

Oncologia e personalizzazione della cura: tra biopsia liquida e tissutale
- di Redazione
- 6 Maggio 2025
- Italia ed estero
Spesso si dice due è meglio di uno. Già, sembrerebbe che sia l ’utilizzo della biopsia tradizionale (dal tessuto tumorale) che di quella liquida (dal sangue) possa avere ottimi risultati per i pazienti oncologici con tumori avanzati. Questo è quanto emerge dal Rome Trial, uno studio presentato al congresso dell’American Association for Cancer Research (AACR 2025) che spiega come l’utilizzo di entrambi i test possa garantire una migliore terapia personalizzata basata su alterazioni genomiche.
"La profilazione genomica serve a individuare mutazioni del tumore che possono essere bersaglio di farmaci specifici – spiega Paolo Marchetti, Direttore Scientifico dell’Idi-Irccs di Roma e presidente della Fondazione per la medicina personalizzata –. Ma non è ancora chiaro quale tipo di biopsia sia più affidabile nella pratica clinica".
La biopsia tradizionale è molto precisa ma invasiva e fotografa, però, solo una parte del tumore. La liquida è semplice e meno invasiva, ma può non rilevare mutazioni se il tumore non rilascia abbastanza Dna nel sangue. Come precisa Marchetti: "Capire la discordanza tra biopsia liquida e tissutale è una delle grandi sfide dell’oncologia di precisione. Ogni sede tumorale può esprimere mutazioni diverse. E se analizzi solo una zona, rischi di perderti pezzi importanti del puzzle".
Lo studio si è svolto con 1.794 pazienti con tumori solidi avanzati trattati tra il 2020 e il 2023 e che hanno ricevuto entrambe le biopsie. In 400 casi sono state rilevate alterazioni curabili con terapie a bersaglio molecolare. In quasi la metà dei pazienti (49,2%), i due test hanno trovato le stesse mutazioni e si è notato come la sopravvivenza globale media sia di 11,05 mesi, contro i 7,7 del gruppo con terapia standard.
Come riporta Oncoline di Repubblica: "La sopravvivenza libera da malattia media è stata quindi di 4,93 mesi, contro i 2,8 mesi della terapia convenzionale. Il rischio di progressione si è ridotto del 45% e il tasso di risposta è stato del 20%, quasi il doppio rispetto all’11,8% del gruppo standard."
"Questi numeri ci dicono che la doppia profilazione è più efficace nel selezionare i pazienti giusti per la terapia giusta – sottolinea Marchetti –. La concordanza tra i test segnala che il tumore esprime la stessa mutazione in più sedi. Questo ci dà maggiore fiducia nella scelta del trattamento".
In quasi la metà dei casi (43,3%) i due test rilevano mutazioni diverse e non sono state notate significative differenze. "Queste discrepanze ci raccontano quanto sia eterogeneo il tumore – continua Marchetti –. E quanto serva una strategia più ampia per affrontare la malattia in modo davvero personalizzato".
"Le informazioni biologiche che abbiamo ottenuto sono la base per migliorare le tecnologie di profilazione – conclude Marchetti –. Potremmo integrare i test con nuove piattaforme e sistemi di intelligenza artificiale, per aumentare sensibilità e specificità. L’obiettivo è chiaro: ridurre, o magari eliminare, la necessità di biopsie tissutali invasive".
C’è ancora tanto da lavorare e la svolta potrebbe essere unire i punti di forza delle due tecniche. Con un semplice prelievo del sangue e l’analisi giusta, la medicina di precisione diventerebbe più accessibile, mirata e, soprattutto, efficace.