

Pavia, uno studio su come 'affamare' il cancro e renderlo più vulnerabile alla chemioterapia
- di Redazione
- 31 Agosto 2021
- Italia ed estero
Affamare il tumore per sconfiggerlo colpendo i vasi sanguigni che lo nutrono, è questa una delle strategie utilizzate per combattere il cancro. Purtroppo si tratta di una linea non sempre percorribile perchè il tumore riesce a sopravvivere resistendo ad alcune terapie. Ma la scoperta del team diretto dalla ricercatrice Claudia Ghigna potrebbe rappresentare un importante passo in avanti nel rendere più efficaci alcuni farmaci.
Nello studio sostenuto da Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro e diretto dalla dottoressa Ghigna, dell’Istituto di genetica molecolare Luigi Luca Cavalli-Sforza del Consiglio nazionale delle ricerche di Pavia (Cnr-Igm), in collaborazione con diversi centri di ricerca e università italiane e internazionali, è stata individuata una nuova variante proteica espressa unicamente sulla superficie dei vasi sanguigni tumorali. I risultati dello studio sono stati pubblicati su Nature Communications.
E’ stata infatti identificata una forma ancora sconosciuta della proteina UNC5B che è stata chiamata UNC5B-Δ8. Questa variante proteica viene prodotta in modo esclusivo dalle cellule che formano la parete dei vasi sanguigni che portano nutrienti ai tumori e "la crescita dei tumori è strettamente correlata ai nutrienti forniti dai vasi sanguigni associati al tumore, come spiega la ricercatrice, limitare lo sviluppo di questi ultimi rappresenta quindi una possibile strategia terapeutica per ‘affamare’ il tumore e renderlo maggiormente suscettibile alla chemioterapia".
Affamare il tumore significa intervenire sull’angiogenesi, ovvero sul processo naturale grazie al quale si formano nuovi vasi sanguigni attraverso quelli già esistenti. Bloccando l’angiogenesi tumorale, infatti, si spera di mandare in sofferenza il tumore arrestandone la progressione e diminuendo la possibilità di metastasi e rendendolo più vulnerabile all’azione della chemioterapia. "Dallo studio dell’angiogenesi sono emerse terapie in grado di fermare o far regredire il tumore, bloccato nella formazione dei vasi sanguigni e privato così di ossigeno e nutrienti", aggiunge Ghigna. Sfortunatamente, finora queste terapie hanno mostrato risultati modesti nei pazienti, che spesso sviluppano meccanismi di resistenza. Maggiori informazioni sui vasi sanguigni che nutrono il tumore sono quindi fondamentali per rendere questi approcci terapeutici più efficaci".
La variante proteica UNC5B- Δ8 è prodotta unicamente dalle cellule dei vasi sanguigni, soprattutto da quelle associate a tumori più aggressivi e con prognosi meno favorevole. "Questa variante quindi, conclude la ricercatrice, offre un ottimo strumento diagnostico e prognostico, che potrebbe essere sfruttabile sia come nuovo marcatore dell’angiogenesi tumorale, sia come possibile bersaglio molecolare per terapie anti-cancro di maggior efficacia".