Il giardino di pietre

Il giardino di pietre

  • di Redazione
  • 18 Febbraio 2019
  • I Mille Colori di Fausta

Torna il lunedì dell’amica Fausta Giorgia Mascia con un nuovo racconto pieno di emozioni

Sono le 13:00, un Sole tiepido illumina la stanza, poiché sono sola da mezz'ora, piango. Stamane alle 10:00 il Sole era più caldo, si sentiva quasi la vaghezza della Primavera. Volevo uscire, andare al mare, ma ero fiacca, stanca, e ho dovuto rinunciare. Non è la sola rinuncia. Ogni giorno, nel mio giardino interiore, una cosa bella che vorrei fare è sostituita da una pietra-stop-non puoi. Prima ero un giardino pieno di fiori multicolori, oggi questi ultimi sono stati sostituiti da pietre grigie, pesanti, dolenti, che fanno piangere. Ogni giorno ne poggio una che schiaccia il fiore che avrei voluto concimare. C'è il giorno che capisco appieno che non potrò più guidare, una piccola pietra grigia, quello in cui comprendo e interiorizzo che non camminerò mai più come prima e da sola, un'altra grossa pietra grigia, poi c'è il giorno che realizzo che anche una cosa semplice come la pulizia dentaria e da rimandare perché con la trombosi che curo non posso ancora occuparmi dell'igiene dentale e allora un'altra piccola pietra, ma acuminata, si poggia su un altro piccolo fiore. C'è stato un taglio dei capelli quasi a zero: mi vedo brutta, senza ciglia e sopracciglia ma può andare, aggiungo un altro sassolino nero nel mio giardino interiore. Poi mi stanco facilmente dopo due ore di qualsivoglia lavoro, devo smettere e lasciare le cose a metà, un altro sassolino aguzzo che uccide un'altra rosa. Il giorno degli esami e della chemio, il giorno della TAC una parte di me piange, muore: un masso nero che uccide un mazzo di rose rosse. Guardo alle mie amiche che vivono la vita di sempre senza muretti di pietra, senza pietre che sono lacrime di dolore solidificato, e penso che ho passato tanto dolore, orrore e mali che io non potrei mai augurare a nessuno o dare a nessuno. Ho pagato salato per questa mia unica vita che mi è stata concessa e, se non avessi la mia fede in Dio, forse avrei già da tempo deposto le armi chinando la testa al ceppo del boia perché, a volte, penso che tanto dolore malvagio non sia concepibile e non esista che venga dato a bambini o adulti. È l'assurdo del male che colpisce spietatamente senza mira, alla cieca. E così oggi guardo il mio giardino interiore: un fiore tre pietre, un fiore un masso, un fiore una fila di sassolini aguzzi. Questa mia nuova vita e così oggi: un giardino di pietre e sassi. Le mie rose sono rare come le mie ciglia. Oggi, in questo mio giardino di pietra, entro e cerco di salvare le mie rose: sono poche ma bellissime e con un profumo intenso. Sette rose: posso leggere, scrivere, cucinare, uscire accompagnata, osservare la vita, fare qualche faccenda, godere dell'amore dei miei figli e di mio marito. So che me lo devo far bastare, va bene così! Sette rose non sono poche e sette amori che posso ancora coltivare sono tantissimo! Però se guardo al mio giardino, dove le pietre sono più numerose delle rose e sono pietre quasi difficilmente removibili una grande tristezza scende nel mio cuore. Poi lo so, arriveranno i miei figli, Carlo mi porterà a fare una passeggiata, leggerò un buon libro, leggerò i racconti di "mai più sole" e si placherà questa tristezza. Questa mia vita monca è pur sempre accettabile e bellissima e me lo ripeterò tante volte come un mantra mentre con la stampella affrontò un nuovo giorno di vita. Perché anche in un giardino di pietra c'è linfa di vita, sangue e amore che non permette alle mie sette rose di sfiorire, morire. Devo alimentarle, devo curarle, e vivere per esse cercando di essere felice di averle anche se la paura ogni giorno apre nuovi varchi e aggiunge una pietra nel mio giardino.

Esco sul mio balcone dove coltivo le erbe aromatiche. Il Sole mi scalda, il cielo è limpido e chiaro, uguale per me e per gli altri, come il mio adorato mare piatto o burrascoso: posso goderne appieno, sentire gli odori portati dalla salsedine, quelli della pineta, posso stare seduta su una panchina a godere le forme di vita che i miei occhi fotografano. Vedere, le cose belle come gli occhi dei miei figli e di mio marito sentire i profumi, percepire l'amore, ringrazio Dio per questi doni di cui non mi ha privata…