Con la dieta mediterranea, il 40% di rischio in meno di riammalarsi di tumore al seno

Con la dieta mediterranea, il 40% di rischio in meno di riammalarsi di tumore al seno

  • di Redazione
  • 15 Maggio 2024
  • Italia ed estero

Il Clinical Cancer Research ha pubblicato i risultati finali del DIANA-5, condotto su oltre 1.500 donne, metà delle quali invitate a seguire mensilmente corsi di cucina.

Lo studio, partito 20 anni fa dall'epidemiologo Franco Berrino, co-fondatore insieme a Enrica Bortolazzi della Fondazione "La Grande Via" e oggi coordinatore del Comitato Scientifico presso l'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano aveva arruolato 110 donne che due volte a settimana si incontravano per cucinare insieme a medici e nutrizionisti.

Gli interventi messi in atto per aiutare le pazienti a seguire la dieta macro-mediterranea non hanno portato dei benefici in termini di riduzione delle recidive, ma per chi si è attenuto più strettamente alla dieta raccomandata si osserva una riduzione del rischio di recidiva di oltre il 40%.

"Lo studio ha coinvolto 11 centri oncologici che tra il 2008 e il 2012 hanno reclutato un gran numero di pazienti con un tumore al seno diagnosticato negli ultimi 5 anni e con alcune caratteristiche che sappiamo aumentare il rischio di ricadute, sia prima che dopo la menopausa: la sindrome metabolica, o alti livelli di insulina o di testosterone", ha spiegato Berrino.

Le partecipanti avevano un'età compresa tra i 35 e i 70 anni e avevano concluso la chemioterapia. A tutte sono state fornite le stesse informazioni e raccomandazioni alimentari dell'American Institute for Cancer Research e del World Cancer Research Fund, e sono stati fatti prelievi di sangue e controlli mensili. Le raccomandazioni erano di basare il cibo quotidiano su cereali integrali, legumi, verdure e frutta, di evitare carni lavorate e bevande zuccherate, limitare carni rosse, cibi tipo fast food e bevande alcoliche. Metà del campione, però, è stata anche invitato una volta al mese a lezioni di cucina e a pranzi in comune basati, ovviamente, sulla dieta macrobiotica mediterranea. I due gruppi (di intervento e di controllo) erano del tutto comparabili per età, caratteristiche delle pazienti e del tumore.

La dieta prevedeva i cibi della tradizione mediterranea e anche alcuni cibi della tradizione giapponese: miso, salsa di soia, latte di soia, tofu, tempeh, umeboshi, alghe e vegetali fermentati. In generale, le donne sono state incoraggiate a includere cibi con alto potere saziante, come i cereali integrali, legumi e vegetali con elevato contenuto di fibre come componenti principali della loro dieta; a mangiare zuppe vegetali o insalate prima dei cibi più calorici, e prediligere frutta fresca ai succhi; a ridurre i cibi con alto indice glicemico (farine raffinate, patate, riso bianco e corn flakes) e alimenti che aumentano molto la risposta insulinica, come zucchero e latte: per le ricette dei dolci sono state suggerite frutta secca o fresca, o piccole quantità di datteri, uvetta passa e albicocche disidratate.

Ancora, è stato chiesto di ridurre i cibi ricchi in grassi saturi (carne rossa e processata, latte e prodotti caseari) e di evitare quelli con acidi grassi trans (margarine e snack e dolci industriali). L'olio di oliva extra-vergine estratto a freddo è stato proposto come principale fonte di grassi. Ancora, è stato incoraggiato l'uso di semi e tra i prodotti di origine animale sono stati privilegiati pesci di piccola taglia, come sgombro e sardine, ricchi in acidi grassi polinsaturi omega 3.

"Lo scopo dello studio era misurare il numero di recidive nei due gruppi. Purtroppo il confronto è stato deludente e il risultato non certo quello che ci aspettavamo: praticamente non ci sono state differenze", ha dichiarato Berrino. In effetti, ci sono stati 95 casi di recidiva nel gruppo di intervento e 98 in quello di controllo. Analizzando nel dettaglio i dati, però, emerge anche un risultato molto positivo e confortante.

"Considerando tutto il campione di 1542 donne, nel terzo delle donne che ha aderito di più alle raccomandazioni si osserva una riduzione molto significativa delle recidive, di oltre il 40% rispetto al terzo delle donne che le hanno seguite meno. E se guardiamo solo alle donne che hanno avuto un tumore positivo per i recettori ormonali allora la riduzione supera il 50%", ha indicato.

"Verosimilmente molte donne del gruppo di intervento hanno cambiato la propria alimentazione meno di quanto ci aspettassimo, e allo stesso tempo molte donne del gruppo di controllo hanno anch'esse cambiato. La nostra ipotesi è che chi era predisposto a cambiare alimentazione lo ha fatto, indipendentemente dal nostro intervento. Lo studio DIANA per la prevenzione delle recidive dei tumori al seno continua oggi sotto la direzione della dttoressa Anna Villarini, ora all'Università di Perugia, e chi vuole può partecipare iscrivendosi sul sito www.dianaweb.org", ha confermato Berrino.

Va detto che gli studi di intervento alimentare sono in generale pochi e ad oggi non hanno dimostrato di poter cambiare radicalmente la prognosi. "Ma a mio avviso questo dipende dal fatto che cambiare davvero è molto difficile. È faticoso: bisogna andare contro a quello che mangiano tutti, cucinare in modo diverso per sé e per il resto della famiglia. Ci sono tante ragioni per cui le pazienti non riescono a cambiare dieta. Il primo studio DIANA di intervento, nei primi anni Duemila, aveva un alto livello di ingaggio: gli incontri si svolgevano due volte a settimana e nel giro di pochi mesi avevamo osservato un abbassamento della glicemia e dei livelli degli ormoni sessuali. In un secondo studio DIANA incontravamo le donne ogni 15 giorni e in questo ultimo studio soltanto una volta al mese. Il protocollo è quindi molto cambiato, perché per avere risultati robusti è necessario testare l'intervento su un campione grande, ma gestire 1.500 persone richiede finanziamenti ingenti", ha confermato.

"Tuttavia io continuo a raccomandare alle donne che hanno avuto un cancro della mammella di cambiare alimentazione. Perché anche se questi dati fossero dovuti a qualche fattore che non abbiamo saputo controllare, vale comunque la pena di tentare", ha concluso Berrino.