

Un giorno felice
- di Redazione
- 27 Agosto 2019
- Rita, poesie e non solo
Continuano le storie dell’amica Rita Meleddu che ha sempre interessanti aneddoti da raccontare.
Osservo una foto scattata in una splendida giornata di sole nel mese giugno, due anni fa. Ci sono 4 donne sorridenti, Enza, Monica, Antonella ed io. L’immagine, nella sua modernità non ancora intaccata dal passato, che inevitabilmente la invecchierà, potrebbe essere stata scattata ieri o poche ore fa. Sorridiamo felici guardando l' obiettivo ed Elio che immortalava il momento. Noi sorridiamo ma perché eravamo davvero felici. Osservo e mi sembra impossibile che le mie amiche non ci sono più, non ci sono più a dirmi di tenere duro, a sostenermi e a sostenerci l'un l'altra come facevamo, no, loro non ci sono più e la foto adesso raggiunge i connotati di un' immensa tristezza e nostalgia.Fu scattata poco prima di lasciarci e lo facemmo con l' intento di rivederci al più presto. Così non fu, poco tempo dopo Antonella dovette cedere alle persecuzioni della malattia, lo stesso fece dopo alcuni mesi Monica e per finire, neppure un mese fa, Enza. Chi l' avrebbe detto? Potevo forse immaginare che sarebbero andate via Antonella e Monica, ma non certo Enza: lei era nata per viaggiare in luoghi avventurosi dove non sarebbe delle volte passato in testa neppure alla persona più sana e giovane di andarci, ma lei, sì malattia o no, ogni tanto partiva con l'amato marito che la seguiva sempre. Enza, il martedì condivideva i miei racconti e mi stimava tantissimo per il modo in cui prendevo la malattia e l'affrontavo, io del resto avevo e ho, perché la morte ci ha solo momentaneamente separate, tantissima ammirazione verso di lei, anche solo per il fatto che stando bene o stando male, ogni tanto partiva. Antonella l' ho conosciuta poco ma era un tipo tosto, si vedeva subito, combattiva, non si faceva mettere sotto dalla malattia. Monica... Diventammo presto amiche, ci accomunavano tante cose, non ultima l' essere sarde, mentre Enza e Antonella erano lombarde.
All' epoca Monica, già con metastasi diffuse al fegato, voleva tentare con il Palbociclib che però a Sassari non si trovava ancora. Allora mi telefonò e ricordo che in quel momento ero in ospedale in terapia, lei mi chiese se per caso sapessi se a Cagliari prescrivessero il Palbo (lo chiamiamo così in confidenza), le risposi che mi sarei informata, e lei : "Se c'è fammi sapere così scendo a procurarmelo, devo averlo assolutamente, non mi resta ormai molto da tentare.
In quel momento mi venne in mente un drogato che deve necessariamente "procurarsi" la droga per andare avanti. Ecco, Monica voleva drogarsi di questa terapia nella quale credeva tantissimo e che era forse la sua ultima possibilità. Mi pare che Monica rifiutò un altro trattamento a favore del Palbo che però non portò i risultati sperati in quanto era ormai impossibile domare un fuoco che innescatosi dapprima silente, piano piano prima, poi sempre più veloce e potente si era insinuato in lei. Uso spesso quest' analogia tra fuoco e cancro, perché credo che riesca a rendere l' idea. Come il fuoco che inizia dapprima lento ma poi sempre piu vorace perché alimentato talvolta da venti impetuosi, che nessun' acqua riesce più a spegnere ma riesce solo a porre un piccolo freno tra il fuoco e la vegetazione da bruciare, così pure il cancro, quando comincia ad alimentarsi di sé stesso non lo fermi più
Monica, e mi sembra ancora impossibile e irreale, ci lasciò nel febbraio del 2018 e oggi, cosa che non faccio mai perché mi fa troppo male, ho voluto riascoltare il suo ultimo messaggio vocale che risale a gennaio del 2018 e dunque a un mese prima della sua partenza da questa vita. È stato un colpo al cuore sentire la voce di Monica, voce che era impressa nella mia mente e nel cuore, e che a me piaceva tanto con la sua bella cadenza sassarese. Nel messaggio si diceva molto stanca ed essendo lei come me ( parole sue ), una persona molto attiva, non voleva ridursi a passare quel che le restava da vivere chiusa in casa, ma soprattutto credo che intendesse che voleva mantenersi indipendente e non arrivare a dipendere dagli altri, in tutto e per tutto. Poi con la sua solita generosità mi ha parlato dell' amore (che condivido) per le giovani metastatiche che conoscevamo in quanto appartenenti al nostro stesso gruppo facebook. Ecco, Monica aveva come una pena per queste giovani donne, la vita era stata ingiusta con loro, noi eravamo già adulte, ma c'erano in quel periodo ragazze metastatiche che ora purtroppo non ci sono più e che hanno lasciato bimbi piccoli e tanto dolore...
Non so se ho fatto bene ad ascoltare il messaggio di Monica, ora mi sembra che lei sia ancora qui, la voce fissata in un messaggio che se io non cancello, rimarrà per sempre. Ascoltarla mi fa sembrare di averla vicina, ma lei ora vive in una dimensione in cui a me per il momento non è dato entrare. I messaggi lasciati da Enza non li voglio sentire, troppo recente il distacco da lei, mi farebbe ancora più male...
Enza… Enza era come Monica (si erano trovate, amate e si chiamavano socie), amanti della vita in tutte le sue sfaccettature, del buon cibo e dei viaggi. Enza era una viaggiatrice nata, fino a che la salute glielo ha permesso, fino a qualche mese fa, girava per il mondo, nel vero senso della parola. Non sapeva stare a casa a pettinare le bambole. Tornata da un viaggio in luoghi tra i più sperduti e lontani del mondo, appena possibile ne programmava un altro. Partiva in compagnia del marito e via alla scoperta del mondo. Si organizzava per portarsi i farmaci, e fin qui niente di strano, ma ci sono alcune chemio che vengono prescritte sotto forma di compresse da assumere giornalmente o per alcuni periodi, che però necessitano di essere conservate in frigorifero ad una certa temperatura. Allora Enza consultava le compagnie aeree con le quali avrebbe viaggiato per capire se poteva portarsi dietro un mini frigo, riusciva quindi a gestire i farmaci, ma il problema sorgeva quando doveva soggiornare in villaggi in cui non sapevano neppure cosa fosse un frigo. Quindi bisognava andare alla ricerca di un luogo che le potesse garantire la buona conservazione dei farmaci. Nel nostro gruppo facebook Enza teneva una sorta di rubrica "Dove si dorme?", dove lei filmava gli alloggi nei quali avrebbe dormito e noi amiche seguivamo con curiosità perché Enza poteva trovarsi a dormire in alberghi di lusso come invece per terra, sì, proprio per terra. Una volta le chiesi: "Enza, non hai paura degli insetti?" Io ne ho terrore ad esempio, e mi faccio l' idea che se tra me e il presunto insetto, metto una certa distanza questo non mi sale addosso, come se un insetto se vuole venirmi a trovare si faccia influenzare da qualche centimetro che tiene sollevato il letto dal pavimento! Lei naturalmente mi rispose che non aveva nessuna paura degli insetti e lo dimostrava appunto dormendo dove capitava. Enza, era curiosità pura, nulla la fermava, ha fatto cose e fatiche che io al solo vederle o sentirle raccontare stavo male e mi stancavo, ma questo creava, per me, nei suoi confronti, un'ammirazione ancor più incondizionata. È famosa una sua avventura durante uno degli ultimi viaggi, non ricordo più dove, in cui si inerpicò per il fianco di una montagna. Ancora mi chiedo come abbia potuto fare, ma al momento di scendere non se la sentī (anche lei era umana) e per riportarla a valle dovette intervenire la "bamboo ambulance" che altro non era che non una sorta di amaca nella quale Enza venne fatta accomodare. Vedere il video che documentava il tutto fu una scena gustosissima: due o più baldi giovani del posto provedettero a riportarla a valle! Ogni volta che ne accennavo a Enza venivo colta dalla ridarella rivivendo la scena. Grazie Enza di tutto ciò che mi hai regalato.
Antonella? Antonella l' ho conosciuta il giorno in cui è stata scattata la foto e ho potuto constatare che era tosta quanto e più di me, Monica ed Enza messe assieme, e piena di voglia di vivere, di aggiungere giorni belli alla sua storia. Eppure anche lei, alla fine, ha dovuto capitolare di fronte alla cattiva malattia. Ci sarebbe ancora tanto da dire sulle mie amiche, ci vorrebbe un libro, però voglio ricordare un episodio che le riguarda. Proprio in quei giorni Monica, Enza, e Antonella si trovavano insieme in vacanza in una località del nord della Sardegna, e quello era il periodo in cui il Palbociclib ( farmaco speranza per molte ), non era ancora disponibile in Italia, Monica come detto in apertura di racconto, desidera fortemente avere il farmaco, riponeva enorme fiducia in esso. E allora per sensibilizzare, diciamo così, chi di dovere, scherzosamente, ma mica poi tanto, con Enza e Antonella scrissero dei versi, dedicati al Palbociclito, ne fecero un rap bellissimo e lo pubblicarono sul nostro gruppo. Le mie amiche, non per dirlo io, erano bellissime, abbronzate, vestite con abiti con i colori vividi e caldi tipici dell' estate, e con una presenza scenica notevole. Qualcuna mi pare avesse un indumento turchese e avevano alle spalle una piscina che rifletteva l' acqua dello stesso colore. Fecero tutta una tirata, cantavano e si alternavano. Ricordo il ritornello: "Hai capito Palbociclito?" Magnifiche e spettacolari. Tanto di cappello, che tra l'altro Monica amava portare. Il Palbo non le ha potute salvare, ma per me loro sono le mie eroine, perché si sono battute fino alla fine, e non hanno perso nessuna battaglia. Guardo ancora una volta la foto, le saluto, prometto di non dimenticarle mai e lascio al passato e ai ricordi una bellissima giornata di due estati fa...