

I bambini
- di Redazione
- 22 Aprile 2020
- Luce della stessa luce!
La nostra amica Irene Spiga pensa alla se stessa bambina e a quello che stanno vivendo i ragazzi durante la quarantena, soli con i loro pensieri
Come non pensare a loro? Sono ormai in quarantena dagli inizi di marzo, privati dei loro luoghi di gioco, dei momenti di convivialità con i loro amici, compagni. Loro sono una risorsa per l'umanità, vanno tutelati, sì, ma anche incentivati a non perdere il loro essere istintivi verso la vita.
Nelle relazioni sociali sono molto più bravi degli adulti, hanno capacità di reinventarsi dopo ogni delusione, sognando, programmando mete, sogni che mai appaiono perduti ai loro occhi. Come adulti abbiamo il dovere di permettere loro di esprimere le loro emozioni senza tabù, senza la paura di essere giudicati, oggi più di ieri. Ho pensato a me bambina in questi tempi. Faccio parte di una generazione dove i sentimenti bisognava tenerli nascosti, per non dispiacere ai genitori, per non essere presi in giro dai compagni. Essere dei duri, delle rocce.
Forse è per questo motivo che durante le cure del cancro, al solo accenno di cedimento, di lamentela per la pesantezza delle cure, la risposta era sempre la stessa: "E..... ma tu hai un bel carattere... invece io, povera che devo sopportare etc. etc." Se invece mi fosse stato insegnato ad esprimere ciò che provavo durante tutta l'infanzia?
Come sarebbe l'Irene adulta ora? Come mi sarei potuta realizzare nella vita? Sarei più o meno empatica? Avrei fatto scelte diverse da quelle fatte dalla Irene dura? Avrei sofferto meno non avendo resistenze verso i progetti che mi ero preposta di realizzare che invece sono rimasti lì, in quel famoso cassetto di cui tutti parlano? Boh! Di se e di ma, ne è pieno il mondo.
Credo sia giusto stare accanto ai bambini di oggi, chiusi in casa, dove nel virtuale della tecnologia non li batte nessuno. Non bisogna togliere loro la voglia di vivere relazioni dove l'emozione deve essere la protagonista, loro hanno o stanno già imparando a stare da soli, con i loro pensieri. Facciamo in modo che siano adulti migliori di noi, che siamo stati incapaci di convivere con il pianeta, che non siamo stati in grado di riconoscere il nostro tutt'uno con esso, con la mente, lo spirito e l'anima che compongono il contenitore.
Stiamo loro accanto non solo da spettatori, ma da accompagnatori vigili e capaci di lasciarli volare tra le loro scelte. Loro non sono nostri, sono della vita che meritano, della natura da cui devono imparare e prendersene cura. Facciamo in modo che possano essere bambini e noi il tramite della loro crescita coscienziale.
Ascoltiamoli dunque non come maestri verso discenti, ma apriamoci a loro, facciamoci raccontare ciò di cui hanno bisogno per formare una comunità attenta al singolo quanto alla collettività. Ascoltiamo i nostri bambini interiori che hanno bisogno di raccontarsi. Lo dobbiamo a noi stessi. Approfitto dei tempi solitari per farlo. Voi?