Torna l'appassionante rubrica bisettimanale dal titolo "Il peso della determinazione" curata dalla nostra amica Sonia Aresu

Ci chiamano guerriere, combattenti persino amazzoni, personalmente, non mi sento di rappresentarne nessuna. Certo, ci sono tantissime affinità che portano a definire una paziente oncologica (il termine malata non mi è mai piaciuto), come l'esempio di una combattente, perché si trova a dover fronteggiare un nemico e deve cercare con tutte le sue forze di sconfiggerlo. Per me è stato diverso, forse perchè il tumore, lo chiamo col suo vero nome, non l'ho visto come un mostro cattivo da odiare ma l'ho subito razionalizzato come una parte di me.

Una parte che non ci stava a fare proprio un bel niente, ma c'era e fino al momento dell'operazione, ci avrei dovuto convivere. Ci parlavo pure, gli dicevo: "Ehi, non giocare brutti scherzi, purtroppo hai invaso una parte del mio corpo, poi neanche una parte a caso eh, hai invaso il mio ovaio. Quindi andiamoci piano". Ho avuto la diagnosi a trentatré anni, proprio mentre avevo per la testa tantissimi progetti. Non sono per niente arrabbiata con il fato, quello no, perché penso che tutto ciò che ci accade sia per una ragione. A distanza di cinque anni, ho capito solo ora che avrei dovuto dare uno scossone alla vita, perché forse, quella che stavo seguendo, non era la strada che in realtà avrei dovuto seguire. Ho smesso di pianificare, perché sappiate che nella vita non serve...

Può arrivare una tempesta da un momento all'altro e distruggere tutto. Invece, ho iniziato a vivere giorno per giorno, impegnandomi costantemente, non pretendo più troppo da me come in passato. Non possiedo tanto ma tutto ciò che ho seminato, anno per anno con fatica, pianti e sudore, sta fiorendo. È una rinascita a tutti gli effetti, è come la sensazione dell'aprire gli occhi e vedere un mondo diverso da come lo si è sempre visto. Il tempo è oro, me ne rendo conto ogni giorno che passa ed è per questo che cerco di colorare le mie giornate pensando alla vita in modo positivo.