

Rimanere attive
- di Redazione
- 1 Ottobre 2019
- Rita, poesie e non solo
Ritorna l'imperdibile appuntamento del martedì con la rubrica curata dalla nostra magica Rita Meleddu
Anche nella malattia, finché si può, bisogna cercare di rimanere attivi, sempre! Conosco persone che, pur avendo una patologia avanzata, continuano a lavorare, i motivi sono tanti e non tocca a me elencarli o spiegarli. Lo fanno finché possono non perché ne abbiano piacere, ma perché costrette da tante cause, non ultima la paura di essere licenziati con tutto quello che ne consegue. Dicevo che per quanto si può non bisogna permettere alla malattia di prendersi tutto il nostro tempo, altrimenti è fatta. Occorre cercare di non abbattersi pur stando male. Le mie infermiere, in tanti anni di assistenza domiciliare non mi hanno mai trovato seduta a piangere recriminando sul mio triste destino. No, no, spesso le ho accolte alle prese col ferro da stiro, o con la scaletta aperta mentre cerco di inerpicarmi in alto per pulire magari i lampadari. Allora, considerando che sono una paziente atipica (molto atipica ), ci facciamo delle grasse risate. A dire il vero circa 2 mesi fa, l'infermiera, mi trovò buttata più che sdraiata, sul divano, in preda ai vomiti e nausea forte, tanto che poi, visto che i sintomi persistevano anche dopo una iniezione di Plasil (fattami per l'appunto dall'infermiera che quel giorno non mi ha trovato vispa e sorridente come al solito) mi sono vista costretta a recarmi in ospedale dove sono stata trattata adeguatamente. Non mi sono ripresa subito, ma piano piano sono tornata a essere quella di sempre. Capita spesso di essere moribonda al mattino per poi resuscitare la sera o viceversa. Ormai ho capito come funziona la malattia, e quando mi chiedono come sto, certe volte non so cosa rispondere, e in genere dico che sto bene, così tagliamo corto. Pur stando male cerco di fare sempre qualcosa, ma non perché voglia fare l' eroina o la martire, no, semplicemente perché sono fatta così ed è vero che chi nasce tondo non può morire quadrato. Mi do da fare perché altrimenti sentirei di più il peso della malattia. Mio marito dice che lavoro più io che una persona sana e in effetti mi accorgo che soprattutto quando sto bene non mi fermo un attimo e svolgo tutti i lavori domestici come un panzer. Il peso della casa ricade quasi interamente su di me, ma sono io che lo voglio, mio marito mi aiuta e ho persone (sorella e cognate) disposte a farlo, ma per ora preferisco fare da sola, non per presunzione sia chiaro, ma perché facendomi aiutare in tutto, mi sentirei malata, perché a me non è ancora entrato in testa, anche se lo so bene, che sono malata. Non sono orgogliosa, perché quando si sta davvero male l' orgoglio ce lo dobbiamo mettere sotto i tacchi, semplicemente per ora è così. Certe volte dico a mio marito: " Devo spostare la lavatrice o il frigo per pulire dietro" e lui: "Aspetta che lo faccio io" . Certo, come no, quando lui arriva è già tutto fatto. Questo vale per tante cose; naturalmente ci sono quelle che non posso più fare e mi rassegno, ma se potessi non esiterei. Quello che voglio dire è che è bruttissimo perdere la propria indipendenza, anche il doversi far aiutare a lavarsi è triste, e come ho detto in altre occasioni, ci accorgiamo di quanto azioni banali, come il lavarsi, assumano un altro valore quando non possiamo più farle da soli. Ma la malattia porta a questo, ci si abitua, certo, ma è triste lo stesso. Insomma non mi piace stare seduta a non far niente e credo che il divano sia un grande alleato della malattia, più si sta sedute a non far niente più essa cresce. Certo si capisce che se uno sta male, sta male, e non mi permetto mai di quantificare il dolore degli altri, perché quello che per me è poco, per un altro può essere molto. Parlo sempre e solo di me e quando sto male, e questi ultimi anni sta capitando spesso, mi sdraio eccome sul divano, ma sempre perché ci sono costretta, non per pigrizia, appena sto meglio lo lascio e mi dedico alle mie faccende. La malattia avanza, me ne accorgo perché da un anno a questa parte ho necessità di riposarmi più a lungo dopo pranzo. Prima mi bastavano una decina di minuti, ora devo sdraiarmi e restarci almeno 2 ore. Porto sempre con me un libro, di cui riesco a leggere qualche pagina, poi mi coglie il sonno e dormo. Il sonno è ristoratore si sa, dunque se ho dormito bene, mi sveglio pimpante e con tanta voglia di fare, ecco allora che mi rimetto in azione e continuo fino a tardi. Lo stesso accade dopo cena. Non è raro che mi dedichi alle pulizie, dipende sempre da come sto. Capita che riesca a fare quanto mi sono messa in testa di fare, ma capita pure che abbia la volontà di fare le cose ma non ne abbia le forze, allora aspetto tempi migliori. L'importante è essere impegnate in qualcosa, anche la lettura di un libro per chi ama leggere o dedicarsi alle cose che più ci piacciono, ognuno di noi ha degli hobby. Ecco, questi per quanto si può, devono essere coltivati anche durante la malattia, aiuta a continuare a vivere una vita "normale", perché ricordiamoci che il cancro quando colpisce una persona, stravolge tutto, ritmi e abitudini di tutta la famiglia, sta a noi allora cercare di vivere in un clima di normalità. A casa, ad esempio, non si parla continuamente della malattia, anzi quasi per niente; certo si sa che c'è e lo si vede quando sto male, altrimenti no, viviamo come vivevamo prima; perlomeno cerchiamo di farlo. Per finire, chi ama gli animali dovrebbe, se si è in grado di accudirli, adottare un cagnolino o un gattino. Dedicarsi alle sue cure toglie spazio alla malattia, non ci si concentra solo su sé stesse, ma su un altro essere vivente. Anche qui si seguono dei ritmi, la preparazione della pappa per loro, il portarli fuori per fargli fare una passeggiata. Tutto questo porta a dimenticarci un po' di noi e a concentrare le nostre attenzioni su un altro essere che esige poco ma dà tanto. E poi vuoi mettere la serenità che viene dall' accarezzare un gattino o un cagnolino? Questa azione allontana lo stress e per di più non costa nulla.