Tumore al seno, il neratinib riduce il rischio di recidiva

Tumore al seno, il neratinib riduce il rischio di recidiva

  • di Redazione
  • 22 Dicembre 2021
  • Italia ed estero

Dimezzare la percentuale di recidive e, in particolare, di metastasi cerebrali, è questo l’effetto dopo un anno di terapia del farmaco mirato neratinib. Tali valenze sono state presentate al Congresso di San Antonio. Neratinib è approvato in Europa, ma non è ancora disponibile in Italia.
Ad oggi più del 20% delle pazienti va incontro a  una recidiva a 10 anni dalla comparsa del tumore. Tra le pazienti più a rischio, vi sono quelle con un tumore del tipo HER2 positivo ma anche ormono-sensibile che cresce stimolato dagli ormoni femminili e da un altro ormone, il fattore di crescita dell’epidermide umano.

Nello studio ExteNET su neratinib è stato dimostrato che assumere per un ulteriore anno il neratinib permette di ridurre del 42% il rischio di recidiva a 5 anni. Non solo: i dati aggiornati dello studio, presentati recentemente al ‘San Antonio Breast Cancer Symposium, mostrano che neratinib può dimezzare il rischio di morte ed è in grado di ridurre di due terzi il rischio di sviluppare metastasi cerebrali. "Questo significa che neratinib può ridurre quasi della metà le recidive nei primi 5 anni e ancora di più quelle del sistema nervoso centrale, che hanno la prognosi peggiore", spiega Michelino De Laurentiis, Direttore del Dipartimento di Oncologia Senologica e Toraco-Polmonare, Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione ‘G. Pascale’ di Napoli, il centro che ha maturato la maggiore esperienza su pazienti trattate con neratinib in Europa: "La molecola, quindi, è potenzialmente in grado di guarire 4 su 10 delle donne. Si tratta di risultati di grande impatto e sulla cui rilevanza clinica non si può dubitare".

Fondamentale l’aderenza

Lo studio ExteNET ha coinvolto 2.840 donne trattate per 12 mesi con neratinib dopo aver completato il trattamento adiuvante standard di un anno con trastuzumab. L’aderenza alla terapia per almeno 11 dei 12 mesi previsti è risultata fondamentale: le pazienti che riescono a completare il trattamento adiuvante esteso di 12 mesi con neratinib ottengono il massimo beneficio, in termini di prevenzione delle recidive a distanza. Ecco perché è necessario accompagnare in un percorso guidato le pazienti, spiegando loro gli effetti collaterali che potranno attendersi e come possono essere gestiti. E spiegando anche l'importanza di assumere sempre le pillole giornaliere: una suddivisione della dose che serve proprio a limitare gli effetti avversi. "Non dobbiamo spaventare le pazienti, ma essere coscienti che questi effetti collaterali possono ridurre l’aderenza e, quindi, la possibilità di guarigione di queste donne", sottolinea Paolo Marchetti, Ordinario di Oncologia all’Università La Sapienza di Roma e Presidente della Fondazione per la Medicina Personalizzata: "Bisogna affrontare questi problemi in maniera proattiva. Noi, per esempio, utilizziamo una app che ci permette di seguire  l’assunzione del farmaco e di segnalare tempestivamente gli effetti, consentendoci anche di acquisire informazioni importanti di real life".

Ridurre le recidive significa anche contenere il considerevole costo per il sistema in termini di farmaci, visite e ospedalizzazioni necessari quando la malattia diviene metastatica, oltre alle conseguenze negative sulla qualità di vita di pazienti e caregiver. "Non consentire a una paziente di cominciare una terapia potenzialmente curativa - conclude De Laurentiis - con la possibilità di prevenirne e gestirne la tossicità, è contrario all’evidenza scientifica, poco sostenibile in termini di programmazione sanitaria e difficilmente spiegabile sotto il profilo sociale ed etico".