C’e ancora speranza…

C’e ancora speranza…

  • di Redazione
  • 7 Ottobre 2019
  • I Mille Colori di Fausta

Ritorna l’appuntamento del lunedì con l’emozionante rubrica curata dall'amica Fausta Giorgia Mascia

Pensavo. C'è speranza che guarisca, deve esserci! Pensavo a tutto l'amore e la dedizione con cui Eva aveva seguito per tre anni il mio calvario come una madre, lavandomi, imboccandomi, cambiandomi, cucinando per me, sbrigando tutto l'iter burocratico del mio percorso medico. File e file di prima mattina per tenermi il posto per la chemio. Tutto questo amore Dio deve certamente averlo visto, premiato. Pensavo ad Antonio, alla sua guida per condurre me e il padre in ospedale, alle sue carezze, la stretta della sua mano a darmi forza prima di entrare in sala chemio, ricordo tutti i suoi doni fatti con amore, pensati per me e le notti nelle quali si alzava per accarezzarmi, rimboccarmi le coperte facendomi trovare poi la mattina il frigo pieno di cibi che mi piacciono quando non sto troppo bene. Poi pensavo a Gabriele che veniva ogni giorno preparandosi qualcosa per farmi rivedere, che mi massaggiava il corpo indolenzito con creme che comprava per me, che mi raccontava vissuti che mi portavano lontano dalla soglia stretta che è la stanza dell'ospedale. Il mio tenero, dolce Gabriele sempre pronto a portarmi notizie confortanti per la cura del mio male. Infine ma non per ultimo mio marito Carlo che durante la mia degenza ospedaliera arrivava al Businco alle sette della mattina per andare via di notte: entrava e usciva nei cinque minuti rubati al solo fine di vedermi, consolarmi, accudirmi farmi capire che c'era; il mio impagabile amore!

Io amo costoro più della mia vita eppure li ho fatti soffrire. Li faccio soffrire…  Sì, lo so: sono molto amata e non solo dalla mia famiglia, c'è anche mia sorella Carla i miei numerosi e degli amici Titti, Matteo, Giorgia, Fede, Alberto ci sono le mie meravigliose ragazze di Ma più sole: le Valentina, Albachiara, c'è Dott. Maccio, Lavra, Nieddu, Onnis, e le dott.sse Cherchi, Tanca e Sanna, e tutte le infermiere che nonostante il duro lavoro mi accolgono in reparto e in sala prelievo e chemio sempre con un sorriso. Nonostante tutto questo a volte quando la depressione e il panico arrivano penso alla mia pochezza a quanto sono fragile e a quanto ancora devo curarmi. Ora sono qui in cucina che scrivo, Carlo vicino a me sta facendo alcuni conti. Mi sento un po' sola, vorrei un segno, sentire l'amore di Dio, l'amore di padre Pio, della Madonna, dei miei genitori… Nel silenzio della cucina squilla forte il campanello che ho in camera da letto e che uso per chiamare in cucina quando non sto troppo bene. Io e Carlo ci guardiamo. Il campanello risuona. Ma a casa ci siamo solo noi. Un falso contatto per una mente razionale ma mi piace pensare che fosse un segno del cielo: nella leggenda di Capri l’angelo Michele apparve a un bimbo spaventato dicendogli "Bimbo mio prendi questa e segui sempre il suo suono, ti salverà da ogni pericolo" e sfilandosi dal collo una catenina con una piccola campanella la porse al fanciullo disperato, dopotutto anch’io sono una bambina spaventata che affronta un pericolo e adesso l’angelo guerriero può usare anche mezzi più moderni per cui… grazie, ora sono felice, forte di questo segnale che viene dal cielo…