Leggerezza e spensieratezza avvolgono la perla dell’amica Giulia Muntoni, regalando, come sempre, tanta, tantissima poesi

Ormai sorrido quando sento usare e abusare il termine "resilienza". Non a caso lo si usa tantissimo quando si parla di pazienti oncologici. Senza nulla togliere al vocabolario degli altri, io ne ho sviluppato un mio personalissimo significato. Non tanto un valore di ostinata resistenza, quanto la determinata, costante, pulsante azione di improvvisazione nell’inventarsi una soluzione. 
Per me, lo spessore di una persona si vede nel modo in cui riempie i vuoti che la vita gli presenta, che sono come agguati tesi per testare quanto contenuto sia capace di produrre.  Perché, a volte, la sfida più grande consiste nel reagire all’inerzia e all’apparente nichilismo senza spazientirsi, nel fluire tra gli ostacoli che si presentano per ingabbiarci, nel mantenere la fiducia che saremo noi l’antidoto più efficace contro l’avvilimento. Noi e quegli infiniti, variopinti mondi che spesso dimentichiamo di racchiudere. La leggerezza, che tanto mi incaponisco a cercare e raramente abbraccio, non la forza, resta la chiave più diabolica di qualunque armamento.