Tumore ovarico: uno studio indica le professioni più a rischio

Tumore ovarico: uno studio indica le professioni più a rischio

  • di Redazione
  • 12 Luglio 2023
  • Italia ed estero

I mestieri di parrucchiera, estetista e impiegata nel settore della contabilità potrebbero essere correlati a un aumento del rischio di tumore ovarico. E l’esposizione cumulativa ad alcune sostanze tra le quali la polvere di talco, ammoniaca, gas propellenti, benzina e sbiancanti, potrebbe avere un ruolo fondamentale su questa patologia.

L’ipotesi emerge da uno studio canadese pubblicato su Occupational & Environmental Medicine. I dati mostrano però un grande range di variabilità e incertezza oltre a considerare che la correlazione non è mai sinonimo di relazione causa-effetto.

L’unica certezza al momento è che poche ricerche sui fattori occupazionali dei tumori hanno incluso le donne, e che le possibili cause ambientali del cancro ovarico non sono ancora ben comprese. Solo l'amianto infatti è stato riconosciuto come cancerogeno occupazionale per questo tipo di tumore.

Per questo motivo è nata l’esigenza di questa indagine, condotta dal Dipartimento di Medicina Preventiva e Sociale dell’Università di Montréal, in Canada, e dal gruppo che si occupa di Esposoma ed ereditarietà dell’Inserm di Parigi, in Francia.

Tra il 2010 e il 2016 i ricercatori hanno intervistato 491 donne canadesi, tra i 18 e 79 anni, che avevano ricevuto una diagnosi di tumore ovarico (di tipo epiteliale sieroso, il più comune) nei 4 mesi precedenti. Come campione-controllo hanno selezionato 897 con la stessa età, senza la neoplasia. Le informazioni raccolte comprendevano la storia clinica, riproduttiva, peso e altezza, fattori dello stile di vita e la storia lavorativa.

La maggior parte delle donne con tumore ovarico ha fatto un uso minore della pillola concezionale e ha avuto meno figli rispetto alle donne del campione-controllo (i due fattori protettivi nei confronti di questa neoplasia, e la differenza è stata considerata nello studio).

I dati indicano che chi ha lavorato per più di 10 anni come parrucchiera o estetista avrebbe un rischio da 1,25 a oltre 8 volte più alto (circa 3 volte, in media), mentre chi ha lavorato come ragioniera vedrebbe aumentato il proprio rischio del doppio (sempre in media). Non sono emerse correlazioni, invece, con il lavoro di infermiera.

Il numero di donne impiegate in determinate professioni - carta, stampa, produzione tessile, lavaggio a secco, manifattura o che erano state esposte ad agenti specifici, compresi quelli precedentemente segnalati come potenziali fattori di rischio di cancro alle ovaie (amianto e pesticidi tra gli altri) è piccolo, riconoscono i ricercatori. E alcune associazioni statisticamente significative osservate erano probabilmente dovute al caso.

"Il merito dello studio è senz’altro quello di accendere i riflettori sui possibili rischi professionali per il tumore ovarico e sulla scarsità di ricerche in questo ambito. L’eccesso di rischio si osserva solo per due professioni su circa 20 considerate: parrucchiere/estetiste e contabili. In particolare, 21 pazienti con tumore ovarico facevano le parrucchiere/estetiste, contro 23 donne nel gruppo di controllo, e 29 pazienti erano contabili contro 35 controlli. I numeri sono quindi eseguiti, il che spiega l'elevata variabilità nell’aumento del rischio riscontrato. Per la prima categoria, inoltre, l’aumento del rischio non è tempo-dipendente sotto i 10 anni di esposizione. Molto interessante, infine, il dato sulle infermiere, dal momento che l’alterazione dei ritmi sonno-veglia e il fatto che di norma tendono ad avere figli più tardi sono due possibili fattori di rischio", ha commentato Carlo La Vecchia, Professore di Statistica medica ed epidemiologia alla Statale di Milano e ricercatore di Fondazione Airc.

Dal tipo di impiego e dal tempo, i ricercatori sono risaliti alla possibile esposizione cumulativa a 29 agenti chimici sul posto di lavoro (attraverso una scala standard, la Canadian job-exposure matrix CANJEM). Hanno poi analizzato la relazione tra l’esposizione a queste sostanze e il rischio di tumore ovarico. Qui emerge che un’esposizione cumulativa di almeno 8 anni a 18 diverse sostanze sembra aumentare il rischio di 0,4 volte rispetto a nessuna esposizione.

Tra queste sostanze troviamo la polvere di talco, l’ammoniaca, l’acqua ossigenata (perossido di idrogeno), polveri per capelli, fibre sintetiche, fibre di poliestere, coloranti e pigmenti organici, cellulosa, formaldeide, gas propellenti, composti presenti nella benzina e negli sbiancanti. Parrucchieri ed estetisti (e chi lavora negli stessi ambienti) sono esposti a 13 di questi agenti, affermano i ricercatori.

"Il punto più importante da mettere in evidenza è che non c’è una spiegazione biologica e tossicologica dell’effetto cancerogeno delle sostanze citate per l’ovaio. Non c’è alcun dato sperimentale che ci indichi che possano ragionevolmente causare questa neoplasia", ha affermato Angelo Moretto, Professore di Medicina del Lavoro dell’Università di Padova. Per esempio l’ammoniaca è fortemente irritante e causa necrosi della cute e delle mucose, ma non tumori.

Alcuni idrocarburi aromatici policiclici (IPA) sono cancerogeni per la pelle e i polmoni, ma non si può estendere in automatico la cancerogenicità ad altri tessuti?

"No: nel caso dei policiclici aromatici la cancerogenicità avviene per contatto cutaneo o inalatorio. Sperimentalmente si è visto che si sviluppano sempre e solo tumori cutanei o polmonari e non in altre sedi. Questo può dirci due cose: o che le sostanze non arrivano in altri organi o che questi tessuti hanno una biologia e quindi una tossicologia diversa o, più ragionevolmente, entrambe le cose", ha confermato Moretto.

Il talco può contenere tracce di amianto, che è ben noto per essere cancerogeno. Diversi studi hanno indagato quindi l’uso della polvere di talco, giungendo però a risultati contraddittori (di cui le decisioni dei tribunali statunitensi non sempre hanno tenuto conto, viste le cause vinte da pazienti contro grandi aziende che vendono i prodotti a base di talco). In particolare nel 2020 il più grande studio mai pubblicato non aveva trovato alcuna correlazione statisticamente significativa.

"Nel tumore dell’ovaio le uniche associazioni per cui la IARC (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) ritiene sufficienti le evidenze negli esseri umani sono l'esposizione all’amianto, ai raggi X e ai raggi gamma. Lo sforzo degli autori è apprezzabile, perché vogliono richiamare l’attenzione ella comunità scientifica sulle esposizioni ambientali e professionali che sono meno studuate nel sesso femminile. Ma, sebbene lo studio sia ben condotto e la casistica sia ampia, gli stessi autori concludono che ulteriori studi sono necessari per confermare i risultati. Che al momento, a mio parere, sono ancora troppo deboli", ha sottolineato Lucia Mangone, responsabile del Registro Tumori ed epidemiologa dell'Azienda Usl-Irccs di Reggio Emilia.

"Uno dei problemi di quando si considerano così tanti fattori insieme è che almeno uno di questi emerge solo per effetto del caso. Va poi detto che gli idrocarburi policiclici che non sono comunissimi nei parrucchieri e che è molto difficile trovare un agente comune a chi si è occupato nel tempo di contabilità. Comunque il messaggio che si può trarre è che anche nelle piccole aziende occorre porre massima attenzione e rispettare gli standard di sicurezza richiesti nelle grandi industrie", ha concluso La Vecchia.

I parrucchieri erano già stati inclusi tra i possibili lavori potenzialmente cancerogeni dalla IARC ma soprattutto per il tumore della vescica legato alla possibile presenza di ammine aromatiche nei coloranti, che però sono state eliminate o fortemente controllate dagli anni 70.