L'angelo del Natale

L'angelo del Natale

  • di Redazione
  • 25 Dicembre 2018
  • Rita, poesie e non solo

In occasione del Natale la nostra amata Rita Meleddu ci regala un racconto speciale ricco di speranza

Avevano lasciato Cagliari e la Sardegna in un bel giorno di sole per recarsi nel più innovativo ospedale del nord Italia, specializzato nella cura delle malattie oncoematologiche pediatriche.  Era la loro ultima speranza. Erano partiti col tiepido sole primaverile, avevano superato un'estate afosa, un mite autunno carico di foglie dorate, ed ora si era al 24 dicembre, la vigilia di Natale. Nevicava fitto. L'aria era grigia e silenziosa. Dalla strada non giungevano suoni ma solo rumori attutiti. Dentro l'ospedale era tutta un'altra vita. Tutto procedeva come sempre. "Come passa il tempo" si disse mamma Anna. Aveva lasciato da più di due  anni ormai il suo lavoro di commessa  per inseguire un sogno: la guarigione della sua bellissima bambina Elisa. Si era ammalata di una grave forma di leucemia a poco più di tre anni, ed erano ormai più di due anni che lottavano, avevano tentato cure sempre più devastanti, cure sperimentali e ogni rimedio, ma niente avevano potuto contro il male, avanzava e basta. Elisa era figlia unica.  Papà Daniele era un insegnante di lettere. Fortunatamente dopo anni e anni di precariato aveva partecipato e vinto un concorso, ed era passato così di ruolo. Potevano almeno contare su uno stipendio fisso. Elisa come già detto era figlia unica, per lei l'ultima alternativa restava il trapianto di midollo ma non si erano trovati donatori compatibili, neppure i genitori avevano una compatibilità tale da assicurare la riuscita dell' intervento. Era rimasta una sola soluzione: un trapianto tra fratelli, sempre sperando che la compatibilità fosse altissima. Ma Elisa non  aveva fratellini ne' sorelline. Che fare? Papà Daniele e mamma Anna decisero allora di dare vita a un figlio, sarebbe stato un gesto d' amore, non meccanico. Volevano e dovevano tentare il tutto per tutto. Ma era giusto? Era etico donare la vita ad un altro essere umano con il "compito" di salvarne un'altra? Forse non c'erano risposte e non c'era neppure tempo, la malattia di Elisa avanzava e non poteva più attendere. Così Anna e Daniele si unirono nel più bel gesto d'amore e nacque Federico. Un amore di bimbo. Quante aspettative riposte su di lui.  Ora aveva 11 mesi ed era un bimbo bellissimo e paffuto. Il trapianto era avvenuto. Sacche di sangue contenenti midollo buono, erano passate dal corpo di Federico a quello di Elisa, il risultato però non era conforme alle aspettative. Quanto amore però donava e riceveva questo bimbo. Un piccolo angelo bruno concepito per portare amore e speranza di vita per la sorellina. 

Intanto, isolata in una camera sterile, Elisa con le poche forze che le rimanevano, stringeva firte a se' il suo orsetto Kamù. Era il primo regalo ricevuto sin dalla nascita, e da allora  aveva dormito sempre con lei, non lo abbandonava mai. Era ormai spelacchiato, privo di un occhio e con qualche scucitura qua e là.  I medici, previa sterilizzazione avevano permesso che Kamù facesse compagnia ad Elisa. La sua situazione era già compromessa e non sarebbe stato un pupazzo peloso a peggiorare la cosa. Elisa lo abbracciava stretto stretto e le sembrava di stare stretta a mamma, papà e Federico.
Quanto sognava il momento tanto atteso, in cui avrebbe potuto lasciare la camera d'ospedale che ormai le sembrava una prigione, e riabbracciare i genitori, il fratellino, i medici, gli infermieri  che ormai le si erano affezionati, i suoi amichetti di battaglia, i loro genitori che facevano il tifo per lei come per i loro figli e non ultimo un aereo bianco e luciccante con il quale sarebbe tornata nella sua Sardegna, nella sua bella Cagliari, a casa sua, dove ad attenderla ci sarebbero stati i nonni, gli zii, i cuginetti, tutta una schiera di parenti e amici e allora sarebbe stata festa grande. 
Quanti doni lei e Federico avrebbero ricevuto, ma Kamù sarebbe stato sempre al primo posto. Elisa sognava ad occhi aperti e sudava. Era bello sognare, si vedeva già aprire la porta di casa al buio, ed essere poi accolta da una luce abbagliante e da tanti battimani di persone che gridavano: "Bentornata a casa Elisa, bentornati a tutti voi. Evviva Elisa, evviva Federico!!"
Sognava però o meglio era come immersa in una sorta di dormiveglia.  Era febbricitante, sentiva la fronte scottare, il sudore colare e le forze abbandonarla sempre di più.
La pelle chiara, diafana; sempre più pallida, un colorito ceruleo, la testa nuda  coperta da una cuffietta spelacchiata quanto Kamù. Dov'erano finiti i suoi lunghi capelli color del grano? Non c'erano più!! Forse era stata sempre così? Cosa le succedeva? Non ricordava alcuni episodi della sua breve vita, ma le pareva di ricordare che fino a qualche anno prima aveva i capelli lunghi e biondi. Federico no, lui era scuro di capelli e di carnagione. Non sembravano neppure fratelli.  

La dottoressa Giulia intanto in una saletta riservata parlava con Anna e Daniele, la voce rotta e spezzata dall' emozione:"Purtroppo non abbiamo più speranze. Le cure, il trapianto sono stati un fallimento. Sono serviti solo a debilitare Elisa. Mi dispiace moltissimo, ma devo essere franca con voi, non posso in coscienza darvi illusioni".
Era sincera mentre parlava, seria e competente, ma era prima che un medico un genitore, e stava dando una notizia ferale  a due genitori che speravano contro ogni logica. I suoi occhi vivaci e intelligenti  non riuscivano a posarsi sugli occhi dei genitori di Elisa. Neppure le mani riuscivano a stare ferme. Gesticolava, e le mani indugiavano inutilmente sul camice bianco.  Scostavano inesistenti briciole, poiché aveva appena mangiato un panino in un breve momento di sosta.  Non si era mossa neppure lei dal capezzale di Elisa.  Non poteva...Ineluttabile attendeva la fine che appariva sempre più imminente.  
Federico seduto su un morbido tappeto con tanti giochi disseminati, guardava senza capire.  Era troppo piccolo. Non capiva ma percepiva un'aria tesa e di immensa tristezza.  Cercò di tirarsi in piedi ma ricadde sulle ginocchia e stette così. La mamma e il papà non gli tesero le braccia per tirarlo su e stringerlo in un abbraccio.  "Perché mamma e papà fanno cosi"  Pensò il piccolo? Cominciò a piangere, ma quasi capisse che era un momento drammatico, smise subito.
Intanto la dottoressa Giulia continuava a parlare sentendosi sempre più a disagio. Come si può dire a dei genitori che la vita della propria figlia sta per concludersi e proprio la vigilia o il giorno di Natale. Non erano in quei giorni magici che avvenivano i miracoli?
La dottoressa parlava e scuoteva una massa di riccioli rossi naturali che le incorniciavano un viso non bello nel senso classico ma interessante. Occhi verdi, naso importante che però non stonava in un viso regolare. Labbra piccole ma ben disegnate, sottolineate da un filo di rossetto. Anna si chiese come poteva tenere le labbra ben truccate se aveva appena mangiato un panino.  Forse era lei l'unica donna al mondo a cui si sbavava il rossetto se mangiava.  Ma perché stava pensando a queste frivolezze? Certo era per non sentire le parole dure che uscivano dalla bocca della dottoressa. E se si stesse sbagliando? La dottoressa era una donna sulla cinquantina, dunque con tanta esperienza, non parlava mai a sproposito, se diceva che per Elisa non c'era più nulla da fare doveva essere così.  
Ad un certo punto, la dottoressa vedendo Anna assorta, lontana quasi fisicamente, le strinse un po' il braccio, la scosse e le disse: "Anna, mi sta seguendo? Ha sentito cosa le ho detto? Per Elisa non c'è piu alcuna  speranza. Può vivere un giorno ancora, al massimi due o tre. Mi dispiace, vi autorizziamo a trascorrere con lei le sue ultime ore di vita..."

Anna allora si riscosse, guardò la dottoressa, poi Federico che cercava invano di alzarsi aggrappandosi alle loro gambe, poi guardò Daniele  come se lo vedesse per la prima volta, tutto intorno le sembrava sconosciuto, fu presa come da una vertigine e fu allora che cacciò un urlo spaventoso.  Ma non si udì nessun suono. L'urlo le morì in gola.  Annaspava ora. Le sue braccia facevano dei movimenti inconsulti, come bracciate scoordinate  di chi sta per annegare.  Sentì le lacrime salirle agli occhi e poi fermarsi quasi cristallizzate. Daniele scioccato e pietrificato quanto lei cercò di prenderla tra le braccia per consolarla ma lei si divincolò con forza e cacciò un altro grido stridulo, come di  un animale ferito, lasciò la stanzetta nella quale si trovava e scappò via,  giù per le scale. 
Sentiva la dottoressa Giulia  e  Daniele che la chiamavano e il pianto disperato di Federico, ma non si voltò indietro.  Correva, correva..
Quest'urlo disumano fu udito da tutti.  Rimbalzò di porta in porta, di reparto in reparto.  Fece tremare le pareti  dell'intero ospedale.  Chi lo udì rabbrividì e provò una gran pena per chi aveva emesso questo suono, perché sapevano quello che voleva dire.
Intanto nel suo lettino, Elisa ignara e febbricitante continuava la sua lotta 

Anna raggiunse la cappella dell'ospedale. Si avvicinò ad un presepe che attendeva ancora la nascita del bambinello, e parlando come se Gesù fosse già lì esclamò a voce alta: "Per chi è Natale? Non certo per me e per la mia famiglia.  Se è vero che sei il Salvatore del mondo salva la mia bambina".
Fu colta allora da una rabbia cieca e incontenibile. Ebbe voglia di buttare all'aria il presepe, le statue, i fiori, il Vangelo.  Non riusciva a controllarsi. Fu lì lì per farlo, ma improvvisamente come era venuta, questa rabbia montata furiosamente, scemò. Una gran pace scese allora nel suo cuore. Che colpa poteva avere Gesù Bambino delle brutture del mondo? Lui vuole il nostro bene, non il nostro male. La malattia fa parte della vita.  Di solito tocca agli altri, questa volta era toccata ad Anna e la sua famiglia.  
Calmata che si fu, Anna ripercorse la strada appena fatta e fu subito nella saletta riservata. 
Daniele stava con Federico in braccio, poggiato al vetro della grande finestra. Le dava le spalle. Daniele era assorto. Era quasi buio, la neve continuava a cadere abbondante. Una coltre bianca copriva tetti e strade. C'era ancora molto movimento in strada. Chi si aggirava per negozi alla ricerca degli ultimi regali da fare. Ragazzini felici si rincorrevano lanciandosi palle di neve. Era una tipica fredda bella Vigilia di Natale. Si, bella per gli altri, non per lui e la sua famiglia. 
Anna lo raggiunse alle spalle, Federico vedendola arrivare le mandò tanti bacetti in punta di dita grassocce come gli avevano insegnato a fare e sorrise felice alla mamma.  In quell' istante quasi percependo la sua presenza, Daniele si voltò, e furono tutti un unico abbraccio. Ora le lacrime scendevano senza freni, liberatorie. Erano lacrime salate; e dolci e amare al tempo stesso.
Non sarebbe stato facile vivere senza Elisa ma dovevano imparare a farlo.  Elisa era destinata a una fine certa. Ma è una storia di Natale.  Come può finire male?

C'è ancora un personaggio che non è ancora entrato in scena e che ribalterà la storia.  È il dottor Gaetano noto tra i piccoli pazienti dell'ospedale come "Dottor Simpatia".
Il dottor Simpatia era amico di tutti i bimbi. E si scontrava spesso con i suoi colleghi medici per il suo sconfinato ottimismo.  Era sempre sicuro che tutti i piccoli pazienti sarebbero guariti e lo gridava con un grande megafono di stanza in stanza. "I bambini affidati a me guariranno tutti di sicuro.  Credeteci bimbi!!".
Nessuno sapeva da dove fosse arrivato.  Lungo lungo, magro. Andamento dinoccolato.  Occhiali rotondi che gli davano un'aria ora da professore, ora da clown. Era giovane, poteva essere sulle trentina, capelli castani pettinati a spazzola. Portava pantaloni a grossi quadri rossi e beige. Col camice bianco faceva un bel contrasto. Era pittoresco insomma.  Amava intrattenere i suoi pazienti con giochi di prestigio e palloncini gonfiati ad arte. Un palloncino soffiato da lui si trasformava presto in un coniglio, una papera o fiore dai petali colorati. Mazzi di carte apparivano  e scomparivano tra le sue mani e i bimbi ne erano entusiasti.  Leggeva loro libri di fiabe e li intratteneva con tante barzellette e storielle adatte alla loro età.  Nessuno però come detto, sapeva da dove veniva. Aveva un accento strano e un tono di  voce cantilenante. Era italiano? Francese? Tedesco? Chi lo sapeva!!! 
Il dottor Simpatia aveva anche la mania di far ripetere gli esami ematici ai suoi pazienti. Nulla lo fermava, neppure la Vigilia di Natale. Sapeva che Elisa stava male ma voleva ancora credere nel miracolo. Con la dottoressa Giulia si scontrarono più volte.  Giulia non voleva illudere i genitori, Gaetano li voleva far sperare: "Giulia, disse, voglio tentare un'ultima volta, ti prego. Farò fare gli esami a Elisa; poi se non dovessero andare bene mi rassegnerò!"
"D'accordo acconsentì la dottoressa Giulia;  sei testardo e sai che Elisa sta male ma ti lascio tentare ancora una volta!"
Nel frattempo nella camera sterile, Elisa continuava a sudare assistita da mamma e papà. Federico era stato lasciato in compagnia delle baby sitter che negli ospedali pediatrici si occupano dei bambini malati o parenti dei piccoli ricoverati. Elisa si stava spegnendo, poco alla volta.  Le guance scavate sempre più pallide, le manine che non riuscivano più a stringere quelle di mamma e papà. Ad un certo punto sentiì nuovamente il calore salire nel suo corpo.

Papà Daniele si accorse per primo delle gote tornate rosee. Era incredulo. Elisa stava tornando alla vita. Scosse Anna dicendole: "Anna guarda!!!!". Anna, il viso basso  per non far vedere lo sconforto che provava ad Elisa, rimase anche lei incredula ma vedeva la vita tornare sul viso della sua bambina. A questo punto senza bussare e chiedere permesso, anzi buttando per aria una sedia e un tavolino per la gran fretta,  entrò dott. Simpatia sventolando i fogli con i referti degli esami e gridando:" Eccoli, eccoli, avevo ragione; Elisa è guarita!"
Elisa allora tese le mani verso i genitori e con una forza nuova li attirò a se'.  
Allora fu solo gioia.  La notizia dell'avvenuta guarigione di Elisa si rincorse di stanza in stanza di piano in piano.  Sterile o non sterile la camera di Elisa divenne presto luogo di festa. Arrivarono medici, infermieri, volontari, pazienti e visitatori
Tutti volevano stringere la mano a Elisa.  Era quasi morta e ora tornava alla vita. Ci furono tanti brindisi  "Cin cin, salute a Elisa e  a tutti i bimbi del mondo" gridavano tutti in coro. Furono aperti il panettone e il pandoro ed Elisa mangiò di gran gusto.  Ecco ora era proprio una bella Vigilia di Natale. Mancavano solo gli zampognari pensò mamma Anna ed ecco, manco aveva fatto in tempo a pensarlo che erano lì!
In tutto quel trambusto nessuno si era accorto che mancava il dottor  Simpatia. Fu Elisa ad accorgersene per prima: "Dov'è il dottor Gaetano? O Simpatia?" 
Allora fu un gran vociare: "Dottor Simpatia, dottor Simpatia!!" Ma niente! Nessuno lo aveva visto. Si riversarono allora tutti nei corridoi, nei reparti, nelle scale:" Dottor Simpatia, dottor Simpatia".
Nulla. Nessuno lo vide mai più.  A un certo punto si udì un canto celestiale si vide una luce uscire dall'ospedale,  farsi sempre più piccola e scomparire in cielo. E in mezzo alla luce ecco comparire un paio di occhiali rotondi e un paio di calzoni a grandi quadri rossi e beige.