La malattia rende coraggiosi

La malattia rende coraggiosi

  • di Redazione
  • 5 Marzo 2019
  • Rita, poesie e non solo

Continuano le avventure di Rita Meleddu. Ecco un nuovo racconto per la rubrica "Rita, poesie e non solo"

Sono sempre stata una fifona stratosferica, fin da piccola temevo tutto ciò che riguardava la salute. Il dentista in primis, aiuto, lo temo ancora, ma anche fare una semplice puntura era un dramma. È anche vero che quando ero piccola io non esistevano ancora le siringhe monouso, usa e getta con gli aghi molto sottili che effettivamente fanno meno male degli aghi in uso allora. All'epoca c'era la siringa in vetro che andava sterilizzata ogni volta che si doveva adoperare, così pure l'ago, quindi noi bambini già terrorizzati dal dover fare una puntura,  assistevamo alla scena della sterilizzazione della siringa che andava messa a bollire a lungo dentro un apposito contenitore. Nella nostra innocenza e fifa, speravamo vivamente che questa siringa essendo di vetro  si rompesse durante l'operazione di sterilizzazione, in modo da poter saltare l'iniezione,  ma questo non accadeva mai e dunque dovevamo rassegnarci a pungere. Spesso le infermiere erano le zie o le vicine di casa, chiunque sapesse fare una iniezione insomma, la siringa era molto pesante in confronto a quelle odierne, l'ago più grosso, in genere la puntura faceva male e noi bambini versavamo calde lacrime. Avevano voglia di dirci: "tieni la gamba morbida altrimenti ti fa male", facile a dirsi, aspettavamo il momento che speravamo durasse in eterno dello sfregamento sulla nostra natichina del cotone imbevuto di alcool, bloccati come eravamo dalle braccia di chi ci teneva ben fermi, era tutto un implorare: "aspettate, non sono pronto o pronta (non si è mai pronti per farsi fare una puntura), un attimo... ma la pungitrice non si faceva impietosire, giurava e spergiurava che si sarebbe trattato di un attimo e non avrebbe fatto male e quando noi ci rilassavamo un momento :  zaaaaccc, ecco arrivare la puntura, quell'attimo sembrava eterno e noi tutti a piangere e disperarci. Il bello è che l'infermiera di turno aveva la faccia tosta di chiedere:" Vero che non ti ho fatto male?" Vabbè, lasciamo stare i ricordi dolorosi. 

Oggi come già detto le siringhe più leggere e gli aghi più sottili fanno si che fare una puntura non sia più un incubo. Partendo da questi  presupposti, si capisce bene quanto io sia fifona. Pensate che feci il mio primo prelievo di sangue all'età di 20 anni più o meno, andai in questo laboratorio di analisi accompagnata da mia sorella, mio fratello, mia cognata e mio nipotino di 4 anni, pure lui doveva fare un prelievo.  Ebbene; chi credete abbia fatto più capricci, io o mio nipotino? Esatto...io!!!! Mi venne voglia di fare la pipì (per la grande fifa), entrai in un bagno e non fui più capace di uscirne,  la porta non si apriva e basta, si agitatono tutti e arrivarono in tanti al mio cospetto; veramente al cospetto della porta chiusa, che finalmente dopo vari suggerimenti e operazioni riuscii ad aprire. Lo ammetto, feci una figura barbina, si trattava solo di girare una manopola, ma presa dalla paura del prelievo, non riuscivo e basta. Comunque alla fine feci il prelievo non prima di aver tergiversato e aver ricevuto mille rassicurazioni sul fatto che non mi avrebbe fatto male. Devo dire che mio nipotino fu più eroico di me, diede il braccino senza fare tante storie e credo che chi mi fece il prelievo avrà pensato di trovarsi di fronte ad una perfetta idiota che non era in grado neppure di aprire una porta. Voltiamo pagina;  stendiamo un velo pietoso su tutta la faccenda e arriviamo ai giorni nostri. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti e ormai non si contano più i prelievi, le punture e gli interventi abbastanza dolorosi che ho dovuto affrontare. L' ultimo una decina di giorni fa. Come ormai sapete,  da un po' di tempo è mio compagno un catetere renale esterno.  Questo catetere è servito per salvare il mio rene destro, l'unico che funziona, visto che il sinistro è ormai escluso perché raggiunto dal tumore che si è impossassato completamente di lui. A onor del vero il tumore ha infiltrato anche il rene destro e il posizionamento del catetere si è reso necessario proprio per salvare l'unico rene sano, infatti rischiavo seriamente un blocco renale o di finire in dialisi.  Ma in cosa consiste questo catetere che va sostutuito periodicamente? Si tratta di un intervento minore abbastanza semplice, che però non è indolore.  In anestesia locale e sotto guida ecografica si raggiunge il rene interessato, si punge letteralmente il rene, viene posizionato un catetere che veicola le urine (che non raggiungono più la vescica) all'esterno del corpo, precisamente al fianco e qui trova posto un sacchetto che raccoglierà le urine e che andrà poi cambiato frequentemente.  Ecco in sintesi cos'è il catetere.

La prima volta a settembre non soffrii durante l'intervento perché in anestesia locale, ma soffrii molto i giorni seguenti.  Del resto il rene era stato frugato per bene, sicuramente era stato punto più volte prima di riuscire a inserire il catetere e appena passata l'anestesia sentii molto dolore. Accadde anche che essendosi ostruito il catetere a causa di un minuscolo grumo di sangue, mi sia dovuta recare più volte in ospedale per cercare di rimuoverlo. Avevo paura di finire nuovamente in sala operatoria ma certamente non potevo stare a casa facendo finta di niente. Risolto il problema ho avuto varie volte dolore, anche molto forte,  evidentemente il catetere si sposta, delle volte basta un piccolo movimento perché questo accada, in ogni modo tra un dolore e l'altro passano i mesi e arriva il momento di cambiare il catetere. Veramente mi è stato lasciato in sede ben più a lungo del tempo previsto, ma per me in ospedale non c'era mai posto, mi sono recata a protestare per 5 volte, solo l'ultima volta sono stata presa in considerazione e ho potuto appunto cambiare il catetere. Ma arriviamo al punto.  Arrivo la mattina presto e mi dispongo ad aspettare. Come sempre succede quando dobbiamo fare qualcosa che non ci piace,  il tempo non passa mai e benché sia un piccolo intervento la paura e l'ansia ci sono  sempre. Finalmente tocca a me, mi fanno preparare, infilare il camice verde che già fa spavento al solo vederlo,   e mi portano giù. Arrivata alle sale dove c'è un freddo terribile mi fanno sdraiare a pancia in sotto in un altro lettino. Tra un po' si comincia. Ecco, ora devo posizionarmi bene in modo da essere pronta. Al braccio destro ho la flebo e l'apparecchio per misurare la pressione sanguigna. Il braccio sinistro è libero a parte il saturimetro al dito che però non mi disturba. Comincio ad avere dolori dappertutto, è una posizione molto scomoda, stare sdraiata a pancia in sotto col braccio destro steso e il sinistro sotto il mento (per stare un po' rialzata), non è facile. Mi consola il fatto che il primario mi ha detto che visto che il catetere funziona bene, provvederanno a sostituirlo senza però pungere il rene. Sono più tranquilla ma, c'è un ma, tutto questo avverrà senza anestesia. Iniziano, sento tutto, quando spingono la sonda sento un dolore al basso ventre ma non apro bocca, più che il dolore mi fa star male la posizione nella quale sono messa, mi sento soffocare, il mio torace per la grande costrizione in cui è costretto, sembra non espandersi, faccio fatica a respirare, ogni respiro mi costa fatica, ma non dico nulla.  Ci sto malissimo, mi sento perché lo sono, tutta indolenzita, le braccia,  le mani e le dita non le sento più, cerco come posso di tenere la testa sollevata ma non è facile.  Il senso di soffocamento è terribile, più del dolore continuo che sento.

Non so quanto tempo sia passato da che hanno iniziato, forse venti minuti ma sembrano ore, è proprio vero che quando si sta male il tempo non passa mai. Penso anche a come riposizionarmi sul lettino nel quale mi hanno portata giù, devo prima tirarmi su in questo lettino strettissimo e poi trasferirmi nell'altro.  È facile a dirlo, più difficile eseguirlo, anche perché ho ancora la flebo, il catetere nuovo e non mi sembra il caso di fare movimenti bruschi che possono farlo fuoruscire. Passa ancora un po' di tempo e sento una dottoressa chiedere a un altro medico: "Devo mettere un punto?" E lui :"si!!". A questo punto la dottoressa si rivolge a me dicendo: "Signora, ora le metterò un punto, sentirà solo un pizzichino!" Alla faccia del pizzichino, ricordo che non avevo nessuna anestesia e sento tutto, non è piacevole sentirsi conficcare un ago sul fianco, ma sto zitta, anzi dico: "va bene!". Mi stupisco di me stessa, la malattia mi sta dando molte prove da superare, molte le ho superate, mi ha insegnato a sopportare molto il dolore e a fare cose per me impensabili. Mi ha dato molto coraggio e molta forza.  Non pensavo di possederli. Vero è che quando la vita ci mette alla prova, tiriamo fuori una forza e un coraggio che neppure sapevamo di possedere. Certo è che solo pochi anni a chi mi avesse detto: "Signora, stia ferma, mettiamo un punto e sentirà solo un puzzichino" avrei risposto senza dubbio con la fuga, che ancora mi stavano rincorrendo...