Il cappuccino col sorriso

Il cappuccino col sorriso

  • di Redazione
  • 17 Settembre 2019
  • Rita, poesie e non solo

Ritorna l’atteso appuntamento del martedì con la rubrica curata dalla nostra amica Rita Meleddu"Rita, poesie e non solo"

Un mese fa più o meno, arriviamo in ospedale per i consueti appuntamenti, intorno alle 6 del mattino. Questo accade da svariati anni, siamo abituati così, io appena arrivo entro nella cappella  dell'ospedale, dove mi accoglie un silenzio che invita alla meditazione, mentre mio marito sale in reparto, in attesa che aprano, quando questo avviene, prende il biglietto col numero corrispondente al mio percorso di cura,  poi torna da me; restiamo ancora un po' nella cappella, una sorta di raccoglimento prima di affrontare una giornata che, per forza di cose, sarà lunga. Arrivando così presto si capisce che l'ospedale sia ancora silenzioso, addormentato quasi, si respira quasi un'aria irreale; tutto è soft.

Un mesetto fa dunque si ripete la scena, silenzio e le persone che iniziano ad arrivare, chi va su, chi sta giù chi dovrà fare chissà che, chi è impaurito perché magari ha degli esami particolari o attende esiti, insomma, ognuno va incontro alla propria sorte. Ecco dunque arrivare in chiesa mio marito, come sempre facciamo ormai da 10 anni, un giochino stupido che però ci fa ridere, in sintesi, mio marito si siede vicino a me e mi porge il bigliettino con il numeretto. Io lo prendo, lo guardo e ogni volta rido perché invece del bigliettino numerato mi dà lo scontrino fiscale del bar dell'Oncologico (lui entra da solo per un caffè energetico) e ogni volta ci casco. Ma questa volta mi allerto, come mai ha lo scontrino del bar, se lo stesso è chiuso da un bel po' di tempo? È vero che eravamo a conoscenza della sua prossima apertura, ma in realtà non apriva mai. Usciamo dalla cappella e intravedo le luci accese del bar, ma prima mi giunge il tintinnio tipico di piattini, tazzine e cucchiaini che sbattono tra loro che vengono appoggiate al bancone, oppure lavate. Insomma i rumori vivi e tipici di un bar.  Non posso entrare ancora però, prima devo fare i prelievi del sangue, poi sicuro che farò la mia entrata trionfale (si fa per dire) all'interno del bar ristrutturato, e fare finalmente colazione. Il Perché il bar sia rimasto chiuso a lungo è una storia, sicuramente carica di burocrazia e intoppi vari, che a noi pazienti francamente interessa poco, ci interessa che il bar abbia ripreso a funzionare. È un servizio utile, si potrà dire che ci sono questioni più urgenti da sistemare; ma una cosa non esclude l' altra.

Il bar serve a mio avviso a tutti, ma in particolare (pazienti anziani o molto provati) a chi magari non può spostarsi dal presidio ospedaliero e recarsi dunque a fare colazione o quello che è, in altri luoghi più distanti dall'ospedale.  Insomma, il bar serve. Per noi è un rito, fatti i prelievi si torna giù a mangiare qualcosa, questo spezzare anche solo di 10 minuti il ritmo ospedaliero fatto di visite e cure varie, è producente per noi, ci carica in qualche modo. Al solito mi dilungo nelle spiegazioni e non vengo mai al dunque, ma ora ci arrivo...
Fatti gli esami dunque quel tal giorno, via di corsa al bar. Ci accoglie un locale rinnovato e molto luminoso, che già mette allegria o in ogni caso buonumore.  A dire il vero il locale  prima della ristrutturazione era abbastanza tetro, e anche leggermente deprimente, ma parlo degli arredi naturalmente.  Dunque entriamo e cerco con lo sguardo le persone che gli anni passati lavoravano al bar. Ne riconosco uno, di cui però non so il nome e con Elio gli facciamo gli auguri, neanche il bar fosse suo (veramente potrebbe anche essere), e però vedo che mancano due ragazzi ai quali sono molto affezionata, Paola e Fabio. Dove sono? Qualcuno interpellato ci dice che magari hanno il turno pomeridiano, oppure lavorano in altra sede. In effetti Fabio lo incontrammo esattamente un anno fa al bar dell'ospedale Brotzu. Io ero molto intimorita, stavo male e dovevo mettere il primo catetere, certo sapevo di cosa si trattava; ma si sa bene che la teoria è diversa dalla pratica e dunque in un certo senso andavo verso l'ignoto. Dovete sapere che il bar del Brotzu è sempre affollato ed è tutto un vociare, ma a me questo mette allegria, perché si ha la sensazione di non trovarsi in un ospedale, ma in un qualunque locale cittadino.  Il giorno dovevo stare digiuna per via dell'intervento, tuttavia entrammo al bar perché Elio voleva prendere un caffè. 

E chi vediamo dall'altra parte del bancone? Fabio!!!! Neppure lui immagina quanto io sia stata felice di vederlo, e mi pare che anche lui lo fosse. Tutto mi è sembrato più affrontabile, abbiamo parlato un po', poi io a malincuore (molto a malincuore) sono salita in Urologia dove avrei fatto quel che c'era da fare. Avevo detto a Fabio che ci saremo visti più tardi, perché dolorante o meno, un bel cappuccino non me lo leva nessuno. Purtroppo la cosa andò per le lunghe, non ci sono solo io in ospedale, ma purtroppo tanti pazienti, dunque quando lasciammo l'ospedale per tornare a casa era quasi sera, e naturalmente Fabio aveva finito il suo turno ed era  già andato via. Siamo stati tante altre volte al Brotzu, e la visita al bar inevitabile, ma di Fabio nessuna traccia. Chissà se l'avrei rivisto...
Si, che l'avrei rivisto!!! Esattamente venerdi scorso, lasciamo Oncologico intorno alle 15, e volete che passassi dritta dal bar? Certo che no. Entriamo e vediamo Fabio. La mia gioia!! È un carissimo ragazzo, educato, gentilissimo e sorridente,  non è scontato che sia sempre così, e mi mette sempre gioia. L' ho detto più volte ma è la verità.  Però venerdi ero decisa a prendere solo la pasta, perché un po' di dieta male non fa,  ma Fabio mi fa: "ma come, ha sempre preso il cappuccino con cacao e oggi no?" Potevo forse rifiutare? Un cappuccino buonissimo e decorato con un cuoricino di cacao , che però sembrava sorridesse e Fabio ha detto: "un cappuccino col sorriso!" Forse lui neppure ricorda di aver detto questa frase, ma io si e ho voluto intitolare così il racconto odierno. 

Fabio, Paola e gli altri addetti al bar forse non sanno, o forse si, che anche scambiare due parole con i pazienti o comunque con chi accede al bar, porta buon umore e incoraggiamento. Un  bar in definitiva è come un piccolo paese, si parla di tutto, ci si incontra, ci si scambia una stretta di mano, uno sguardo; un sorriso, e questo fa molto! Grazie Fabio, Paola, che mi avete sempre supportato con una parola buona o anche semplicemente uno sguardo, perché sono entrata da voi stando bene e stando male, molto male, e chissà quanta sofferenza avete visto in questi anni nei volti tirati di tanti pazienti, ma sono sicura, avrete visto anche persone gioiose perché guarite o si spera che lo siano, o perché magari hanno avuto un esito favorevole o per tanti motivi. Siamo spesso abituati a ringraziare giustamente, medici, infermieri, volontari che fanno tantissimo per noi, e fanno funzionare le cose pur tra tante difficoltà, però raramente si ringraziano le altre persone che lavorano a qualsiasi titolo in un ospedale.  Ecco, mi sento di ringraziare tutti e un grazie particolare a Fabio, Paola e chi lavora con loro, perché un bar è vita vissuta, e perché un sorriso o una buona parola non costano nulla a chi li fa ma danno molto a chi li riceve.

Desidero ringraziare anche una ragazza presente al bar venerdi scorso, sempre intorno alle 15, che mi ha riconosciuto, mi ha detto che mi segue sempre e mi ha ringraziato per quello che scrivo. Veramente sono io che ringrazio chi mi segue, perché delle volte non mi sembra vero che siate così tanti e mi seguiate con affetto. Siete di sprone per andare avanti.  Ecco, venerdi stavo andando via e nella fretta mi sono scordata di chiedere a questa ragazza il suo nome. Mi piacerebbe sapere come si chiama e se si riconosce mi può scrivere il suo nome, anche in privato perché mi piacerebbe scambiare due parole con lei che si è mostrata così gentile e dolce con me.