Wake up call

Wake up call

  • di Redazione
  • 26 Aprile 2019
  • La collana di perle di Giulia

La rubrica "La Collana di perle di Giulia" ci regala un contenuto speciale il racconto col quale Giulia Muntoni si è classificata seconda al concorso letterario "Donna Sopra le Righe 2015"

Gli inglesi dicono: "When life gives you lemons, make lemonade", ossia "quando la vita ti dà limoni, fatti una limonata". E quando la vita ti dà il cancro, cosa fai? Allaccia le cinture e abbandona ogni pudore. Non tanto o non solo fisico, quanto spirituale: la tua anima verrà messa a nudo ripetutamente, e a volte selvaggiamente, da una dose di verità superiore a qualunque immaginazione. Tanto vale non nascondersi, dico io. Ti ammali e inizi un viaggio. Non era il viaggio che avresti immaginato né tantomeno voluto, ma lo intraprendi. A seconda del temperamento, lo fai più o meno tuo. Se hai capito che tutto capita per un motivo, impari anche tanto. Su di te, sugli altri. Ma non con ostilità, anzi con meraviglia e curiosità. E quando guarisci, se guarisci, e ti scopri un'altra, allora inizia un cammino diverso, non per questo meno complicato. Niente mappe né bussola per orientarti nel viaggio al centro di te, in un mondo che non è cambiato per nulla e che non è sicuro di avere ancora uno spazio per te, ex bruco e ora buffa creatura alata. Quando il mio percorso è iniziato, un anno e mezzo fa, e ho scoperto che un inquilino stava impunemente mimetizzato tra le tante cisti nel mio seno sinistro, niente è stato più lo stesso. E per fortuna, posso dire oggi.

Credo che sia il tempismo il fattore che trasforma un possibilità in un successo, così come un seme genera un fiore solo a patto che sia la sua stagione.  Anche la dedizione, certo, deve essere costante. Ma quando, con una medesima idea, ci si trova in due punti diversi di un cammino, il fatto che il momento che si vive sia quello giusto per realizzarla diventa fondamentale. Per me è stato così :un appuntamento col destino. Una vita passata a sentirmi in colpa non si sa bene per cosa, a inseguire consensi e chimere, a non sentirmi mai "abbastanza", spazzata via in pochi minuti da una sorprendente capacità di essere presente a me stessa, una pace lucida, una chiarezza di intenti che da allora non mi ha mai più abbandonata, neanche due operazioni e 6 mesi di chemio dopo. La fama di questa malattia, certo, è terribile. Il tabù del cancro=morte miete ancora innumerevoli vittime, tra malati e non. Ma questa è una storia di vita, la mia è stata letteralmente una rinascita, e non soltanto perché sono sopravvissuta.Certo, quest'esperienza attacca uno per uno i segni distintivi che rendono una donna tale. Ci tagliuzzano, rimuovono in parte o del tutto gli attributi femminili per eccellenza: dopo il seno, è la volta dei i capelli, poi la fertilità. Non siamo donne come tutte le altre, è vero. E no, la malattia non era tra i nostri sogni di bambine. Noi siamo le nostre ferite non ancora rimarginate, i nostri corpi segnati e stanchi, i sogni frammentati di un sonno tormentato e poco ristoratore. Siamo quella paura che si accende se un dolore nuovo compare, inatteso, e ci turba quanto un messaggero incapucciato a notte fonda, che sai già porterà  notizie quasi sicuramente funeste. Ma c’è una solidarietà che è tutta Donna e arma le sue ancelle di  una spada scintillante. Se ci guardi attentamente c'è una luce nei nostri occhi che non potrai trovare altrove. Noi siamo l’esercito, luminoso e gemente al tempo stesso, che attraversa le notti a mano presa.

Io la persona che sono diventata da quando ho conosciuto K non la cambierei con nessuna delle mie versioni precedenti. Ogni giorno, nonostante tutto, sento il cuore gonfiarsi di orgoglio al pensiero di quello che sono stata in grado di affrontare, e di quello che so condividere con chi scelgo di avere accanto. Se hai un carattere pratico e reattivo come il mio, durante le cure vai spedita come un treno. Ben presto la tua vita è racchiusa in una pugno di certezze. Quante settimane mancano alla fine della terapia, quante pastiglie omeopatiche ti restano per combattere gli effetti della chemio, quante persone ti sostengono quotidianamente, quali siano invece sparite perchè " incapaci di vederti soffrire". Altrettante sono le certezze delle cose che non puoi fare, che non hai e che non puoi avere, almeno temporaneamente. Niente sole, niente bagni al mare, niente sforzi, niente capelli. E le sfide di una donna diversamente sana non finiscono mai. Se, infatti, affrontare il periodo della cura è notoriamente impegnativo, del "dopo" nessuno parla mai. Una volta finita la chemio e ricresciuti i capelli, tutti vogliono dare per scontato che tu stia bene, ti fanno capire che urge un ritorno alla "normalita".  Ma una normalità non esiste, non nello stesso modo di prima, almeno.  La mia normalità adesso è cogliere lo straordinario nell’ordinario.

La famiglia di una donna col tumore al seno, che può avere, con più o meno successo, provato a sosternerla, a terapia conclusa può implorarla di chiudere una volta per tutte questa "parentesi". Richiesta impossibile. Non perchè tu non sia guarita o non voglia buttarti con slancio a vivere il resto della tua vita. E’ che il cambiamento, se è avvenuto, è troppo radicale per essere ridotto ad un episodio.Al di la’ di tutto, ci sei tu, improvvisamente orfana di quell’intreccio di date, terapie e rituali  che erano divenuti ormai una routine familiare e quasi confortante, e improvvisamente ti scopri vulnerabile ed indecisa sul da farsi come un pulcino. A un pulcino somigli davvero, tra l'altro, con quei pochi sparuti capelli che troneggiano sulla tua nuca bianca. La terapia ormonale, altra eredita' del tuo ex inquilino abusivo, ti ruba i pensieri, il sonno, mina la ripresa di normali attivià. Ma allora, mi potrai chiedere, che cosa rimane? Davanti alla morte, alla malattia, ai ricordi strazianti, cosa rimane, oltre a vuoto e paura? Tu. Resti TU, testimone della Vita. Tu la rinata, tu la nuova crisalide dalle ali spiegazzate ma funzionanti. Ogni giorno ha i suoi problemi ma io dedico le mie risorse solo alla che cose che è in mio potere cambiare. La crisi è un’opportunità, la paura un carburante.  Fino a qualche mese fa ancora pensavo che dagli altri mi dovesse venire una sorta di "legittimazione", a testimonianza della nuova "me". Era importante che la vedessero, la accettassero, che comprendessero le nuove sfide del post terapia. Ma, in realtà, non ce n’è bisogno. Se nessuno ti prepara al "dopo" e’ perchè non ci sono regole nè formule magiche per affrontarlo. Non basta una malattia per accendere arcobaleni dentro le pozzanghere. Perciò, se vorrai persistere nelle dinamiche che molto probabilmente ti stavano avvelendando la vita prima, sei libera di farlo. Ma se hai imparato le tue lezioni e questa esperienza, come una bacchetta magica, ha fatto sì che ogni tuo pensiero venga impastato con grazia e sano egoismo, anche a costo di essere franitesa, allora no, non importa che qualcuno riconosca, approvi o sostenga la persona che sei diventata. L’amor proprio irradiato da ogni tuo comportamento sarà più convincente di mille spiegazioni. Per quanto riguarda la famiglia poi, cresciamo pensando di sapere cosa aspettarci dai rapporti più importanti della nostra vita. Una persona cara ci ferisce e con indignazione diciamo "Era ovvio". Ma di ovvio non c’è nulla. Guarda ancora, guarda sul serio cosa rimane dopo che le frasi vanno giù pesanti come colpi di scalpello C’è altro là, sotto l’ovvietà di quelle incomprensioni. E’ l’Amore, sempre e solo Amore. Ferito, oppure orgoglioso, o franiteso o troppo severo. Ora ho capito: crescere non ha tanto a che fare col perdonare l’imperdonabile, quanto col vedere meglio, vedere oltre. Questa illuminazione assume nella mia convalescenza un’importanza particolare. Perché implica che, in fin dei conti, non c’è nodo così stretto che un cuore aperto non possa sciogliere.

Questa parte della mia vita, perciò, si chiama: gratitudine. La malattia è un inevitabile spartiacque e agevola i bilanci. Il mio bilancio più importante è che ho imparato la differenza tra essere vivi e sentirsi vivi. Gibran esprime quello che sento parlando di "svegliarsi all’alba con un cuore alato e dire grazie a un nuovo giorno d’amore". La mia vita non è solo cambiata, è rifiorita. Io mi sento una privilegiata. Molte delle persone incontrate durante questo cammino cosi particolare sono i miei nuovi punti di riferimento, le mie nuove "sorelle". Così come vecchie amicizie sono crollate in pochi istanti, davanti alla mia allergia verso chi, per ottusità o paura di avere una conversazione vera, si formi un’opinione su di me senza neanche avermi dato la chance di conoscermi, di superare la barricata, di accettare la mia anima, nuda e raggiante.

Di cancro si vive, non si sopravvive. Non è un paradosso. Non basta sopravvivere

Perciò non avere paura se la malattia mette in discussione tutto quello che hai e che sei. Svegliati all’alba con un cuore alato e dì grazie a un nuovo giorno d’amore.