Giornate infuocate

Giornate infuocate

  • di Redazione
  • 7 Luglio 2020
  • Rita, poesie e non solo


La nostra meravigliosa Rita Meleddu racconta come la speranza è la determinazione possano risollevarci anche nei momenti più difficili. 

A giorni farò la TAC, anzi spero di poterla fare: ho sempre la creatinina alta, e questo è un ostacolo non da poco. Ormai, come sapete, i miei reni sono in sofferenza, o meglio il sinistro è stato completamente inglobato dal tumore, da anni e anni; il destro è stato salvato in extremis dal posizionamento di un catetere esterno e, per questo, devo ringraziare ancora perché pur avendo avuto disagi e problemi vari, anche importanti  per un anno esatto, mi ha tuttavia salvato da un blocco renale, ormai quasi sicuro e dalla dialisi. Ormai rimaneva poco tempo per agire, ma non riuscivamo a posizionare il catetere, perché quell' anno lì me ne successero tante. Ebbi la varicella prima, a causa delle mie difese immunitarie praticamente inesistenti,  seguita a pochi mesi da un violentissimo Herpes zoster, il cosiddetto Fuoco di Sant'Antonio che impediva ogni cura. Tale era stata la violenza del virus che, sebbene preso in tempo, dovetti fare un altro ciclo di antivirale, pomate varie perché il braccio destro era quasi tutto invaso da enormi bolle, era come bruciato e ancora ne porto i segni. Dovetti aggiungere dei farmaci della terapia del dolore, e fare una infiltrazione di cortisone e anestetico, tra le vertebre, una cosa non proprio piacevole, ma il dolore neurologico era talmente forte e invalidante che pur essendo io una fifona nata, accettai senza esitare di fare l'infiltrazione. Il Fuoco di Sant'Antonio mi portò a rinviare persino la chemio, perché era da incoscienti come disse l'oncologa, far entrare la chemio dentro il mio corpo, già occupato dal virus. Se non potevo fare la chemio, figuriamoci posizionare un catetere... Precedentemente avevo avuto una trombosi venosa profonda alla gamba sinistra. Potevo prenderla in forma lieve? Certo che no! E allora non facciamoci mancare nulla. Eravamo sotto Natale, ma proprio il 25, la gamba tutta, dalla coscia (dove era presente il trombo) a tutto il piede, era il doppio dell'altra. Chi mi ha visto può confermare. Tale era l'infiammazione che la gamba era letteralmente arrostita, tutta arrossata e addirittura si spellava, come quando si va al mare e ci si brucia. Una cosa orribile, da vedere, ma soprattutto dolorosissima. Non potevo neppure poggiare la punta del piede a terra che urlavo dal dolore; poi siccome mi sono abituata a soffrire; alla fine stavo zitta, per girare in casa mi dovevo aggrappare a mio marito, per non poggiare il piede. Mi dovette comprare le stampelle per spostarmi in casa. Ricordo il giorno di Natale, febbre alta e dolori a mille, era proprio il periodo clou, l'apice della trombosi, e ricordo che mia sorella, che mi aiuta sempre, e la ringrazio per questo, dovette fare tutto lei. Io, che ho tanti difetti, mi riconosco, però, una grande forza di volontà, non mi arrendo mai, mi do sempre da fare in casa; anche perché mi piace, ma il giorno era impossibile, stavo troppo male. Mi riconosco anche una pazienza infinita, ne ho passate troppe e ogni tanto dico che non mi curerò più, ma poi la voglia di vivere è più forte di tutto e continuo… 
Dunque per quasi un anno ci fu l'impedimento a fare l'intervento al rene, ma siccome le disgrazie non vengono mai sole, ecco l'arrivo e il propagarsi della carcinosi peritoneale, partita in sordina, prese piede a tal punto che vomitavo più volte al giorno, per mesi e mesi, non tenevo nulla, o quasi, in corpo e la conseguenza più logica fu un rapido dimagrimento. Persi 13 chili, oltre che tutta la massa muscolare, ero scheletrica, e nulla sembrava in grado di porre fine a questo scempio. Dopo una tac che confermò quello che già sapevamo, ossia che la malattia era in forte progressione e urgeva cambiare la terapia (il fatto è che ormai non avevo più tipi di chemio a disposizione, avendole fatte tutte,) la mia dottoressa ebbe una intuizione che si rivelerà felicissima, mi ripropose la primissima chemio, fatta ormai 11 anni fa, però un po' modificata, nel senso che dallo schema della terapia che si componeva di 3 farmaci, ne tolse uno, poiché lo avevo rifatto da solo e non aveva dato i risultati sperati; al suo posto, inserì, invece, un farmaco che non avevo ancora sperimentato.  Io ho capito subito che sarebbe stato lo schema giusto; e quasi spiccavo un salto verso il soffitto, dalla gioia. Ho sempre avuto infinita fiducia nei medici che mi hanno preso in cura, e sono sempre stata ripagata, la malattia certo c'è sempre tutta, ma almeno ogni tanto riusciamo ad ostacolarla un pochino. Sento comunque che la scelta ( anche perché scelte non ce n'erano altre), è quella giusta, beh, non ci si crede, ma io fin dalla prima infusione smetto di vomitare; e ormai è più di un anno e mezzo che non accade, ho ripreso tutti i miei chili che mi tengo ben stretti; anche se non devo mettere su peso perché poi sto male, e proseguo sempre con la stessa terapia, e questo è quasi un record considerando la mia condizione di metastatica grave; è inutile negarlo, si sa che le metastatiche di una certa gravità spesso  cambiano terapie come si cambiano le mutande, per fare un paragone calzante, nel senso che le mutande si cambiano frequentemente, e lo stesso succede per le terapie per le metastatiche. Quando la malattia si fa inarrestabile, si tenta il tutto per tutto, e le terapie si avvicendano delle volte senza successo una dietro l'altra. Per questo, pur nella mia sventura, mi ritengo fortunata ad aver potuto tenere una chemio così a lungo. Vero è, ne sono sicura, che la mia malattia è ancora in progressione; lo so da molteplici segnali e dal fatto che sto sempre peggio, e quindi qui carta canta. Ormai la terapia che mi ha salvato da morte certa, sta cedendo, ma come fargliene una colpa? Ha fatto il possibile e devo solo ringraziarla. Durante quel periodo terribile della carcinosi peritoneale, ero seguita anche da una dietologa bravissima, che, insieme a un'infermiera presente in ambulatorio facevano di tutto per aiutarmi, fin dal nostro primo incontro. Cercavano di farmi mangiare questo e quello, facevano proposte, soprattutto la dottoressa, certo, e ipotesi sui cibi più leggeri e calorici, in modo da poterli tenere dentro lo stomaco che, ormai ristretto e ridotto dalla carcinosi peritoneale, buttava fuori qualsiasi cibo venisse introdotto. Io infatti non avevo nessun impedimento a livello di deglutizione o dell' esofago, per cui potevo ingerire tranquillamente gli alimenti, ma non riuscivo a trattenerli. La dietologa dunque mi proponeva diverse opportunità ma non potevo coglierle perché il problema era solo uno, vomitavo tutto. Io poi sono una golosona, all'inizio soffrivo perché desideravo tutto e non potevo mangiare nulla, poi persi ogni desiderio, volevo solo cercare di trattenere qualcosa nello stomaco, ed ero felice quando riuscivo a tenere anche pochissimo latte con uno o due biscotti, opporre un budino iperproteico e ricco di ogni elemento nutritivo, che si comprava in farmacia  e sostituiva un pasto completo.  Ogni volta che mi recavo dalla dietologa tuttavia, leggevo nei suoi occhi e in quello dell'infermiera, tanta tristezza ed era palese il loro pensiero confermato poi da loro stesse, e cioè che stessi andando via: a ogni incontro venivo pesata, ed ogni volta la bilancia rivelava una perdita di peso di 4 o 5 chili. Ormai avevo perso tutta la massa muscolare e andava ogni volta peggio. Grande invece la mia e la loro gioia quando cominciai a riprendere peso! Cercavo di non pesarmi a casa, ero curiosa ma cercavo di resistere, per cui ogni volta che mi pesavo in ambulatorio e vedevamo che avevo ripreso dei bei chiletti, la dottoressa si diceva soddisfattissima degli obiettivi che ogni volta raggiungevo e in così poco tempo. In due o tre mesi avevo ripreso e superato il mio peso forma e ora, anzi, come disse la stessa dietologa, non dovevo più ingrassare.  Mi disse: "Rita, ora non ha più bisogno di me, lei stava letteralmente scomparendo, non avrei scommesso una lira su di lei, e lei invece mi stupiva ogni volta, era ben consapevole della situazione ma non si è mai persa d' animo, neppure quando ormai era scheletrica, ci ha sempre creduto non ha mai perso la speranza e questo è il risultato. La congedo con grande gioia, ma se dovesse avere bisogno di me per qualsiasi motivo io ci sono." Che bello incontrare medici e infermieri che hanno davvero a cuore la salute dei pazienti. Per il momento non ho più avuto bisogno dei suoi preziosi consigli dettati davvero non già dalla professione che glielo impone, ma da autentico amore e dal dispiacere di non potermi aiutare. Non ho avuto più bisogno dicevo, ma non dimentico e se dovessi averne so che c'è lei.  Guardate quante me ne sono successe e quanti impedimenti a posizionare quel benedetto catetere. Nessuno conosce la vita di un'altra e non sa quanto dolore ci sia dietro una semplice intervento per cercare di salvare un rene. Beh a questo punto basta ostacoli o no? Se continuo così un bel blocco renale non me lo toglie nessuno; sarà ora di concludere e cercare di salvare il salvabile. Ora non so se ricordate che oltre tanta roba a livello di malattia, ho una vasta, sempre più ampia, ormai, lesione toracica che me ne fa peggio di Bertoldo in Francia, che poi non ho mai capito cosa abbia mai combinato in Francia, tal Bertoldo, e quando le gira, si infiamma, mi provoca molto dolore, essuda e sanguina. E quando appunto ero più morta che viva per tutti gli ostacoli, mi viene da dire "casini " ma non è una bella parola, vabbè ormai l'ho detta, avevo quasi un piede nella fossa, e questa lesione non si mette a sanguinare di brutto? Risultato, emoglobina sotto i tacchi, tre trasfusioni di sangue in pochi mesi e naturalmente al Brotzu dove avrebbero dovuto inserire il catetere, non mi volevano vedere neppure in fotografia. Chi è il medico che mette mano, è proprio il caso di dirlo, su una persona che pesa 48 chili scarsi invece che 61, che è anemica persa e che ha tutta una serie di guai che neanche a volerlo fare apposta si riesce a metterli in fila? Nessuno voleva toccarmi e giustamente, non muoio di tumore non voglio certo morire per posizionare un catetere. Alla fine, però, dopo mesi atti a riprendermi un po' fisicamente, si riuscì a fare questo benedetto intervento. Ero ancora in fase di ripresa ma mi veniva voglia di affacciarmi alla finestra della mia camera d'ospedale e annunciare al mondo intero, vabbè alle persone presenti in quel momento: "Annuntio vobis gaudium magnum, habemus papam, ehm volevo dire, habemus cateterem!" Talmente l'avevo sospirato che neanche quando ho partorito ero così felice. Avrei poi sostituito per ben 2 volte il catetere fino a che lui si è stufato di stare al mio fianco nel vero senso della parola, e ha deciso di sfilarsi da solo accidentalmente facendo prendere uno spavento non da poco a me e mio marito, e per ora non c'è motivo di rimetterlo, solo che la creatinina rimane alta e può essere un impedimento anche per l'esecuzione di un semplice esame come la Tac. Dovevo parlare di tutt' altro ma mi sono incartata con la storia del catetere e vuol dire che quello che dovevo raccontare oggi lo farò la prossima volta