

Una Pasqua diversa
- di Redazione
- 14 Aprile 2020
- Rita, poesie e non solo
Ritorna l’imperdibile appuntamento del martedì con la rubrica curata dalla nostra magica Rita Meleddu
Lascio alla prossima volta il finale della mia avventura ospedaliera, per parlare, visto che è il periodo, della Pasqua segnata quest'anno dal Coronavirus, che ha ormai coinvolto tutto il mondo, o quasi. Vedere alla televisione le città deserte è tristissimo, tutto tace, la vita però continua, dietro le finestre dei palazzi alti, delle città e dentro le case dei paesi e delle campagne. Dappertutto, tutto tace, ma vive, con la paura di uscire, paura di prendersi il contagio; perché questo nemico subdolo e invisibile si può nascondere in ciascuno di noi. Penso che questo periodo difficile sia per tutti un momento di profonda riflessione.
Cosa ci vuole far capire il virus così temuto, che stiamo imparando a nostre spese molto bene, ma che fino a pochi mesi fa, neppure conoscevamo?
Ci sta facendo capire che può fare dell’uomo (che si crede padrone assoluto del mondo) quello che vuole, fino a distruggerlo, come stava facendo. In realtà l’uomo è una formichina se confrontato alla forza immensa della natura, che lo scuote se vuole (pensiamo solo ai terremoti o agli uragani devastanti). E noi ci ritroviamo impotenti, e possiamo riprendere a costruire la nostra vita, solo quando sarà terminata la furia distruttrice della natura che non fa le cose a caso, tutto è come pensato, e lei stessa fa in modo che l' uomo ricostruisca quello che lei ha distrutto. È sempre stato così, come per i terremoti, gli uragani, le terribili inondazioni, gli incendi... Poi però l' uomo si rialza, seppur a fatica, e ricomincia a costruire, ritorna a vivere la sua vita. Ci sono state altre calamità ed emergenze sanitarie nel corso dei secoli, basti pensare alla peste, alla Spagnola, la terribile influenza dei primi del novecento, al Vaiolo e a tante altre sciagure abbattutesi sugli uomini, decimando intere popolazioni. E ora, in questo nuovo secolo, è arrivato il Coronavirus a farci soffrire tutti, perché nessuno può pensare di essere immune da questo flagello, tutti possiamo esserne colpiti, anche stando in casa, ma certamente in modo molto minore di chi deve necessariamente uscire, per lavoro, per fare la spesa, per motivi di salute; o in modo minore anche di quegli incoscienti che se ne vanno bellamente in giro, alla faccia delle restrizioni imposte dal governo, mettendo a rischio sé stessi, e (permettettemelo, chi se ne frega) gli altri. Forse non hanno ancora capito che il Coronavirus uccide e che prima si soffre tantissimo.
Ma come ha inciso il Coronavirus sulla Pasqua e sui riti, a noi credenti tanto cari? Questa Pasqua non abbiamo potuto partecipare fisicamente a questi cerimoniali, le chiese erano deserte, ma abbiamo potuto seguirli alla televisione o attraverso i social, e ci siamo uniti spiritualmente a Gesù, abbiamo vissuto la sua Passione, ma poi la sua resurrezione e il trionfo sulla morte.
Sin da piccola sono stata affascinata dai riti della settimana santa, ricordo la chiesa piena nei giorni dedicati alle Quarantore, giorni in cui il Santissimo Sacramento visibile nell'ostensorio, che contiene l'Ostia consacrata, viene esposto sull'altare per l'adorazione da parte dei fedeli. Rimanevo incantata dal silenzio che regnava nonostante il grande afflusso di persone. Erano momenti di riflessione e unione con Gesù, che non aspetta altro che noi andiamo a tenergli un po' di compagnia, e a esporgli le nostre ansie e preoccupazioni, fidandoci di lui, come dell' amico più fidato. Noi ormai abbiamo sempre fretta, abbiamo però tempo per tutto, ma non per lui, ecco che ci pensa il Coronavirus a ridimensionarci un po'. Ora tempo ne abbiamo fin troppo. Ricordo che le sante Quarantore, erano occasione per le confessioni, e ricordo che allora (parlo sempre della mia infanzia e giovinezza), nella nostra chiesa, c'erano almeno 4 confessionali, con altrettanti sacerdoti, che però erano anche in numero maggiore, e che si doveva pazientemente aspettare ore e ore per potersi confessare, a dimostrazione che grande era la partecipazione dei fedeli. L'apertura delle Quarantore era una cerimonia bellissima, così come la chiusura: l'altare in festa, pieno di fiori. Ricordo che noi bambine ripetevamo a memoria, storpiandole, tutte le orazioni in latino, nonostante ciò, le dicevamo lo stesso, e ancora adesso le ricordo, non sono migliorata, e le storpio ancora. Ma credo che Dio gradisca il buon cuore. Continuava poi il periodo di Quaresima, e si arrivava alla settimana santa. I riti cominciavano con il giovedì Santo, con la cerimonia che ricorda l'ultima Cena di Gesù, con l'Istituzione dell'Eucaristia e la lavanda dei piedi da parte di Gesù verso i discepoli. Alla fine della celebrazione del giovedì Santo viene tolto ogni ornamento dall'altare, compresa la tovaglia e l'assemblea dei presenti si scioglie in silenzio. Cominciano le ore più lunghe e tristi di Gesù. La notte alle 11 si tornava in Chiesa per pregare durante l' Ora Santa, davanti all'altare della reposizione. Quest'ora di preghiera ricorda la preghiera che fece Gesù nell' Orto degli Ulivi, la vigilia della sua morte, nella notte tra il giovedì e il venerdì Santo.
Si arrivava al Venerdi Santo in cui i riti erano ancora più lunghi, ricordo che iniziavano alle 4 del pomeriggio e si concludevano verso le 7. Culminavano poi con la processione del Cristo morto per le vie del paese. Ho sempre avuto una predilezione per il Venerdì Santo. Nei riti si rievocavano la Passione e la morte di Gesù. Si leggeva il passo del Vangelo che ricordava appunto la Passione, dall’arresto di Gesù, il processo e la consegna da parte di Pilato alla folla che lo dileggiava e lo voleva morto, la Via Crucis, la salita al Calvario le quindi la sua morte. Questa lettura, eseguita da 3 lettori, era lunga, ma molto sentita dai fedeli che ascoltavano in religioso silenzio. Seguiva l'adorazione della Croce, e come detto, la processione.
Il Sabato Santo, ancora silenzio, ma finalmente si arrivava alla Messa della notte, notte in cui Gesù risorge. Le campane che finora erano zitte in segno di lutto, tornano a suonare a distesa, e annunciano che Gesù è risorto. La Chiesa è nuovamente vestita a festa. La domenica si celebra la messa solenne con la processione dell'Incontro, "S' Incontru" in sardo, durante la quale la Madonna è già vestita a festa, ma porta ancora sul capo il velo del lutto e incontra suo figlio risorto. Per tradizione Gesù e la Madonna non devono incontrarsi prima; quindi Gesù veniva fatto uscire per primo dal portone principale della Chiesa; la Madonna da un altro lato. Una persona era addetta a guardare ed avvisare quando Gesù usciva, in modo che non si incontrasse anzitempo con la madre; quindi questa persona esclamava: "Uscite!" E si usciva con la grande emozione di poter partecipare a questo incontro. Le due processioni proseguivano il loro tragitto e culminavano con l'Incontro tra Gesù e sua madre che avveniva nella piazza al centro del paese e veniva salutato da colpi di fucile caricati a salve; non appena Gesù e Maria si incontravano e si eseguivano tre inchini. A questo punto una donna toglieva alla Madonna il velo nero, simbolo di lutto, e lasciava spazio al quello bianco, simbolo di gioia. Si tornava allora tutti in Chiesa, per la celebrazione della festa.
Ecco riassunti in breve i riti della settimana. Fino allo scorso anno li ho vissuti così; e con me moltissimi altri fedeli, e invece, quest'anno, solo silenzio...
È stato un silenzio triste, ma anche fruttuoso di riflessioni. Triste vedere le chiese vuote, soprattutto la nostra amatissima Basilica di San Pietro, simbolo del cristianesimo, che siamo abituati, da sempre, ad ammirare piena, come pure la sua immensa Piazza. Abbiamo potuto assistere alle Celebrazioni da parte del Santo Padre, anche lui solo, e al suo fianco solo pochissime persone. Eh, si, questo Coronavirus ci sta togliendo molte cose importanti, anche quella più importante, la morte di tantissime persone. E di fronte a questa sciagura… Ancora silenzio. Tristissima, ma simbolica, l'immagine del Papa, in una giornata buia di pioggia, sul sagrato della Basilica, con la piazza ancora una volta vuota, ma che quasi parlava, pregava e gridava insieme al successore di Pietro, Misericordia a Dio e invocava dinanzi all'immagine di Gesù Crocifisso e di sua madre che venisse allontanato dal mondo intero, il flagello del Coronavirus. E il giovedì Santo, celebrato dal Santo Padre, ancora in solitudine, ma in tanti uniti spiritualmente a lui. Che dire del venerdì Santo, giorno del silenzio e dolore per eccellenza?
La Via Crucis, rievocata ogni anno dal Papa ai fori imperiali, e seguita fisicamente da una grande folla, quest'anno si è tenuta in piazza San Pietro ancora vuota, in un silenzio sacro, con la sola partecipazione di pochi, tra ex detenuti, medici, infermieri, volontari e sacerdoti. Bellissime le riflessioni scritte da queste persone. La privazione della libertà, i reati compiuti, il dolore proprio e della famiglia, vergogna per il pentimento e per i reati commessi. Sono state esposte tante altre riflessioni: il riscatto quando arriva la fine della pena e si può ricominciare una nuova vita; ma anche la paura di non avere un luogo in andare una volta scontata la pena, e di venire sempre e ancora considerati dalla società, uno scarto. Queste e altre considerazioni, come non vedere nella sofferenza di queste persone, Cristo? Deriso, umiliato, giudicato (ma quanto siamo bravi e pronti a giudicare sempre), offeso, scartato, messo da parte come uno straccio vecchio. Mentre la Croce passava di mano in mano, e la sofferenza di Gesù aumentava nella solitudine carica di dolore, come non riconoscere i tantissimi malati di Coronavirus, che vivono la malattia in solitudine, senza il conforto dei familiari, e che sono soli per chi muore, nell'ora più buia e angosciosa di ciascuno di noi? E come non riconoscere nei medici e gli infermieri che li assistono con amore, la Veronica che asciuga il volto di Gesù dalle lacrime e dal sudore mentre sale al Calvario, o il Cireneo che lo aiuta a portare la Croce quando cade, o lo sguardo amorevole ma carico di dolore di Maria quando incontra il figlio sofferente, e il dolore del figlio le trapassa il cuore come una lama. E però lo sguardo di Maria pieno d'amore, sostiene il figlio e gli fa capire che non è solo. Così pure i medici e gli infermieri, che curano questi nostri fratelli e cercano di non farli sentire soli. Sì, Gesù sale solo e angosciato verso il Golgota, va a compiere il suo destino già segnato, poteva rifiutarlo ma non l'ha fatto, è morto in croce per noi, ma poi a Pasqua risorge, la morte è vinta e sconfitta e allora sarà festa grande.