Tumore del polmone non operabile, grazie all’immunoterapia il 43% dei pazienti vive dopo 5 anni

Tumore del polmone non operabile, grazie all’immunoterapia il 43% dei pazienti vive dopo 5 anni

  • di Redazione
  • 6 Luglio 2021
  • Italia ed estero

Il tumore del polmone è la principale causa di morte in Italia. Nel nostro paese, lo scorso anno, si sono avute oltre 40.000 nuove diagnosi delle quali circa l’85% è costituito dai carcinomi polmonari non a piccole cellule. Oggi, un paziente su tre, con questo tipo di tumore, combatte con malattia in stadio III, in cui, nella maggior parte dei casi, il tumore non può più essere rimosso chirurgicamente. 
Un importantissimo passo in avanti è stata l’approvazione in Italia del Durvalumab, per il trattamento curativo del carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) in stadio III non resecabile. Tale farmaco è stato inoltre approvato in Europa per il trattamento di prima linea del carcinoma polmonare a piccole cellule (SCLC). Si tratta di un anticorpo monoclonale umano diretto contro il PD-L1, che blocca l'interazione di PD-L1 con PD-1 e CD80, contrastando i meccanismi di immuno-evasione messi in atto dal tumore e consentendo la riattivazione del sistema immunitario. Prima di tale approvazione per decenni la chemio-radioterapia è stata l’unica opzione di trattamento disponibile per i pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule. "Lo stadio localmente avanzato del carcinoma polmonare non a piccole cellule - spiega Umberto Ricardi, direttore del Dipartimento di Oncologia e della Struttura Complessa Universitaria di Radioterapia della Città della Salute e della Scienza di Torino - è un setting complesso e clinicamente eterogeno, dove comunque in passato solo il 15-25% dei pazienti sopravviveva a cinque anni dopo (chemio) radioterapia, con progressione locoregionale e comparsa di malattia metastatica come pattern di insuccesso terapeutico".
Durante il Congresso della American Society of Clinical Oncology (ASCO) tenutosi lo scorso giugno 2021, sono stati presentati i dati aggiornati a 5 anni dei risultati dello studio di Fase III Pacific che confermano come durvalumab dimostri un beneficio clinicamente significativo e che si mantiene nel tempo sia in termini di sopravvivenza globale (OS) che di sopravvivenza libera da progressione (PFS).
"I dati presentati al congresso dell’American Society of Clinical Oncology - spiega Giorgio Scagliotti, direttore del Dipartimento di Oncologia Medica dell’Università di Torino - confermano, anche dopo un follow-up a 5 anni, il potenziale dell’immunoterapia come approccio terapeutico nel trattamento del tumore del polmone in stadio III non resecabile. L’aggiornamento a 5 anni dello studio Pacific mostra un dato di sopravvivenza complessiva del 42,9% e una riduzione del rischio di morte di circa il 30% per i pazienti trattati con durvalumab. In aggiunta, 1 paziente su 3 nel braccio di trattamento con durvalumab non risulta essere andato incontro a progressione di malattia, un risultato particolarmente rilevante in termini di controllo della malattia e che conferma ulteriormente la possibilità di offrire un trattamento ad intento curativo in questo setting".
La ricerca non si ferma! Durvalumab viene anche studiato come monoterapia e in combinazione con chemioterapia, radioterapia, piccole molecole e tremelimumab (un anticorpo monoclonale anti-CTLA4), come trattamento di prima o seconda linea per pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule, carcinoma polmonare a piccole cellule, carcinoma uroteliale, carcinomi del distretto testa-collo, epatocarcinoma e altri tumori solidi.