

Reggiseni e deodoranti: i falsi miti legati alla diagnosi di tumore al seno
- di Redazione
- 24 Agosto 2020
- Italia ed estero
Tra i tumori che colpiscono le donne quello al seno è il più frequente e diffuso. I fattori di rischio riguardano sicuramente l’età in quanto nel 75% dei casi colpisce le donne sopra i 50 anni. Un altro dato è fornito dalla familiarità: sono infatti tra il 5 e il 7% le donne che si ammalano e che hanno storie di tumore al seno in famiglia oltre ai problemi genetici a causa delle mutazioni dei geni BRCA1 e BRCA2, responsabili del 50% delle forme ereditarie di tumore del seno e dell’ovaio.
Altro fattore è l’uso eccessivo di estrogeni, gli ormoni femminili, mentre una loro riduzione, come nel caso di una gravidanza, ha viceversa un effetto negativo, senza dimenticare infine altre cause come il fumo e l'obesità.
Negli anni sono stati alimentati alcuni falsi miti ritenuti responsabili del tumore al seno che sono stati pian piano smentiti. L’AIRC, fondazione per la ricerca sul cancro, ha confermato infatti che la depilazione delle ascelle o l’uso di deodoranti che contengono alluminio e parabeni non possano essere considerati responsabili di questi tipi di tumore.
Gli studi epidemiologici non hanno evidenziato relazioni significative tra uso del deodorante e insorgere della malattia, mentre gli studi sull’alluminio non hanno rilevato un nesso tra il suo effetto sugli estrogeni e tumore della mammella. Quanto ai parabeni, benché sostanze con lieve effetto simile agli estrogeni, anche in questo caso gli studi sono risultati poco conclusivi.
L’AIRC ha inoltre ribadito che il quarto superiore della mammella è la sede più frequente dei carcinomi mammari non perché sia vicino ai linfonodi ascellari quanto perché è il componente più voluminoso della ghiandola.
Un altro accusato eccellente è stato il reggiseno che nel 1995 venne ritenuto uno dei responsabili di questo tipo di tumore.
Dietro l’accusa, senza alcuna base scientifica, i due antropologi statunitensi Sydney Ross Singer e Soma Grismaijer, autori del libro Dressed to kill, che ebbe una larga eco sui media e con la teoria diffusa attraverso catene di posta elettronica. Secondo questa teoria il reggiseno, in particolare quello con ferretto o quello pensato per costringere, quasi soffocandolo, il seno, interferiva con la circolazione linfatica, impedendo alle mammelle di eliminare le sostanze di scarto e causando, così, un ristagno di tossine responsabile, per i due antropologi, del 70% dei casi di tumore alle mammelle.
A sostegno della loro teoria i due indicarono la quasi assenza di tumore al seno fra le popolazioni abituate a girare a seno nudo, ricordando, ad esempio, i maori australiani, i cui casi di tumore mammario erano da attribuire, secondo i due antropologi, alla successiva adozione del reggiseno, tipico delle abitudini della popolazione bianca occidentale.
Stesso motivo per cui il tumore al seno sarebbe stato registrato anche tra i giapponesi e gli abitanti delle isole Fiji. Non solo, esaminando le abitudini in materia di indumenti intimi di 4.700 donne statunitensi, di cui la metà malate di tumore al seno, i due avrebbero messo in correlazione le ore trascorse dentro un reggiseno con il rischio di sviluppare il tumore mammario, nonché con la sua aggressività.
La teoria, circolata fino a tempi recenti, è stata smentita definitivamente nel 2014 da Lu Chen, Kathleen E. Malone e Christopher I. Li, ricercatori del Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle, negli Stati Uniti, con uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Cancer Epidemiology, Biomarkers & Prevention. Non bisogna tuttavia dimenticare alcune precauzioni a proposito di un reggiseno troppo stretto, indossato a lungo durante il giorno e persino la notte, con il rischio di causare una stasi della linfa con conseguente indolenzimento delle mammelle e dei cavi ascellari, nulla a che fare con un tumore mammario.