Dove bevo il capuccino se il bar non è vicino?

Dove bevo il capuccino se il bar non è vicino?

  • di Redazione
  • 10 Luglio 2018
  • Rita, poesie e non solo

Ritorna il consueto appuntamento del martedì con la rubrica curata dalla nostra magica Rita Meleddu.

Sapete ormai tutti della mia passione per il cappuccino con cacao. Non so come e quando è nata. Non amo la classica tazzina di caffè e infatti non lo bevo, ma il cappuccino si. E nel corso degli anni ne ho bevuti tantissimi.  Alcuni meritevoli di lode, diciamo così, altri no. Sembra facile fare un buon cappuccino ma non è così.  Conta molto la mano di chi lo fa e moltissimo gli ingredienti che devono essere buonissimi altrimenti si gusta un'acquarella insipida.

C'è chi lo fa poco schiumato e allora sembra un caffellatte e se è per bere un caffellatte me lo faccio io a casa, chi lo fa con troppo caffè, chi lo fa bollente e a me non piace, infatti specifico sempre che lo voglio tiepido, chi mette cacao scadente, insomma sarò incontentabile ma ben poche volte ho degustato un cappuccino come si deve. Ma ci sono dei locali dove lo fanno veramente buono e allora se posso ci torno volentieri.  Il cappuccino per me e il caffè per mio marito, accompagnato dalle paste è un rito al quale non rinunciamo quando dobbiamo fare la colazione  fuori casa, soprattutto i giorni in cui ci rechiamo in ospedale molto presto. Io dovrei andare digiuna dovendo fare i prelievi ma poiché mi alzo si può dire nel cuore della notte, faccio una leggerissima colazione anche a casa. Giusto un po' di caffellatte senza zucchero e con due miseri biscotti. Però già dalla notte precedente comincio a sognare la colazione al bar. Perché?

La colazione al bar la considero un momento di pausa nella lunga giornata ospedaliera che mi attende ed è un momento di relax, in quei pochi minuti che restiamo al bar cerchiamo di non pensare a cosa ci attende. Allora succede così: La giornata in cui ci tocca l'ospedale, arriviamo prestissimo, ormai prima delle 6 del mattino, se continua così chiederò la cittadinanza onoraria, perché prima arrivo, prima faccio i prelievi, prima arriva l'esito di quest'ultimi e prima faccio la chemio o quello che devo fare. Dunque normalmente faccio gli esami del sangue intorno alle 7:15, poi sono libera di fare colazione.

A questo punto raggiungiamo un bar che si trova nei pressi dell'ospedale e facciamo colazione. Come già detto questo è un momento solo nostro, è una sorta di spartiacque tra il prima (fare esami) e il dopo (avere notizie sulla mia salute e fare terapia). È un momento in cui voglio dimenticare cosa mi aspetta.  So più o meno già in anticipo cosa mi dirà la mia dottoressa, cosa mi proporrà, quali esami talvolta dolorosi dovrò fare, e dunque il momento della colazione in giornata ospedaliera è sacro.

Saranno pochi minuti ma la malattia non deve interferire con la sua cattiveria. Certo è piu facile a dirlo che a farlo. Delle volte la mente vaga e ti riporta immediatamente alla realtà non proprio rosea, ma il più delle volte riesco a smarcarmi dal cancro. Del resto il tempo per lui rimane sempre tanto anzi troppo. Dopo la colazione si torna in ospedale e si continua la giornata sempre sperando di fare presto, avere buone notizie e fare ritorno a casa. Detto così sembra tutto facile ma vi posso assicurare che per me e pure per mio marito le giornate in ospedale stanno diventando sempre più pesanti. Ma torniamo all'argomento principe di questo mio scrivere: la colazione post esami del sangue.

Potrei scrivere una favola. C'era una volta un bar all'oncologico, tantissime persone vi confluivano soprattutto in mattinata, chi per bere un caffè, chi un thè, chi per mangiare una pizzetta piuttosto che un panino, chi per scambiare due chiacchiere con gli altri avventori, chi per questo chi per quello, e tutti o quasi (perché c'è sempre quello a cui non va bene niente) erano felici e contenti, ma... come in tutte le favole c'è sempre un ma, un giorno il bar venne chiuso e non fu più riaperto. Fine della favola.
Se fosse una favola sarebbe triste ma lo è ancora di più perché è la realtà.  Lasciamo le favole e torniamo a noi.

L'Oncologico aveva un bar che sono d'accordo non era il più bello del mondo, ma svolgeva bene il suo compito.  Quello di ristorare le persone che vi si recavano. Ora, credo che giornalmente accedano all'Oncologico un migliaio di persone.  Forse sono di meno ma pur sempre tantissime. Pazienti, accompagnatori, visitatori e non dimentichiamo la quantità di personale sanitario che vi lavora. Tantissime di queste persone si recavano al bar giornalmente. Per i pazienti era comodissimo.  Quasi tutti  (parlo dei pazienti come me in dh), dopo i prelievi del sangue si recavano a fare colazione al bar.  A un certo punto si è sparsa la voce che il bar avrebbe chiuso i battenti per pochissimo tempo, il tempo di ristrutturarlo e poi avrebbe riaperto.  Si, credeteci!!!. Il bar è stato chiuso se non sbaglio a febbraio del 2017 e ancora è chiuso, non solo, nessuno parla neppure della possibilità che venga riaperto. Vi sembra giusto? Se si vuole fare colazione, i pazienti in grado di muoversi devono recarsi presso altri bar, fuori dall'ospedale o servirsi dei prodotti (che lasciano molto a desiderare) delle macchinette.

Questa faccenda è vergognosa. Non è un fatto da attribuirgli poca importanza.  Si potrebbe dire:"Ma con tutti i problemi che ci sono all'Oncologico, proprio al bar si deve pensare?" Io rispondo:"Si, non solo al bar ma anche a questo".
Vi pare giusto che persone che non stanno bene, o che sono molto anziane, si debbano spostare all'esterno per mangiare o bere qualcosa? I pazienti che stanno veramente male non hanno voglia di fare neanche un metro di cammino per andare a ristorarsi, figuriamoci 2 o 300 metri. Senza contare il freddo, il caldo o la pioggia. Insomma tutti i disagi che si devono evitare e non accollare. Ora questo bar è stato ristrutturato in men che non si dica, ma non si riapre. Perché? Chissà quanti e quali interessi ci sono dietro, ma a noi pazienti poco importa delle beghe degli interessati, ci importa solo che al più presto il bar venga riaperto. Ora termino con due biglietti  affissi a una parete del bar chiuso. Poi prontamente tolti. 
Il primo: "Ci scusiamo del disagio arrecatovi con la chiusura del bar, confidiamo al più  presto in una riapertura dello stesso"
Il messaggio era più o meno questo.
Il secondo biglietto scritto, più immediato benché laconico: "Andai a cagai!!!"
Non credo che ci sia bisogno di traduzione.