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  • di Redazione
  • 14 Dicembre 2018
  • La collana di perle di Giulia

Ritorna il consueto appuntamento del venerdì con la rubrica "La Collana di Perle di Giulia" curata da Giulia Muntoni

Non esistono sentimenti lineari, semplici, o almeno non ne esistono molti. La maggior parte degli stati emotivi che ci attraversano sono variopinti e complessi, formati da mille sfaccettature, impossibili da catalogare. Solo un tempo, forse, da bambini abbiamo conosciuto emozioni abbaglianti come un faro, e pure come un fiocco di neve che non si sia ancora posato a terra. Se solo potessimo ancora provare gioia senza preoccupazione o rimorso, amore senza rabbia o nostalgia o tristezza, speranza senza paura. Se il nostro sentire potesse essere di nuovo "completo" e non frammentato in mille schegge variegate, che restano infilzate nei posti più impensati del nostro spirito. 

Ma vi è una differenza sostanziale: non siamo più bambini. Per apprezzare la vita nelle sue infinite sfumature, non possiamo che concedere udienza a sentimenti diversi, spesso anche opposti tra di loro, nello stesso momento. E’ questo, in fondo, che ci rende maturi, che ci dà una misura di quanto si sia evoluta la nostra sensibilità.
In tutto ciò, la diagnosi cattura l’attenzione come un urlo nel silenzio. Ma il tumore bisbiglia. Come un maestro severo, spiega poco e bisbiglia le risposte giuste. Una volta sola. Non ripete per chi non è attento. Nessuna redenzione concessa ai distratti. E’ un codice completamente nuovo da imparare, una lingua straniera. E, come tutte le lingue straniere, anche dopo averla imparata svanisce lentamente, se non viene praticata. C’è un altro problema, forse il più grande: non è un linguaggio universale. Ognuno deve trovare il suo. Tra le sfide del "dopo", è questa la più subdola che affronto. Giorno dopo giorno dopo giorno. Oscillo tra lo sforzo di ricordare quello che avevo imparato e la sfida di creare un nuovo linguaggio per esprimere quello che sento.