I parp inibitori migliorano la qualità di vita nelle pazienti con tumore ovarico

I parp inibitori migliorano la qualità di vita nelle pazienti con tumore ovarico

  • di Redazione
  • 4 Maggio 2021
  • Italia ed estero

Gli ultimi risultati che arrivano dallo studio che ha analizzato l’azione di olaparib, farmaco che sta rivoluzionando la cura del tumore ovarico, completano il quadro delle conoscenze generate dalla sperimentazione denominata Solo1 e sono stati pubblicati da Lancet Oncology. Non solo il trattamento allunga la sopravvivenza e modifica di poco la capacità di svolgere le attività quotidiane delle pazienti, ma lo fa senza incidere sulla loro qualità di vita.

"Non avevamo la certezza, non potevamo averla, che due anni in più di terapia oltre alla chemio classica con platino non peggiorassero la vita quotidiana delle nostre pazienti, ora invece sappiamo che tutti gli indici di qualità di vita, per una chiara maggioranza delle donne coinvolte nello studio, non vengono modificati da olaparib: un’ottima notizia per le pazienti", ha confermato Giovanni Scambia, Direttore Scientifico e Direttore dell'Area Salute della Donna e di Ginecologia oncologica del Policlinico Gemelli di Roma, coautore dello studio.

Il carcinoma ovarico è una delle principali cause di morte per cancro nelle donne di tutto il mondo, con un tasso di sopravvivenza a cinque anni del 19%. Per il carcinoma ovarico avanzato di nuova diagnosi, lo scopo principale delle cure è quello di ritardare la progressione della malattia il più a lungo possibile mantenendo una buona qualità della vita delle pazienti. Lo scopo della ricerca è quello di capire se e quanto il mantenimento con olaparib influisca sulla vita di chi lo assume. Che il farmaco aumenti la sopravvivenza è risultato oramai consolidato, e infatti è approvato dall’AIFA come trattamento di mantenimento del carcinoma ovarico avanzato con mutazione genetica BRCA.

Gli ultimi risultati esplorano la qualità di vita e sono stati ottenuti mediante questionari somministrati nel corso di due anni di cura. Nel dettaglio, la capacità di movimento non è stata influenzata per il 75% delle donne, la cura di sé non ha subito cambiamenti per l’85% di loro, le attività quotidiane sono rimaste le stesse per il 65% delle pazienti, dolore o malessere e ansia o depressione non sono stati rilevati nel 59% nel 52% del campione rispettivamente.

"Quest’ultimo studio completa un panorama che si fa sempre più chiaro nella terapia del tumore ovarico, una terapia che i parp inibitori stanno rivoluzionando. E lo stanno facendo a due livelli. Nel senso della personalizzazione delle cure, introducendo cioè la possibilità di cure costruite sulle caratteristiche molecolari del cancro: la presenza di una mutazione dei geni BRCA. E nel senso della prevenzione, che è altrettanto importante. I parp inibitori stanno portando al controllo diffuso della mutazione BRCA, il che a sua volta ha un risvolto positivo che va anche oltre la singola paziente affetta da carcinoma: se una donna con tumore ovarico fa, come in effetti fa sempre, il test genetico per rilevare l’eventuale positività al BRCA mutato e risulta positiva al test, anche le altre donne della sua famiglia lo faranno, e se anche loro risulteranno portatrici della stessa mutazione possono fare prevenzione, che è un tema fondamentale", ha spiegato il dottor Scambia.

Ricordiamo che per il tumore ovarico non ci sono programmi di screening nazionali e che si tratta di una malattia che nelle fasi iniziali non dà sintomi o segnali comuni ad altre malattie non gravi, prime tra tutte i disturbi gastrointestinali, che quindi facilmente vengono sottovalutati. Gli studi hanno confermato che una visita annuale dal ginecologo che esegue la palpazione dell’addome e un’ecografia transvaginale di controllo possono facilitare comunque una diagnosi precoce.