Gli esami e l'attesa...

Gli esami e l'attesa...

  • di Redazione
  • 15 Maggio 2018
  • Rita, poesie e non solo

Ritorna l'appuntamento del martedì con la rubrica curata dalla nostra amica Rita Meleddu

Come ho già scritto in altra occasione, fare gli esami e attendere il referto è snervante. Ho fatto la tac dopo otto mesi dall'altra e sono andata con un misto di serenità e ansia. Sembrano due stati d'animo contrapposti ma non è così.  Mi presento con serenità a ogni esame strumentale.  Sono una persona razionale e non posso presentarmi a un esame sperando che sia tutto scomparso.  So che il male c'è, si tratta solo di vedere dove è andato, se si è fermato un po' e così via. Quindi ogni volta mi appresto a fare gli esami con una certa serenità.  Allo stesso tempo sono ansiosa.  La paura c'è sempre, inutile negarlo.  Faccio mille congetture. Cento ipotesi. "Sarà andato lì piuttosto che qua...". La mente vaga e va per conto suo. È una lotta appunto tra la serenità che vuole tenerti tranquilla e l' ansia invece che ti vuole sopraffare.  A mano a mano che si avvicina il giorno dell' esame, cresce l' ansia. Ma è anche un'ansia positiva. Finalmente la tac scandaglierà il mio corpo e io saprò. Avendo una situazione di salute non proprio florida, i pensieri vanno sempre lì.  Cosa mi aspetta? Cosa dovrò ancora sopportare?

Poi finalmente arriva il gran giorno. Ormai non vedo l'ora. Come mio solito arrivo con largo anticipo. Non è la prima volta che arrivo prima e entro subito a fare la tac. Anche questa volta succede così.  Si ripete la stessa scena. Mi presento all'accettazione. Mi viene dato un numero col quale verrò chiamata e poi finalmente posso scendere al piano dove effettuerò l' esame. Scendo giù e trovo una marea di gente.  Non c'è neppure una sedia libera e io non posso stare lungo in piedi stando ferma.  Dopo un po' mi assalgono i dolori. So però che nello studio nel quale faccio la tac, hanno l' abitudine di chiamare in gruppo chi deve fare una radiografia. E infatti dopo un po' che aspetto, arriva il tecnico che chiama un consistente numero di persone. Di colpo si liberano un bel numero di sedie.  Con mio marito possiamo sederci.  Mi dispongo ad aspettare un bel po' quando mi sento chiamare. Anche stavolta farò il mio esame molto tempo prima del previsto. Bene!! Prima si fa prima saprò.  Percorro il breve tragitto che dalla sala d'attesa conduce alla tac. Pochi metri che mi separano dallo scoprire quale sarà la mia sorte. Entro. Il tecnico che ormai mi conosce mi dà le consuete informazioni.   Ora arriva il medico anestesista. Anche lui mi informa su ciò che dovrò fare e mi chiede se ho allergie (devo fare la tac con contrasto) e se ho fatto l'esame altre volte. Si, dico sorridendo, giusto qualche volta. Ormai non le conto più...

Eccoci pronte. Vengo fatta sdraiare nel lettino e mi vengono fornite le ultime informazioni.  Ora la tac può partire. Siamo sole.  Io e lei. Lei che mi scruta nel più profondo, lei che vede tutto, lei che poi darà la sentenza finale. Delle volte prego nei minuti dell'esame, sempre stando attenta agli ordini della voce metallica: "Faccia un bel respiro, trattenga l'aria"
Poi :"Respiri!". Poi la voce del tecnico:"Signora, metta le braccia dietro la testa", oppure: "Ora le stiamo iniettando il farmaco di contrasto, sentirà calore". E tu sei lì sdraiata, impotente, ma quasi solleciti la macchina affinché visto che c'è, scruti bene, ma bene bene,  fino in fondo. E ogni volta penso: "Il dado è tratto!. Sarà quel che sarà..."
Di nuovo la voce del tecnico.: "Signora, abbiamo finito. Si può rivestire. E per il ritiro del referto, tra una settimana . Arrivederci!"
Ed ecco, incomincia da questo momento l'attesa. Una settimana lunga. Pare che non passi mai. Ma passa come passa tutto ed ecco prima che possa dire ah, arriva il gran giorno. Cosa mi avrà riservato stavolta la mia tac? Mi sarà favorevole o dovrò avere ancora paura?