Tumore al seno avanzato, arrivano nuovi dati sulla sopravvivenza

Tumore al seno avanzato, arrivano nuovi dati sulla sopravvivenza

  • di Redazione
  • 14 Dicembre 2023
  • Italia ed estero

Dal San Antonio Breast Cancer Symposium (SABCS), l’evento mondiale più importante dedicato al tumore al seno che si svolge nella città texana, arrivano i nuovi dati sulla sopravvivenza globale sul tumore al seno metastatico trattato in prima linea con abemaciclib (farmaco inibitore di CDK4/6) in combinazione con la terapia ormonale (un inibitore dell’aromatasi): dopo 8 anni di osservazione, la sopravvivenza mediana delle pazienti ha raggiunto i 5 anni e mezzo. Ossia la metà di tutte le donne trattate vive più di questo tempo.

A mostrarlo sono gli ultimi risultati dello studio Monarch 3 discussi al congresso. Lo studio ha valutato la combinazione di abemaciclib e un inibitore dell’aromatasi rispetto al solo inibitore dell’aromatasi in donne in post-menopausa con tumore del seno avanzato o metastatico positivo al ricettore ormonale (HR+/HER2-), mostrando un incremento complessivo di 13,1 mesi (66,8 mesi rispetto a 53,7).

L’aumento di sopravvivenza è stato ancora più evidente nelle donne che presentavano metastasi viscerali (tra cui al fegato e ai polmoni), e che hanno un rischio maggiore di progressione e mortalità: 14,9 mesi (63,7 nel braccio con abemaciclib rispetto a 48,8 nel braccio di controllo). In entrambi i casi non è stata raggiunta la significatività statistica (questo vuol dire che non si può essere certi che la differenza osservata non sia frutto del caso), ma secondo gli esperti i risultati sono comunque molto importanti dal punto di vista clinico.

"Al follow-up a otto anni, quando la storia naturale del carcinoma mammario metastatico inizia ad avere un impatto sostanziale sulla sopravvivenza delle pazienti, è molto incoraggiante vedere che abemaciclib in combinazione con un inibitore dell’aromatasi ha prodotto una differenza di sopravvivenza di 13 mesi nella popolazione generale e di oltre 14 mesi nelle donne a rischio ancora più elevato a causa della malattia viscerale", ha confermato Lucia Del Mastro, Ordinario e Direttore Clinica di Oncologia Medica dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino, Università di Genova.

"Nonostante la mancanza di significatività statistica, questi dati sono clinicamente rilevanti e altamente coerenti con l’insieme delle evidenze relative ad abemaciclib nel carcinoma mammario avanzato o metastatico", ha ribadito.

Lo studio Monarch 3 aveva già dimostrato anche un aumento del tempo libero da progressione di malattia molto importante e statisticamente significativa (23,3% nel braccio abemaciclib vs 4,3% nel braccio di controllo a sei anni) che aveva portato all’approvazione del farmaco in prima linea di trattamento. Questo beneficio è stato mantenuto e non sono stati osservati nuovi effetti avversi nell’utilizzo a lungo termine.

"Ora, con una sopravvivenza globale mediana di più di 5,5 anni, questi dati supportano ulteriormente il ruolo di abemaciclib nelle donne con carcinoma mammario metastatico (HR+ ed HER2-). Gli inibitori di CDK4/6, inoltre, permettono di evitare il ricorso alla chemioterapia in prima linea o di posticiparla, con grandi vantaggi in termini di qualità di vita e di minori tossicità", ha aggiunto Michelino De Laurentiis, Direttore del Dipartimento di Oncologia Senologica e Toraco-Polmonare, Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione ‘G. Pascale’ di Napoli.

In Italia vivono circa 52 mila persone con tumore della mammella metastatico, un numero in costante aumento. "Queste pazienti devono essere prese in carico da un team multidisciplinare, cioè dai centri di senologia in grado di intercettare e soddisfare il loro bisogno di cura globale nel tempo. Le terapie ormonali sono abitualmente utilizzate per il trattamento del carcinoma della mammella metastatico dipendente dal recettore per gli estrogeni. Tuttavia, queste pazienti sviluppano spesso resistenza alle terapie ormonali attualmente disponibili per la malattia avanzata e vanno incontro a progressione del tumore. Da qui la necessità di trattamenti ancora più efficaci. I dati dello studio Monarch 3 evidenziano come la combinazione di abemaciclib con la terapia ormonale sia in grado di controllare la malattia a lungo termine", ha sottolineato Saverio Cinieri, Presidente di Fondazione Aiom.

Sempre al San Antonio Breast Cancer Symposium verranno presentati anche i risultati su imlunestrant, farmaco ormonale di nuova generazione della classe dei Serd (degradatori selettivi del recettore degli estrogeni), che si sono dimostrati in grado di superare proprio il problema della resistenza alle terapie endocrine. Imlunestrant è attualmente in fase di sperimentazione in diversi trial clinici, tra cui lo studio Ember che ha confrontato il farmaco sia in monoterapia sia in combinazione con abemaciclib, con o senza un inibitore dell’aromatasi.

I dati al follow-up prolungato di 5,5 mesi (dall’ultima divulgazione) indicano che imlunestrant più abemaciclib ha raggiunto un tasso di risposta oggettiva del 62% (con l’inibitore dell’aromatasi) e del 32% (senza l’inibitore dell’aromatasi), e un tasso di beneficio clinico del 79% e 71%, rispettivamente (il beneficio clinico è la percentuale di pazienti con tumore avanzato o metastatico che hanno raggiunto risposta completa, risposta parziale e malattia stabile e prolungata per almeno 24 settimane). Gli avversi derivanti dalla terapia più comuni sono stati diarrea, nausea, fatigue e neutropenia, e non sono stati osservati segnali di sicurezza relativi a tossicità oculare o cardiaca. Gli effetti secondari di imlunestrant sono stati generalmente di basso grado e sono state effettuate poche riduzioni del dosaggio o interruzioni del farmaco.