

Il paradiso all'improvviso
- di Redazione
- 8 Marzo 2022
- Amor vincit omnia
Secondo appuntamento con la rubrica "Amor vincit omnia" curata dalla nostra amica Daniela Zedda che racconta l'incontro con i suoi pezzetti di paradiso
DICLAIMER: "La vita è una questione di attimi, e in un attimo tutto può cambiare: drasticamente, repentinamente, definitivamente, ma, a volte accade che dalla più catastrofica delle situazioni si riesca comunque a trarre qualcosa di buono, soprattutto se all’orizzonte appare "Il Paradiso, all’improvviso"!"
Nel 2020 il Covid 19 ha rivoluzionato le nostre vite proiettandoci in un mondo nuovo, fatto di incertezze e precarietà, in cui nulla si poteva più dare per scontato, in cui ogni nostra certezza poteva frantumarsi e infrangersi in un attimo, senza preavviso alcuno. Scoprirsi malata oncologica in seguito allo strettissimo e rigidissimo lockdown del 2020 è stato traumatico. Il mondo era cambiato. Gli ospedali erano diventati terra minata, e le disposizioni prevedevano che al loro interno si entrasse rigorosamente da SOLI: qualunque cosa ti aspettasse al di là di quelle mura, avresti dovuto affrontarla in totale solitudine.
L’unica mano da stringere sarebbe stata la tua, gli unici occhi in cui cercare conforto sarebbero stati quelli di emeriti sconosciuti, il cui sorriso veniva irrimediabilmente coperto e oscurato da un’anonima mascherina. Il primo impatto è stato devastante però poi, come spesso accade, le cose sono cambiate, perché l’uomo, per sua natura, possiede una straordinaria capacità d’adattamento e ha imparato a sorridere e a incoraggiare con gli occhi, con una carezza accennata, con un cenno del capo, sviluppando strategie per riempire quei vuoti creati da una delle emergenze sanitarie più destabilizzanti del secolo. A trasmettere calore e umanità in modo differente, a cavalcare, per non affogare, la grande onda. Non posso rimproverare a me stessa alcunché. Lo stadio avanzato del mio tumore è stato la risultante di una diagnosi errata di un medico da cui sono corsa ai primi campanelli d’allarme, e la conseguente mancata tempestività della diagnosi sommatasi ai ritardi negli accertamenti, e alle rigide regole del protocollo post Covid, hanno fatto tutto il resto.
Pareva quasi una beffa del destino che s’era accanito in maniera crudele sulla mia persona, ma se la vita è stata severa con me, a un certo punto mi ha dato però modo di ricredermi, e come per magia, grazie all’intercessione di una persona veramente speciale, Dolores, sono approdata nell’unico luogo in cui ero probabilmente destinata ad arrivare, e lì in pochissimo tempo mi è stata restituita speranza, e vita da cui ricominciare. È lì, alla casa di Cura di Decimomannu che, ogni 21 giorni da allora, mi reco per fare quella terapia che mi tiene in vita. Ed è nei loro confronti, in primis, che provo una profonda GRATITUDINE. Ho passato tantissime mie giornate in sala chemio, ho ascoltato le storie di tante donne, alcune forti, altre fragili, alcune scoraggiate, altre decise, la maggior parte inserite in un percorso pre o post operatorio, tutte lottatrici pronte a battersi, e decise a VINCERE. Io no, non potevo, io ero lì per recuperare tempo. Ero già metastatica ossea. Ricordo che di fronte alla mia ferrea convinzione che sarei guarita, nonostante tutto, il chirurgo che mi sconsigliò l’intervento sorrise bonariamente, e mi disse semplicemente "Se lei rimane così, per noi è già guarita!". Quanta delicatezza in quelle semplici parole: le stesse di un padre che guarda con tenerezza a un figlio dai sogni spropositati.
Ma mi sento comunque una privilegiata, perché ho avuto in DONO TEMPO che, fondamentalmente per l’uomo, spesso inconsapevole di questo, è il dono più prezioso in assoluto. Il tempo che scorre e non torna, che segna il nostro incedere, che scandisce gli attimi della nostra vita intera, e non è la quantità, quanto la sua qualità a rendere il nostro passaggio degno di nota per chi abbiamo e ci ha amato, e soprattutto degno di nota per noi stessi, se quel tempo riusciamo a riempirlo d’emozioni che fanno vibrare il nostro cuore e la nostra anima. Ricordo che rimanevo, e tutt’ora rimango incantata, a guardare con quanta premura e delicatezza le infermiere, ma anche gli oncologi, si prendono cura delle singole pazienti, una per una, con amore e infinita pazienza. Nessuna frenesia, nessuna risposta seccata, sbrigativa. Tanta delicatezza per spiegare in termini rassicuranti e semplici, ancora una volta, che le scelte fatte sono le più consone e appropriate. Ho visto sfilare davanti ai miei occhi tutte quelle emozioni che una persona che affronta una malattia ha bisogno di elaborare. Durante il giro visita i tre oncologi non disdegnano un approccio sereno e rilassato, fatto anche di battute divertenti che distendono il clima talvolta teso che si crea quando si affrontano problematiche complesse, ma, altrettanto repentinamente passano poi ad un approccio serio e professionale, nel dare risposte chiare, concrete ed esaustive di fronte agli interrogativi posti dalle pazienti, talvolta in ansia e spaventate.
I medici sono coloro ai quali è stato affidato il difficilissimo compito di tracciare un confine tra la vita e la morte. Sono uomini e donne, fanno quanto nelle loro possibilità, sognano in grande, sperano sempre, ma non sono infallibili. Salvano tantissime vite, altre le perdono, altre ancora le accompagnano. Ma, ciò che cura non è semplicemente il farmaco, ma l’approccio, l’umanità, l’assenza di drammi e la capacità di rasserenare. E così ho deciso di mettere la mia vita nelle mani di questi tre oncologi, che mi hanno preso in carico. Una SQUADRA. Tanto si vede che le decisioni le prendono insieme. Ragionate, oculate, ponderate. Perché si confrontano. E, soprattutto della giovane e determinata dottoressa Spiga, nello sguardo della quale io non leggo mai un barlume di dubbio e titubanza, e che quasi quasi mi fa credere che veramente a questo tumore, nonostante tutto, possiamo fare la pelle. Questo ospedale, e le tante persone che ci lavorano è diventato quasi una seconda casa per me, persone legate tra loro da un comune denominatore, un marchio di fabbrica, che se dovessi descrivere usando un'unica parola, sceglierei la parola GENTILEZZA. Un posto speciale, un po' magico. Ricordo ancora la prima tac che feci da loro: entrai in questa sala spaziosa e, stesa sul lettino, sollevando gli occhi verso il soffitto illuminato dai raggi del sole, mi si stagliò di fronte un pannello celeste e bianco: pareva lo scorcio di un cielo a primavera e "Ohibò!" ho pensato: "Sarà un messaggio subliminale? Il Paradiso all’improvviso?".
Sorrisi, mentre tra un "Trattenga il respiro" e un "Butti fuori l’aria" con gli occhi continuavo a cercare divertita il pezzetto di Paradiso rotolato laggiù. Così allo stesso modo rimasi stupita la prima volta che feci il tampone antigenico necessario per poter accedere alla struttura: si facevano nei box prefabbricati nel parcheggio circostante la struttura. L’ennesima formalità, l’ennesima attesa, ma guardandomi intorno notai subito che nelle aiuole circostanti spuntavano fieri degli alti steli di splendidi GIRASOLI. Qualcuno si era veramente messo d’impegno per fare di quella struttura un inno alla VITA e alla SPERANZA, e, devo ammetterlo, questo è il caso in cui, "Complimenti all’architetto!!! Quando si dice " i particolari che fanno la differenza!"…ma…non è che è veramente "Il Paradiso all’improvviso?".