Sa manu m’as dadu, amore, pro caminare impare a tie in sa vida!

Sa manu m’as dadu, amore, pro caminare impare a tie in sa vida!

  • di Redazione
  • 10 Maggio 2022
  • Amor vincit omnia

L’amica Daniela Zedda ci prende per mano conducendoci in un viaggio colmo di emozioni e profondi pensieri

DISCLAIMER: Perché L’ARTE È MAGIA, e la magia si nasconde sempre dietro a CHI LAVORA CON IL CUORE… 

Ogni ricorrenza, adesso per me assume un significato differente, e la Festa della Mamma, è sicuramente una delle più significative. Viverla con una consapevolezza diversa è l’esteriorizzazione della GRATITUDINE che provo per una vita che è stata beffarda, ma che mi ha concesso, comunque, ancora TEMPO, e tanto di cui godere. Nei tantissimi anni in cui ho lavorato alla scuola dell’infanzia, per la Festa della Mamma abbiamo sempre insegnato una canzoncina, e tra le mie preferite, sicuramente c’è sempre stata "La ninna nanna del chicco di caffè". Quando l’ascolto mi tornano in mente le parole della mia bambina "Io vorrei solo una cosa!", mi dice sempre da due anni a questa parte, con occhi pieni di speranza e di viva emozione. Il suo più grande desiderio rimane sempre e solo uno, sempre e solo quello, che la sua mamma GUARISCA. La situazione è quella che è… ma non mettiamo limiti al destino, nonostante l’evidenza. Non si sa mai. Tutto è possibile, anche l’impossibile. Lo diceva anche la moglie del grande matematico, Jhon Nash "Ho bisogno di credere che qualcosa di straordinario sia possibile"…quindi, perché no? Vediamola così. Magari, è un appuntamento solo rimandato. Testa tra le nuvole e piedi ben piantati in terra, sii realista ma non smettere mai di sognare, questo è sempre stato il mio motto. E intanto, mi ripeto, viviamo il presente, pienamente. E’ accaduto, invece, che la sorte abbai deciso che la Festa della Mamma dovessimo trascorrerla dentro le mura di un ospedale, non per me, ma per lei! Certo che la vita quando ci si mette è veramente dispettosa! Lei, la mia piccola organizzatrice di sorprese, quest’anno ha dovuto rinunciarvi, ma…va bene così, perché il REGALO PIU’ GRANDE è stato quello di aver potuto trascorrere questa giornata insieme, nonostante tutto. La travolgente bellezza delle piccole cose.  

Quando si sceglie di diventare genitori si decide di assumersi una grande RESPONSABILITA’, quella di crescere un figlio, e un figlio non è un impegno momentaneo, un figlio è PER SEMPRE. Questo non significa che bisogna essere pronti a rinunciare a sé stessi, alla propria realizzazione personale, ma che ci aspetta un viaggio in tandem, in cui sarà necessario sostenerli, rassicurarli, essere presenti, ma anche capaci di lasciarli andare al momento opportuno, quando la vita lo richiede, quando sarà giunto, per loro, il momento di SPICCARE IL VOLO. Ci sono donne che desiderano diventare mamme più d’ogni altra cosa, altre a cui non interessa, e che trovano la propria realizzazione in altri ambiti, altre ancora che desiderano conciliare entrambe le cose. Non sta scritto da nessuna parte che una donna debba necessariamente diventare madre per sentirsi appagata, e non c’è niente di strano nel non desiderare d’avere figli e decidere di realizzarsi in maniera differente. Ci sono tante donne che non sono madri ma che sono delle buone educatrici, un buon esempio, delle ottime confidenti, un affetto importante per un bambino. Conosco zie e amiche che non sono madri, ma che hanno un rapporto meraviglioso con i nipoti, o i figli delle amiche. Sono scelte, personali, insindacabili. Io ho scelto di diventare mamma, e, come ogni altra mamma, desidero profondamente ESSERCI, esserci nella vita di mia figlia il più a lungo possibile, non fosse altro che per poterle ricordare di credere in sé stessa, che un ERRORE non è mai  tale se considerato come il TRAMPOLINO DI LANCIO PER UNA NUOVA PARTENZA, e per ricordarle anche che, a tempo debito, dovrà imparare a cavarsela da sola, a SCEGLIERE, e ad avere IL CORAGGIO E LA DETERMINAZIONE necessari per realizzare  i suoi sogni e desideri.  Per lei, come ogni buon genitore DESIDERO IL MEGLIO, ma il meglio non sarà la proiezione dei miei sogni, ma la realizzazione di ciò che lei, con il tempo, scoprirà d’amare e desidererà fare, ciò attraverso cui si SENTIRÀ LIBERA di sprigionare la sua energia, la sua passione, il suo vero sé. A volte i figli ci somigliano, a volte no. A volte seguono le nostre impronte, nella vita, altre volte no, seguono semplicemente IL MOTO DEL LORO CUORE, ed è giusto che sia così.  A volte genitori estroversi, hanno figli introversi e riservati, a volte il contrario. Ricordo di una volta in cui, parlando con una signora che aveva figli già cresciuti ormai, descrivendo la propria figlia disse che già da bambina sembrava "NATA VECCHIA". Era semplicemente una bambina molto seria, tranquilla, introversa, silenziosa. Con interessi differenti dai più. Anch’io da bambina ero così. "Nata vecchia". Un po' mi fa sorridere questa definizione. Non mi sono mai definita tale, di solito mi definivo una "bambina soprammobile", nel senso che dove mi mettevano rimanevo, sempre tranquilla, il mio libro e il quadernetto sottobraccio, inseparabili compagni d’avventure. ERO COSÌ, E MI PIACEVA ESSERE COSÌ. Essere spinta, obbligata ad essere qualcosa di diverso, in quel momento, sarebbe stata una forzatura. Sono cambiata in seguito, nel rispetto dei miei ritmi. Non penso che i bambini come lo sono stata io possano dirsi "nati vecchi", forse riflessivi, introversi, insicuri, ma è la vita che poi ti forma, e riequilibra gli opposti, che smussa gli angoli. La vita, le esperienze, la capacità che sviluppi di trarre insegnamento dagli eventi. In realtà, lo facciamo un po' tutti: quando vediamo un bambino troppo introverso o serio pensiamo che dovrebbe essere un po' più vivace, estroverso. Quando vediamo un bambino troppo vivace e attivo, pensiamo che dovrebbe essere un po' più tranquillo e calmo…ma, così facendo non rispettiamo la sua individualità…OGNI BRUCO HA I SUOI TEMPI PER DIVENTARE FARFALLA.  

Oggi sono mamma, sono cambiata, più estroversa, un po' meno vecchia, forse, secondo la definizione di quella signora, e ho una bambina che somiglia molto a me quando ero bambina. Una bambina nata vecchia, dunque. Una bambina nata vecchia che sta crescendo, e se l’anno scorso la nostra Festa della Mamma è stata veramente speciale, quest’anno è stata SICURAMENTE DIVERSA. E se gli ospedali sono stati teatro di tante mie giornate, questa volta lo sono stati per entrambe. E, in quest’ennesima avventura, che, sinceramente avrei preferito non vivere con lei, ci siamo ritrovate catapultate per un’intera giornata in un pronto soccorso di un ospedale, e nelle successive giornate in un reparto pediatrico di un altro, e lì per l’ennesima volta, ho avuto modo di constatare quanta UMANITÀ trasuda da quelle pareti. La varietà della razza umana, la sensibilità, la fragilità, la precarietà della nostra esistenza. E ti accorgi che la Sanità barcolla non tanto per l’incapacità o l’inadeguatezza del personale, quanto per la mole di lavoro che sono costretti ad affrontare, con poche risorse, sia logistiche che umane. E che, la carenza e la mancanza di risorse umane è un problema gravoso, soprattutto perché nella pratica, meno personale significa che quello presente, deve lavorare a regime sostenuto. Significa ritmi di lavoro frenetici e stressanti, che rendono ancor più difficili i rapporti con i pazienti già provati da una condizione di salute compromessa, e, quindi in quel momento fragili e svantaggiati. E, seppur vero che, come in ogni contesto anche in questo c’è chi si dimostra talvolta insensibile e superficiale, nella maggior parte dei casi ci sono persone che fanno più di quanto loro competa, e che spesso si ritrovano a dover affrontare problemi logicistici che allungano notevolmente i tempi di esecuzione. Ci lamentiamo spesso dell’inefficienza dei singoli presidi ospedalieri, dei ritardi e delle gravi mancanze, ma chi ha modo di osservare da dentro, comprende appieno che le mancanze, quando ci sono, spesso non dipendono dal personale, quanto dalle rigide e poco elastiche procedure, dalle lungaggini burocratiche, e dalle sempre più ridotte risorse finanziarie a supporto di un Sistema Sanitario, che diventa ogni giorno sempre più claudicante. E così, nostro malgrado, vista la circostanza, questa Festa della mamma ci ha permesso di conoscere e di esplorare un reparto pediatrico a dimensione di bambino, colorato, confortevole e accogliente, in cui abbiamo incontrato professionisti sanitari MAI AVARI DI PICCOLE MA FONDAMENTALI ATTENZIONI, preziosissime, in situazioni come questa. Ed è indubbio che, a conti fatti, l’unica contropartita di un Sistema che talvolta non funziona, rimane sempre L’ASPETTO UMANO: sono i sanitari con il loro approccio educato, la loro gentilezza, la delicatezza e l’interesse profuso nei confronti del paziente, a tamponare alle mancanze di un Sistema Sanitario che spesso rende anche a loro la vita difficile. Sono le PERSONE che fanno la differenza, la sensibilità, l’umanità, lo spirito d’abnegazione con cui si approcciano al loro mestiere, che anche nelle situazioni più impensate finisce sempre per venire fuori. E se è vero che IL LAVORO NOBILITA L’UOMO, LAVORARE CON IL CUORE è sicuramente UN’ARTE SENZA EGUALI.