Trattamento farmacologico

Trattamento farmacologico

  • di Redazione
  • 13 Dicembre 2016
  • Il Tumore Ovarico
  • Nelle pazienti a basso rischio (Stadio IA) la chirurgia e’ risolutiva nel 95% dei casi: non si procede al trattameno chemioterapico.
  • Negli stadi iniziali ad alto rischio (Stadio IC o grado elevato) il 25 – 30% delle pazienti potrebbe avere una recidiva: si procede con una chemioterapia adiuvante.
  • Negli stadi avanzati il 70 – 80% delle pazienti puo’ avere una recidiva nei due anni successivi all’intervento: si procede ad un trattamento chemioterapico definito di prima linea.
  • In caso di recidiva dopo il trattamento chemioterapico di prima linea, si passa a terapia di seconda linea.

La chemioterapia di prima e seconda linea rimane, dopo la chirurgia, il trattamento cardine per il trattamento del carcinoma ovarico e si avvale di un trattamento farmacologico standard a base di paclitaxel e carboplatino, a tutt’oggi la combinazione terapeutica di riferimento.

Anche se molto efficace per la malattia, la chemioterapia presenta degli effetti collaterali. Nella maggior parte dei casi si può avere: perdita dei capelli, nausea e vomito, un generale senso di spossatezza, diarrea e costipazione, a volte possono comparire anche delle neuropatie, si possono verificare disturbi alla bocca e al primo tratto gastrointestinale, un generico disinteresse per l'attività sessuale. Sono effetti fastidiosi ma quasi tutti temporanei. E' comunque consigliabile, per chi ne senta il bisogno, sia durante i trattamenti che dopo, farsi seguire da uno psicologo.

Negli ultimi anni, per lo più in associazione alla chemioterapia, si sono affermate nuove terapie dette "a bersaglio molecolare". Si tratta di farmaci rivolti verso un bersaglio specifico identificato come particolarmente importante nella genesi o nella progressione di una determinata neoplasia.

Angiogenesi e terapia anti-angiogenica

Come per molte forme di cancro, anche per il tumore ovarico un bersaglio molto importante è rappresentato dall’angiogenesi, ovvero dalla crescita dei vasi sanguigni creati dal tumore per rifornirsi delle sostanze nutritive e dell’ossigeno di cui ha bisogno per crescere e diffondersi.

La terapia anti-angiogenica aggredisce la malattia arrestando il processo di sviluppo dei vasi sanguigni di cui il tumore ha bisogno per proliferare e diffondersi in altre regioni del corpo. L’uso del trattamento anti-angiogenico nel tumore ovarico offre quindi una nuova importante opportunità.

I farmaci PARP Inibitori

Le cellule normali, ma anche quelle del tumore ovarico, riparano i danni al DNA attraverso diversi meccanismi molecolari. Alcuni di questi meccanismi coinvolgono le PARP (poli ADP ribosio polimerasi), che sono anche responsabili dei processi di apoptosi, che significa morte cellulare programmata.

Nelle pazienti con mutazione BRCA1 e BRCA2 è presente un deficit di riparo del DNA attraverso la cosiddetta ricombinazione omologa, un altro meccanismo di riparo complementare a quello delle PARP. Quando si utilizzano degli inibitori delle PARP in soggetti con mutazione BRCA1 e BRCA2, entrambi i sistemi di riparo del DNA diventano inefficaci, favorendo la morte cellulare. Questo fenomeno si chiama "letalità sintetica" e spiega perché i PARP inibitori sono particolarmente attivi nelle pazienti con mutazione BRCA1 e BRCA2.

Attualmente sono in via di sperimentazione diversi inibitori di PARP impiegati nell'ambito del trattamento del tumore ovarico, tra i quali uno, Olaparib, è già disponibile in classe rimborsata in Italia. 
 

Fonti

ACTO ONLUS - Alleanza contro il tumore ovarico

AIRC - Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro