In the deep

In the deep

  • di Redazione
  • 24 Febbraio 2023
  • La collana di perle di Giulia

La nostra Giulia Muntoni ci sorprende ancora una volta con il contrasto tra il vivere il qui e ora e la speranza verso i progetti futuri

Spesso, da quando sono alle prese con nuovi problemi di salute, mi scopro incapace di riuscire a "restare" nella gioia e nel sollievo delle buone notizie. Le assorbo razionalmente, ma il mio cuore non si concede tregue. Un po’ è successo anche questa volta.  Scrivere, di sicuro, mi aiuta: riporta alla luce tutto quello che giace sepolto sotto la sabbia, nel buio del mio fondale marino e che, nella vita di tutti i giorni, non sempre ho tempo di fermarmi ad analizzare.

Dopo quasi dieci anni, sto ancora scoprendo quanto e come i tumori mi abbiano cambiato la vita. Lasciamo stare il corpo: la stanchezza cronica, che pensavo sarebbe sparita una volta terminati gli anni di terapia ormonale. Ora, con le nuove terapie ho la certezza che non se ne andrà. La mia età anagrafica non coinciderà mai più con quella fisiologica. Ma c’è una cosa che non vi diciamo e, forse, non diremo mai a voi che non ci siete passati: la gratitudine e un accresciuto amore per la vita non sono le uniche cose che il cancro può lasciarti. Certe cose le perdi: io ho capito solo da poco, per esempio, di non avere più un obiettivo. E questo è imperdonabile. Forse ho smesso di averlo quando mi sono focalizzata sull’importanza di vivere il presente, dimenticandomi però che senza un punto a cui tendere, un fine, un vero scopo, la vita non fluisce. O forse, in gran parte, è dovuto a una cosa che, invece, il cancro mi ha lasciato. Una consapevolezza che mai avrei dovuto avere a 33 anni e invece mi è piombata addosso in mezzo minuto: il senso della mia fragilità.

Non intendo il concetto filosofico di caducità del tempo, che è utilissimo da tenere presente per vivere con maggiore consapevolezza il "qui ed ora". No, parlo proprio della paura di morire. E quella tentazione di pensare: "Costruire, conoscere, amare, investire negli altri e in noi stessi e poi? A che pro?" Quanto è nichilista questo pensiero? E quanti anni luce lontano dal mio modo di intendere la vita? Io, che cerco sempre di imparare dal negativo per ricavarne almeno un insegnamento. Io, che questo insegnamento spesso lo imparo e ne faccio poi il binario delle mie giornate, o almeno ci provo. Ho ben presente il rischio di essere ingrata, la gioia che può sgorgare all'improvviso da un momento qualunque, la ricchezza dell’inaspettato, la luce purificante che filtra dalle ferite insieme al sangue. Eppure, questo tarlo, questa scheggia sottopelle mi vive dentro, sotto l’anima, e lì rimane, insieme al resto di me. Ignorarla non sarebbe possibile, né sano.