Felicità significa … non arrendersi mai!

Felicità significa … non arrendersi mai!

  • di Redazione
  • 1 Aprile 2019
  • I Mille Colori di Fausta

Torna il lunedì dell’amica Fausta Giorgia Mascia con un nuovo racconto pieno di emozioni

Io e la mia grave malattia di ora siamo un tutt'uno. Ha invaso tutta la mia vita, si è presa tutte le mie priorità. Prima la mia quotidianità era scandita dall’alzarmi alle nove e piena di voglia di fare mi organizzavo ogni giorno qualcosa: c'era la cucina o il frigo da pulire o il bagno, o era una camera, poi stendevo la biancheria ed attaccavo la lavastoviglie insomma i tanti lavori domestici che si fanno in ogni casa.

Alle 12:00, dopo una doccia, uscivo con la mia auto per la spesa giornaliera o per vari acquisti oppure per un aperitivo con le amiche poi alle 13:00, 13:30 a casa. Preparavo il pranzo già avviato la sera precedente con la cena perché alle 14 si pranzava con Carlo che risaliva dalla sua "officina pensionistica" dove faceva tanti lavoretti. Alle 15:00 sparecchiavo e insieme ci si andava a sdraiare poi, il pomeriggio e la sera, erano nostre: uscivamo per lunghe passeggiate oppure si andava fuori città per ritornare in tarda serata. Dopo cena seduti vicino sulle poltrone, commentavamo il film del giorno ed io mi sentivo felice, grata per questi otto anni di pensione con l'uomo che amo, perché era l'età adulta immaginata da ragazza. Dopo la tv non prendevo sonno prima di aver letto un buon libro. Se la felicità avesse avuto per me un nome era questa che io stavo vivendo. Le domeniche erano per i miei figli che nonostante l'età rimangono sempre i miei piccoli. Con lena io e Carlo ci si alzava presto ed insieme dalle 9:00 alle 13:00, lui con gli arrosti, io con i ravioli, le torte, i carciofi rosolati (ecc) ci fermavamo giusto alle 13:00 all'arrivo dei nostri ragazzi. Con mia figlia era un altro discorso. Ero io ad andare da lei, trattata e riverita come una regina. Mio genero mi scarrozzava per tutti i luoghi più ameni di Cagliari. Quanto amavo "spegnere le batterie", tutti gli anni, per 5 o 7 giorni, d'estate ed andare dalla mia Eva! Al Lido Mediterraneo, bellissimo luogo di relax io e mia figlia parlavamo da donne pur rimanendo lei per sempre la mia piccolina, Lency, bellissima (ndr: nomi con i quali chiamavo mia figlia da piccola). Mio genero ascoltava musica ma la sua presenza è sempre stata per me rassicurante. Carlo in quei giorni viaggiava con nostro figlio oppure era impegnato con l'altro: io al rientro a casa gli raccontavo di quella splendida parentesi con nostra figlia lui del lavoro di Antonio o di quello con Gabriele. Oggi tutto questo è finito: Carlo deve prendersi cura di me. Io due volte al mese sono a Cagliari per prelievi a cui seguono le ore di attesa per sapere se posso fare la chemio. I primi cicli sono stati lunghi e talvolta gli effetti collaterali mi hanno spaventato: l'infusione entra dentro di te uccidendo il male ma non è così intelligente da saper riconoscere tutte le cose sane. Eppure, dopo il prelievo, mi auguro di farla perché oltre la voglia di terminare questa cura c'è la consapevolezza di quanto essa sia indispensabile per me. Oggi le mie settimane sono condotte dalle terapie: oltre all'infusione ci sono altre visite specialistiche come ad es. quella cardiologica con le loro terapie e farmaci. Ci sono momenti nei quali mi sento sopraffatta dal dolore e mi domando se torneranno i tempi felici mentre il dubbio mi tormenta. Oggi ho trovato la risposta a questa domanda che desidero condividere con voi "nel momento in cui ci sentiamo sopraffatti dal dolore, fino a toccare il fondo, proprio allora per la prima volta cominciamo a percepire l'essenza della vita. Per questo motivo, chi sta soffrendo di più deve continuare a vivere e andare avanti, sempre avanti " (La mappa della felicità – Daisaku Ikeda)