlano di "lotta" e di "guerrieri",  ma come si può essere ostili verso una parte di noi? È più un affidarsi e fidarsi che le vere armi funzionino.
La diagnosi cattura l’attenzione come un urlo nel silenzio. Ma il tumore bisbiglia. Come un maestro severo, spiega poco e bisbiglia le risposte giuste. Una volta sola. Non ripete per chi non è attento. È un codice completamente nuovo da imparare, una lingua straniera. E, come tutte le lingue straniere, anche dopo averla imparata svanisce lentamente, se non viene praticata. C’è un altro problema, forse il più grande: non è un linguaggio universale. Ognuno deve trovare il suo. Tra le sfide del "durante" è questa la più subdola che affronto. Giorno dopo giorno dopo giorno. Oscillo tra lo sforzo di ricordare quello che avevo imparato e la sfida di creare un nuovo linguaggio per esprimere quello che sento.