Una terapia mirata diminuisce gli effetti avversi nel tumore ovarico

Una terapia mirata diminuisce gli effetti avversi nel tumore ovarico

  • di Redazione
  • 19 Maggio 2022
  • Italia ed estero

Lo studio indipendente PRIME ha dimostrato che nelle pazienti con un tumore ovarico di stadio III/IV il Parp-inibitore niraparib somministrato in modo personalizzato è in grado di triplicare la sopravvivenza libera da progressione di malattia rispetto al placebo.

Nelle donne che hanno ricevuto il farmaco tale sopravvivenza è stata pari ad oltre due anni, mentre in chi era stata trattata con placebo la ripresa della malattia si è manifestata dopo poco più di 8 mesi. Questi dati dimostrano una riduzione del 55% di possibilità che il tumore si ripresenti o che sopraggiunga la morte.

Lo studio è stato condotto in Cina e conferma i risultati del trial PRIMA, che aveva portato alla registrazione del farmaco (rispetto a PRIMA, lo studio PRIME ha incluso pazienti di stadio III che non avevano malattia residua dopo l’intervento chirurgico). In Italia niraparib è infatti approvato per il trattamento di mantenimento in prima linea e in monoterapia, in pazienti con risposta completa o parziale alla chemioterapia e indipendentemente dalla presenza di mutazioni.

"Un dato importante è che in tutti i sottogruppi di pazienti - con mutazioni nei geni BRCA, con deficit di ricombinazione omologa o senza alterazioni di questi geni - è stato osservato un beneficio statisticamente significativo in termini di intervallo libero da progressione", ha dichiarato Giorgio Valabrega, del Dipartimento di Oncologia dell’Università di Torino e dell’Oncologia dell’Ospedale Mauriziano Umberto I della città sabauda.

I dati della sperimentazione sono stati presentati all’Annual Meeting on Women’s Cancer della Society of Gynecologic Oncology e gli autori hanno indicato di aver somministrato fin dall’inizio una dose individualizzata di farmaco, in base al peso corporeo e alla conta piastrinica, proprio per migliorare il profilo di sicurezza. I dati hanno confermato il miglioramento: solo il 6,7% delle pazienti trattate con il farmaco (il 5,4% nel braccio placebo, per confronto) ha sospeso in modo definitivo la cura a causa di eventi avversi. Si tratta della percentuale più bassa tra quelle riportate negli studi di Fase III con i Parp-inibitori nel carcinoma ovarico.

"PRIME ci conferma definitivamente che il dosaggio di niraparib deve essere individualizzato per ogni singola paziente, anche in prima linea, come in parte già suggerito dallo studio PRIMA. In questo modo è possibile ridurre moltissimo gli effetti collaterali, senza pregiudicare minimamente l’efficacia del farmaco", ha concluso Valabrega.