Tumore ovarico, secondo uno studio l’intelligenza artificiale prevede chi risponderà alla terapia

Tumore ovarico, secondo uno studio l’intelligenza artificiale prevede chi risponderà alla terapia

  • di Redazione
  • 20 Novembre 2023
  • Italia ed estero

La nuova frontiera dell’oncologia potrebbe essere l’intelligenza artificiale (Ai). Infatti secondo lo studio realizzato dai ricercatori dell'Università di Cambridge e dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, pubblicato negli scorsi giorni su Nature Communications, sembrerebbe che le Ai possano prevedere come risponderanno le donne alle terapie dei tumori ovarici, ottenendo predizioni accurate nell'80% delle pazienti.

Il carcinoma ovarico è un tumore subdolo. Negli stati iniziali presenta sintomi aspecifici che complicano le diagnosi oche vengono confusi con quelli di comuni cistiti. Per questo le pazienti scoprono quasi sempre la malattia quando è ormai negli stadi avanzati, ed è quindi più difficile da trattare. La forma più diffusa di questa neoplasia, il carcinoma sieroso ovarico di alto grado, è inoltre una malattia aggressiva che di frequente risulta resistente alla chemioterapia. La mancanza di marcatori o di strumenti predittivi fa sì che solo in circa il 50% dei casi i medici riescono a prevedere l'evoluzione della malattia, e la risposta del tumore alle terapie farmacologiche. Pertanto gli oncologi hanno difficoltà a decidere quali pazienti sottoporre alle terapie neoadiuvanti, che possono ridurre la massa tumorale prima dell'operazione per semplificare e rendere meno invasivo l'intervento, e quali invece hanno più probabilità di trarre vantaggio da un ricorso immediato alla chirurgia.

Così il team di ricercatori guidato da Evis Sala, professore di radioterapia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, ha deciso di fare affidamento sull'intelligenza artificiale.
Il programma ha utilizzato due set di dati relativi a 134 pazienti, che comprendevano caratteristiche cliniche, informazioni sulle terapie effettuate, sulla presenza di biomarcatori e di DNA tumorale circolante (ctDna), e caratteristiche quantitative delle neoplasia ottenute con la tomografia computerizzata.

Il modello, che i ricercatori hanno chiamato IRON (Integrated Radiogenomics for Ovarian Neoadjuvant therapy), ha permesso di stratificare le probabilità di successo della chemioterapia noeadiuvante basandosi su diverse caratteristiche delle pazienti e delle loro neoplasie. L’ai ha dimostrato di poter prevedere con precisione le probabilità di successo delle terapie in circa l'80% delle pazienti. Ovviamente, i risultati, per ora, sono ancora preliminari, e necessiteranno di una sperimentazione clinica prima che Iron possa essere utilizzato realmente per aiutare le pazienti con carcinoma ovarico. Fortunatamente, non dovrebbe volerci troppo tempo.

"Da un punto di vista clinico, il framework che abbiamo proposto risponde al bisogno di identificare precocemente le pazienti che hanno scarse probabilità di rispondere alla terapia neoadiuvante, e per le quali è meglio procedere immediatamente con la chirurgia", spiega Sala. "Il nostro strumento può essere utilizzato per stratificare il rischio di ogni paziente, ed è quello che faremo in una ricerca che stiamo portando avanti al Policlinico Gemelli in collaborazione con il team di Giovanni Scambia, Professore di ginecologia e ostetricia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore e Direttore Scientifico della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli".